LeCoccinelleVolano

*°*lavoro_di_fantasia*°*


La distesa di niente delle sua faccia, intervallata dai normali dettagli anatomici che distinguono una persona da un pezzo di merda qualunque, si allarga in una forma di sorriso predatore... in una forma di sorriso di chi si senta già vincitore.Io tengo le mani poggiate sui fianchi, a volte le muovo, a volte sto ferma, impalata come un imputato che in realtà è giudice, ma non di se stesso, bensì di chi ha di fronte.Mi siedo- sebbene non mi sia stato chiesto di farlo-  e, alla mia quasi stessa altezza, la distesa di niente che è la sua faccia diventa l’ideale bersaglio per una gara di sputi, in cui non è solo la capacità di gettata il metro di valutazione per la riuscita dell’impresa, ma anche la potenza dell’impatto. A confronto con un siffatto ideale, seguo la linea logica del mio pensiero riflettendola sulla mia persona. Quante e quali persone, in un momento qualsiasi della mia e della loro esistenza, hanno provato forte il desiderio di sputarmi in faccia? Spero poche e proseguo nell’analisi del mio interlocutore concentrandomi, stavolta, sul contenuto, data l’impossibilità di dare un senso alla forma.Ne viene fuori un’accozzaglia di concetti male esposti e male assemblati, dalla quale, presumendo in maniera non troppo lontana dal vero l’intenzione di chi li espone, dovrei ricavare una necessità di riverenza. Ma io ne ricavo la necessità corretta e ha poco a che fare con l’orgoglio, con la correttezza o con la salvaguardia della mia integrità. E’ piuttosto una forma di giustizia superiore, aliena da qualunque forma di ipotetica e futura vertenza (sindacale e non), che evidenzia in maniera incontrovertibile la differenza tra quanto ancora una volta ho dato e quanto ancora una volta stavo ricevendo.Secondo mia madre, lavoro troppo di fantasia (e forse per un po' lavorerò solo così). Me lo ha ripetuto sabato mattina, quando le ho raccontato con le mie parole una notizia sentita al telegiornale (c’era una volta un presidente che non andava d’accordo con un altro presidente. Un giorno il primo presidente va nel paese del presidente con cui non andava d’accordo e casualmente muore… ma la cosa più casuale è che l’inchiesta sulla morte viene affidata al presidente col quale il presidente morto non andava d’accordo. Lavoro di fantasia?).Secondo me, invece, sono fin troppo previdente e piuttosto che fare metaforicamente la fine di quel presidente, io abbandono ogni possibile velleità di mettere ancora piede in territorio nemico. Non si chiama resa. Io lo chiamo attacco travestito da difesa. E i miei livelli di stress, di sopportazione e di disgusto, ridimensionati a parametri decisamente inferiori a quelli sfiorati negli ultimi mesi, me ne sono immensamente grati.