Quarantaquattro braci di sigaretta: sputo fumo come fosse il mio personalissimo proclama di indipendenza. Ci sarà tempo per sentirmi schiava. Ma non è questo il momento.Il foglio aveva margini liberi troppo stretti, ma non così tanto da non poterli riempire. Imbrattare la fotocopia della versione di greco con il testo di “Farfallina”, durante il compito in classe, non fu una grande idea, non per la mia insegnante, ma era il giorno prima di diventare un po’ più grande e da grande, pensavo, chissà che non avrei riso di quel gesto.Non ne rido, ma sorrido, persino amaramente, quando mi accorgo che certi meccanismi atti a coprire di cose belle cose palesemente brutte, o anche solo insignificanti, li ho lasciati immutati. Per esempio: ho l’abitudine per strada di scegliere persone a caso cui incollo volti di altrettante persone di cui avverto la mancanza. Poi le osservo e, mentre vado loro incontro, mi chiedo cosa proveranno, come reagiranno vedendomi, rivedendomi, ritrovandomi. Inutile dire che quelle persone cui ho incollato volti altrui beatamente continuano ad ignorarmi, anche se m’impegno ad inciampargli contro , trattandomi da estranea qualunque, quale per loro effettivamente sono. Eppure il cuore un pochino mi si spezza comunque. Non è vero che convincersi di non voler bene impedisce di voler bene. E’ l’argomento che più spesso affronto con me stessa. E mi dico, con altrettanta frequenza, che anche questa sorta di mistica felicità di cui ultimamente mi sono ammantata è soltanto una fase passeggera, nel peggiore dei casi un preludio. Il freddo si divincola dalla sua dimensione a se stante ed invade il mio campo. Mi ingegno in assurde operazioni algebriche, al fine di invertire il flusso perfettamente ( ma, dal mio punto di vista, imperfettamente) orientato del tempo. Una cifra notevole può scomporsi nella somma di due cifre più piccole (i miei secondi quindici anni). Non è un miracolo?Poi passo a riflessioni filosofico-mitologiche. Se le gorgoni sono esseri leggendari ed io spesso somiglio a una gorgone, sono un po’ leggendaria?Di queste ultime “giovani” righe prende nota, notando io per prima quanto siano assurde, ma recuperare l’idea di compilare un diario che fosse vero, concreto, reale, cartaceo e trasformare questa idea in atto, mi ha fatto riacquisire la possibilità di essere sincera con me stessa (caro vecchio diario segreto) e, contemporaneamente, un po’ smarrire la capacità di esprimermi per luoghi comuni, autocensurandomi i pensieri.Il risultato è che per assecondarmi la voglia di raccontarmi e di ricordarmi per me soltanto, ho perso di vista quello che c’era intorno. Non che prima mi fosse ben chiaro, ma adesso la differenza è nettamente più marcata.Mi aggrappo a thaumazein che il mio verbo greco preferito. Sperando che non mi deluda.
*°*il_giorno_prima*°*
Quarantaquattro braci di sigaretta: sputo fumo come fosse il mio personalissimo proclama di indipendenza. Ci sarà tempo per sentirmi schiava. Ma non è questo il momento.Il foglio aveva margini liberi troppo stretti, ma non così tanto da non poterli riempire. Imbrattare la fotocopia della versione di greco con il testo di “Farfallina”, durante il compito in classe, non fu una grande idea, non per la mia insegnante, ma era il giorno prima di diventare un po’ più grande e da grande, pensavo, chissà che non avrei riso di quel gesto.Non ne rido, ma sorrido, persino amaramente, quando mi accorgo che certi meccanismi atti a coprire di cose belle cose palesemente brutte, o anche solo insignificanti, li ho lasciati immutati. Per esempio: ho l’abitudine per strada di scegliere persone a caso cui incollo volti di altrettante persone di cui avverto la mancanza. Poi le osservo e, mentre vado loro incontro, mi chiedo cosa proveranno, come reagiranno vedendomi, rivedendomi, ritrovandomi. Inutile dire che quelle persone cui ho incollato volti altrui beatamente continuano ad ignorarmi, anche se m’impegno ad inciampargli contro , trattandomi da estranea qualunque, quale per loro effettivamente sono. Eppure il cuore un pochino mi si spezza comunque. Non è vero che convincersi di non voler bene impedisce di voler bene. E’ l’argomento che più spesso affronto con me stessa. E mi dico, con altrettanta frequenza, che anche questa sorta di mistica felicità di cui ultimamente mi sono ammantata è soltanto una fase passeggera, nel peggiore dei casi un preludio. Il freddo si divincola dalla sua dimensione a se stante ed invade il mio campo. Mi ingegno in assurde operazioni algebriche, al fine di invertire il flusso perfettamente ( ma, dal mio punto di vista, imperfettamente) orientato del tempo. Una cifra notevole può scomporsi nella somma di due cifre più piccole (i miei secondi quindici anni). Non è un miracolo?Poi passo a riflessioni filosofico-mitologiche. Se le gorgoni sono esseri leggendari ed io spesso somiglio a una gorgone, sono un po’ leggendaria?Di queste ultime “giovani” righe prende nota, notando io per prima quanto siano assurde, ma recuperare l’idea di compilare un diario che fosse vero, concreto, reale, cartaceo e trasformare questa idea in atto, mi ha fatto riacquisire la possibilità di essere sincera con me stessa (caro vecchio diario segreto) e, contemporaneamente, un po’ smarrire la capacità di esprimermi per luoghi comuni, autocensurandomi i pensieri.Il risultato è che per assecondarmi la voglia di raccontarmi e di ricordarmi per me soltanto, ho perso di vista quello che c’era intorno. Non che prima mi fosse ben chiaro, ma adesso la differenza è nettamente più marcata.Mi aggrappo a thaumazein che il mio verbo greco preferito. Sperando che non mi deluda.