Del sacerdote sembrava non avere nulla, a parte il clergyman. Due occhi sparuti uscivano fuori da un viso smunto. Le dita lunghe sembravano voler allungarsi ulteriormene dalla mano magra. Camminava un po' pensieroso ogni volta che doveva andare a lezione. Rimuginava tra sè pensieri, frasi, con un'espressione beata. Alzava appena lo sguardo, ti salutava sorridendo e poi tornava a correre sul filo della sua mente. Niente di più. Arrivava alla canonica con la sua auto gialla, un'eredità lasciata dal padre emigrante in Germania. Attendeva. Il piazzale, baciato dal sole pian piano usciva dal silenzio della siesta. Uno a uno arrivavano i suoi ragzzi. Non c'era distinzione. In mezzo a quel gioioso correre dietro a un pallone, alle corse in bicicletta, ai giochi non distinguevi il figlio del professore dal filgio del contadino. Era un mischiarsi di colori e di voci che riecheggiavano tra i platani. Sullo sfondo le macerie del Duomo. Un paziente costruire, formare, adeguandosi ai suoi ragazzi. Prendendoli per mano, ma scuotendoli quando necessario. Non importava se qualcuno distruggeva. Lui era sempre pronto a ricostruire. Teneva duro, sempre col suo sorriso e il suo silenzio. Fino a tenere attorno a sè una marea silenziosa, che inonda senza avvertire, che cresce senza far rumore. Tutti i suoi figli, intorno a lui per l'ultimo saluto.
D. G.
Del sacerdote sembrava non avere nulla, a parte il clergyman. Due occhi sparuti uscivano fuori da un viso smunto. Le dita lunghe sembravano voler allungarsi ulteriormene dalla mano magra. Camminava un po' pensieroso ogni volta che doveva andare a lezione. Rimuginava tra sè pensieri, frasi, con un'espressione beata. Alzava appena lo sguardo, ti salutava sorridendo e poi tornava a correre sul filo della sua mente. Niente di più. Arrivava alla canonica con la sua auto gialla, un'eredità lasciata dal padre emigrante in Germania. Attendeva. Il piazzale, baciato dal sole pian piano usciva dal silenzio della siesta. Uno a uno arrivavano i suoi ragzzi. Non c'era distinzione. In mezzo a quel gioioso correre dietro a un pallone, alle corse in bicicletta, ai giochi non distinguevi il figlio del professore dal filgio del contadino. Era un mischiarsi di colori e di voci che riecheggiavano tra i platani. Sullo sfondo le macerie del Duomo. Un paziente costruire, formare, adeguandosi ai suoi ragazzi. Prendendoli per mano, ma scuotendoli quando necessario. Non importava se qualcuno distruggeva. Lui era sempre pronto a ricostruire. Teneva duro, sempre col suo sorriso e il suo silenzio. Fino a tenere attorno a sè una marea silenziosa, che inonda senza avvertire, che cresce senza far rumore. Tutti i suoi figli, intorno a lui per l'ultimo saluto.