Avasinis -UD- 2.5.45

E' online il video "Avasinis, luogo della memoria"


La strage di Avasinis del maggio 1945 nelle testimonianze dei superstiti di GIANFRANCO ELLEROUn episodio dimenticato dell'ultima primavera di guerra fu puntualmente registrato e intitolato "Strage di innocenti" da Chino Ermacora nel libro "La Patria era sui monti": ma ormai chi legge più, in Friuli, le pagine dell'autore di "Vino all'ombra" e di "Vino al sole"? Non rinvieremo quindi il lettore al libro di Ermacora, quasi un "instant book" stampato a Pordenone il 18 agosto 1945: ne trascriviamo un passo, avvertendo che forse erra nominando Spilimbergo, perché oggi sappiamo che i carnefici passarono sul ponte di Braulìns. "Un reparto delle Ss, proveniente da Spilimbergo, aveva invaso improvvisamente il paese col piano prestabilito di compiere una rappresaglia: punire bisognava Avasinis, in fama di asilo di partigiani; bisognava scovare e sterminare coloro che due giorni prima avevano osato disarmare i cosacchi che da mesi appestavano la regione; bisognava continuare insomma la primavera di sangue promessa dall'alto comando germanico". E siccome quasi tutti gli uomini validi erano fuggiti in montagna, furono uccise 51 persone e 13 ferite: donne, bambini, vecchi e due sordomuti. La strage di Avasinis, narrata a caldo anche su "Libertà", quotidiano udinese del Cln, il 12 maggio 1945, ricorda, in formato ridotto, altre stragi compiute in Italia (fra le più note Marzabotto e Sant'Anna di Stazzema), ma presenta qualche tratto di originalità, per così dire, rispetto alle precedenti. Avvenne, innanzi tutto, dopo la resa incondizionata delle forze tedesche in Italia (29 aprile 1945), e a lato della Pontebbana, percorsa in quei giorni dal grosso delle truppe in ritirata, mentre i cosacchi, diretti verso Monte Croce, erano impegnati nella battaglia di Ovaro contro le forze partigiane. Per concordi testimonianze dei superstiti della strage i soldati, vestiti con uniformi e distintivi delle Sa, parlavano varie lingue, qualcuno anche l'italiano e il friulano, e dalle tasche degli uccisi prelevavano i portafogli come i rapinatori a mano armata. Ma non basta: si fermarono in paese nella notte bevendo, mangiando e ballando, lasciarono un mitra scarico per ricordo, e poi, caso unico, furono a loro volta uccisi da alcuni dei superstiti nonostante si fossero vestiti in borghese: una donna li riconobbe quando dalla montagna, per vie impende e quasi sconosciute dagli stessi paesani, alcuni uomini (provenienti da Forgaria? ) scesero a prelevarli "per consegnarli agli inglesi", dissero. L'eccidio trova duratura memoria nell'intitolazione della piazza del paese: 2 maggio 1945, nel memoriale eretto accanto alla parrocchiale e, da una decina d'anni, in un documentario che Dino Arüs realizzò intervistando i superstiti della tragedia. Il documentario, prodotto per incarico del Comune di Trasaghis e della Comunità Montana del Gemonese, fu presentato al pubblico del Cinema Sociale dalla Cineteca del Friuli, che in questi giorni lo ripropone online nella piattaforma "adessocinema": entrerà così nella gigantesca memoria di Internet, e potrà essere visto e meditato in Italia e nel mondo. Va anche meditato, certo, sia per la genuinità delle testimonianze, molte in friulano sottotitolate in italiano, che per l'oggettività. Una donna ricorda, ad esempio, un soldato che salva un bambino rimasto incolume in mezzo alla strada fra le braccia della nonna uccisa da una raffica di mitra, e un uomo ricorda l'uccisione di un sordomuto che non si era fermato all'alt di un soldato. In quei giorni, da un mare di sangue, nacque la nostra Repubblica.(Messaggero Veneto, 1° giugno 2020)