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Avasinis -UD- 2.5.45

Ragionando sul come e sui perché di una strage nazista

 

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La strage di Avasinis nel libro curato da P. Karlsen

Post n°156 pubblicato il 01 Febbraio 2023 da braulink
 

 

È uscito l’anno scorso un testo importante relativo alla Seconda guerra mondiale nel territorio che i nazisti avevano denominato “Litorale Adriatico”. Si tratta di:

Karlsen Patrick (a cura di), Dizionario della resistenza alla frontiera altoadriatica, IRSREC — Gaspari ed, aprile 2022, che analizza, attraverso una serie di voci redatte da qualificati studiosi, fatti, luoghi e protagonisti della lotta di Liberazione.

 

Alle pagine 98-99 viene tratteggiato anche l’episodio dell’eccidio di Avasinis:

 

AVASINIS: LA STRAGE DEL 2 MAGGIO 1945

 

Il 2 maggio 1945, mentre parte del territorio festeggiava la Liberazione, una colonna tedesca in ritirata entrò ad Avasinis e compì una delle stragi più efferate registrate in Friuli: le vittime furono cinquantuno (quarantotto civili e tre partigiani), tra queste si contarono trentadue donne, molti anziani e bambini; una quindicina furono i feriti

Posta accanto alle principali vie di comunicazione che collegano Udine a Tarvisio, negli ultimi giorni del conflitto Avasinis vide un intenso passaggio di truppe in ritirata. La mattina del 1° maggio una colonna di tedeschi e cosacchi presa di mira da tiratori isolati che uccisero un soldato; come rappresaglia i tedeschi uccisero due partigiani e una donna e catturarono alcuni ostaggi per raggiungere Tolmezzo senza subire ulteriori attacchi.

Nel pomeriggio dello stesso giorno una seconda colonna composta da circa 250 uomini si fermò sopra Trasaghis e Avasinis; questi soldati appartenevano alla 244 Waffen-Gebirgs (Karstjäger) Division der Ss e probabilmente anche alla Feldgendarmerie e alla Waffen-Ss Prienz Eugen. I reparti della Karstjäger erano formati da militari tedeschi, croati, boemi, spagnoli e italiani (istriani, alto-atesini, friulani) specializzati nella lotta antipartigiana ed erano stati attivi nel territorio regionale; negli ultimi giorni del conflitto furono aggregati a diversi comandi per difendere le vie della ritirata.

Il mattino del 2 maggio, le forze tedesche divise in squadre attaccarono Avasinis con mortai e mitragliatrici pesanti. Le formazioni partigiane presenti tentarono di contrastarle, ma si videro in breve costrette a ritirarsi. Avasinis venne occupata. I militari iniziarono a perquisire le abitazioni; spararono su quanti vennero trovati nelle abitazioni o furono sorpresi per strada. Alcune donne vennero violentate. I militari compirono furti, saccheggi e devastazioni. Le uccisioni si svolsero con freddezza e crudeltà senza fare distinzioni tra donne, vecchi e bambini e vennero interrotte verso mezzogiorno dall’arrivo di un ufficiale; una quindicina di corpi furono trasportati nei canali fuori dall'abitato mentre gli altri vennero lasciati dove si trovavano. Quindi i tedeschi presero una cinquantina di ostaggi e, dopo aver trascorso la notte in paese, ripartirono la mattina seguente.

Alla rappresaglia fece seguito la ritorsione partigiana e della popolazione. Nei giorni successivi furono organizzati posti di blocco e rastrellamenti sulle montagne circostanti che portarono alla cattura di diversi sbandati tedeschi; sottoposti a processi sommari, furono quindi uccisi (una parte fu fucilata sulle sponde del torrente Leale).

Diverse sono le interpretazioni sulle cause della strage. Nei giorni successivi all'eccidio si diffuse la convinzione che l’azione tedesca fosse una ritorsione per l'attacco subito dalla colonna transitata il 1° maggio. Altre ragioni vennero ricondotte al sequestro di alcuni tecnici della Todt a Interneppo e del capocantiere a Trasaghis o al disarmo dei distaccamenti cosacchi di Avasinis e Oncedis effettuato dai partigiani il 29 aprile. Una delle ipotesi più accreditate fa invece riferimento all’attacco partigiano alle colonne tedesche che transitarono sulla statale 13 “Pontebbana” nella zona di Gemona; sembra che i tedeschi avessero visto i partigiani ritirarsi verso Avasinis e avessero quindi deciso di effettuare la rappresaglia. Se è dunque difficile stabilire se la rappresaglia sui civili sia stata una reazione improvvisa a un attacco partigiano o un'azione preordinata, va valutato che il sommarsi degli episodi accaduti attorno ad Avasinis (la capitolazione dei presidi cosacchi, la cattura degli uomini della Todt e gli attacchi alla colonna in ritirata) fece maturare nei comandi tedeschi l’idea che la zona rappresentasse un pericolo per le forze in ritirata.

Nel dopoguerra si è innescato un forte dibattito storico e politico che ha riguardato in particolare l'operato delle formazioni partigiane, accusate di aver provocato la reazione tedesca. Le memorie della strage rimangono articolate e divise. (FV)

 

Al volume ha dedicato negli scorsi giorni una articolata recensione lo storico Marco Puppini che, a proposito della trattazione del “caso Avasinis” si è così espresso:

 

Dizionario della Resistenza alla frontiera Alto – Adriatica 1941/1945, Recensione

(…) L’autore della voce sulla strage nazista del 2 maggio 1945 nel paese di Avasinis scrive che la versione più accreditata sulle sue cause è che sia stata una rappresaglia per un’avventata azione partigiana avvenuta il giorno prima sulla statale 13 nelle vicinanze di Gemona, con i partigiani poi ritiratisi in direzione di Avasinis (p.99). E’ la versione diffusa da persone che hanno passato anni ad accusare i partigiani di tutti i mali possibili, ma non è certo la più accreditata. Facendo riferimento ai numerosi scritti di Pieri Stefanutti sull’argomento, non vi è documentazione dell’attacco partigiano di cui sopra, e certamente la lentezza dell’avanzata tedesca (la sera del 1 si ferma a dormire a Trasaghis) dimostra che non stava inseguendo reparti partigiani in fuga. Un’azione contro una zona che rappresentava “un pericolo per le forze in ritirata”? Forse, ma se la colonna tedesca avesse voluto ritirarsi velocemente e in sicurezza non avrebbe perso tempo per lei prezioso a massacrare civili inermi, ma anche a mangiare, dormire e nascondere sia pure malamente i cadaveri ripartendo solo il giorno 3 maggio. Le ipotesi accreditate sono altre. Mi limito a ricordare: vendetta preordinata contro la popolazione nel momento della sconfitta per l’appoggio dato nei mesi precedenti alle formazioni partigiane, o strascico forse non pianificato dell’insieme di operazioni militari volte a bloccare momentaneamente gli Alleati sulla linea Gemona – Val del Lago e consentire la ritirata in Austria. Per completezza forse bisognava accennare alle uccisioni di diverse decine di cosacchi e di alcuni soldati tedeschi nei giorni successivi ad opera di giovani partigiani locali sconvolti dalle notizie ricevute, e della popolazione esasperata. Giustamente l’autore scrive che le memorie del fatto “restano articolate e divise” (p. 99), a questo proposito il discorso andrebbe centrato, per tutte le stragi di quegli anni, sulle modalità soprattutto politiche con cui è avvenuta la trasmissione di quelle memorie, finite nel tritacarne della “tempesta di merda” lanciata nel dopoguerra contro i partigiani. (…)

Marco Puppini

http://www.storiastoriepn.it/dizionario-della-resistenza-alla-frontiera-alto-adriatica-1941-1945-recensione/

 

Al riguardo, sul sito, è stato pubblicato poi anche un commento di Pieri Stefanutti:

 

Ringrazio Marco Puppini per aver voluto citare i miei lavori nel paragrafo dedicato alla strage di Avasinis.

F.V., che ha curato la voce “Avasinis” nel “Dizionario della Resistenza alla frontiera Alto-Adriatica”, ha elencato correttamente le diverse ipotesi che sono state avanzate per spiegare le motivazioni dell’eccidio; discutibile il fatto che abbia però indicato come “una delle ipotesi più accreditate” quella della reazione a un attacco partigiano sulla Statale a seguito della quale “sembra che i tedeschi avessero visto i partigiani allontanarsi in direzione di Avasinis e avessero quindi deciso di effettuare una rappresaglia”. È una tesi che contrasta con la logica … e con la geografia.

L’intervento su Avasinis pare essere invece una azione preordinata, sulle cui motivazioni si continua a riflettere. C’è da tener conto poi che, come giustamente sottolinea Marco Puppini, che la trasmissione delle memorie”, spesso, non è stata utilizzata per l’approfondimento della verità bensì per dare sostegno a tesi preconcette.

 

 

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