Occhi

Trapani e la cartolina rosa


Dopo quasi due anni di silenzio e senza ricorrere a Facebook o altri social network, Marco mi sorprende nel pomeriggio con una telefonata. Sto viaggiano sulla A30 e c’è un vento che mi angoscia… Bloccano tutto e sono in coda. Ma la telefonata ha il pregio di distogliermi dalle preoccupazioni di un “tacadà” non proprio gradito. Mi passa una persona… Mario. Mario è per me un ricordo, un’immagine. Trapani. Punta di una terra calda, accogliente, bella da far arrossire dello stesso colore di quei tanti tramonti che da solo rimiravo su una banchina tutte le sere che potevo. Gli parlai un paio di anno fa in una convention a Catania del mio soggiorno a Trapani. Non una vacanza, ma la destinazione impressa sulla cartolina rosa. E mentre con lui ripassavo quei sessanta giorni, forse per la prima volta provai un senso di nostalgia per posto così lontano dalla mia vita e dai miei legami che pure aveva avuto la forza per incidere in me un segno così profondo. Ci arrivai a metà novembre ormai quasi 30 anni fa. Spaurito da un viaggio lunghissimo, privato e lontano dalle mie persone e cose più care. Ed invece ad accogliermi fu una giornata di primavera… un mare limpido e sereno. Specchio di un cielo senza nuvole. Quasi il tempo volesse rassicurarmi. Non potevo saperlo ma era davvero l’inizio di un periodo della mia vita che pure tra lacrime ed interminabili telefonate serali, mi regalò l’occasione di conoscere un mondo di umanità e calore a me sconosciuto. Una terra lontana che pure custodiva tesori di una bellezza per la quale mai ho trovato parole. Scelsi casualmente una piccola trattoria per compensare i digiuni da rancio di caserma. E quella trattoria diventò la mia cena tutte le sere… Un signore sorridente mi accoglieva ogni volta quasi fossi parte della sua famiglia. Forse leggeva  in me la solitudine unica compagna e l’inquietudine nel non trovare mai uno sguardo noto ai miei occhi. La Pala d’Oro. Lunghe chiacchierate davanti ad un buon pesce od una pizza. “Il romano”… il mio accento era il nome un po’ per tutti. In caserma e fuori. Preso un po’ di coraggio e confidenza dopo lunghe e solitarie passeggiate, chiamai una radio locale. Radio Incontro. Mi ricevettero subito e così cominciai anche a Trapani a coltivare lo sconfinato amore per la radio. Appena fuori dalla caserma, con passo svelto mi avviavo in radio e lì mettevo dischi e facevo le “dediche”. Non ero più soltanto un militare ma quasi un “romano” adottato.  Con Ezio, uno degli altri speaker nacque una bella amicizia. Mi fece conoscere altre persone, mi indicava dove comprare sigarette a buon prezzo. Mi coinvolse in paio di partite di pallone.  Scoprivo giorno dopo giorno che quel posto così lontano era in poco tempo vicino a me. Continuavo a godermi solitario il mare d’inverno. Seduto con i soli miei pensieri su una banchina. Ma il tempo che passava fece maturare in me il desiderio di poter tornare un giorno lì. Perché il mio ripartire verso la capitale non fosse un addio. Quando seppi che ero destinato a ripartire per Roma non seppi e non volli trattenere lacrime… Tornavo a stringere tra le mie braccia i miei affetti e questo era tutto per me. Trapani diventava una parantesi della mia vita dalla quale ho attinto a piene mani tutto il calore che scaldò il mio inverno siciliano e che andai a ritrovare tre anni più tardi. Nessuno aveva dimenticato. Ho scoperto giovanissimo il valore dell’accoglienza vera. Ho scoperto gente che si è aperta quasi fossi da sempre il vicino di casa. Quel vicino  che oggi noi non conosciamo e che forse salutiamo distrattamente qualche volta sul pianerottolo di casa. Mario mi ha invitato a “scendere”. E forse lo farò superando anche la mia cronica paura dell’aereo. E magari sarà un week end. In fondo la primavera sta per arrivare e quel viale sarà ancora una volta assolato e luminoso. Al