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Occhi

Viaggio a spiare e raccontare il tempo

 

 

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Riccioli biondi e riccioli neri

Post n°53 pubblicato il 09 Marzo 2012 da albylrt

Forse nel sangue globuli bianchi e rossi ma, assieme a loro una chiave di violino. Simbolo nello spartito di un inizio. Ed il pentagramma può essere in fondo la più bella e completa rappresentazione del nostro cammino. Alti, bassi, acuti, mezzi toni, ritornelli e assolo.

E per cercare di capirne qualcosa trascorrevo ore incantato dall’incanto della mia prima radio a transistor che suonava quelle partiture ignaro che sarebbero divenute col tempo la colonna sonora della mia vita.

E così preso da questa meraviglia convinsi il mio Papà a comprarmi i primi 45 giri. Li ricordo ancora oggi perché fanno parte di una archivio che custodisco gelosamente. Ricordo che biondo e riccioluto entrai tenuto per mano dal mio fiero Papà ed ancora di  più ricordo i miei occhi sorpresi da tutta quella musica che trovai nel negozio di dischi. Era la fine degli anni sessanta. Non avevo neppure 10 anni. Eppure, chiesi con voce incerta ed emozionata “vorrei Emozioni di Lucio Battisti”. Assieme a quel 45 giri comprai in poco tempo Something dei Beatles, Venus degli Shocking Blue. Poi Massimo Ranieri e i suoi Vent’anni. Ed i primi ellepì. Adriano Celentano e Tchaikovsky poi i primi Pink Floyd e Questo piccolo grande amore di Baglioni.  Ma il primo disco è quello che oggi a distanza di oltre 40 anni, rimane intatto nella mia memoria. Moderno nel suo essere canzone per testo e melodia. L’esempio palese, evidente, che l’arte musicale varca le soglie del tempo, viaggia con lui per essere al contempo memoria, presente e futuro. Ma questa è l’arte di pochi. Quell’arte seppure espressa per volontà soltanto dal microsolco di un disco ha raggiunto e raggiunge. Una scelta curiosa e fuori dal coro quella di Lucio e i suoi riccioli mori, di spegnere le luci della ribalta sul suo volto e pretendere che rimanessero accese soltanto sulla sua musica. Ma nella sua semplicità e disarmante schiettezza esprimeva un concetto quasi banale. Il “giudizio” non è sull’uomo ma su ciò che esso esprime. E così per ogni disco correvo con la stessa emozione ad acquistare la mia copia. Scoprendo ogni volta un nuovo capolavoro. Anche quando questi dischi si sono chiamati Don Giovanni sino ad Hegel. Lessi in quella evoluzione la voglia di stupire. Di radere al suolo il passato perché nulla di simile poteva essere più scritto o suonato. E soltanto il coraggio di un grande può permettersi questo. Si discuteva se i suoi ultimi dischi fossero poesia o pasticci linguistici. Musica o anonimi sinth. Eppure come tutte le sue cose, hanno lasciato e continuano a lasciare una traccia indelebile anche in questo tempo fatto di “cantanti” che per la loro esibizione a Sanremo hanno bisogno e per una sola canzone di uno schermo dove leggere le parole…. Degli auricolari per sentire i click del tempo ed essere accompagnati alla giusta intonazione. Forse cosciente di quale mondo avesse attorno, Lucio Battisti scelse volontariamente di non  dar modo di essere accomunato allo stesso creandosene uno suo personale. Quando ho scritto ed ora chi rimane in fondo ho scritto una cosa non corretta. Lucio Battisti così come molti altri grandi, non se ne sono mai andati. Viaggiano con me. Come stamattina. “….planando sopra boschi di braccia tese… ” La collina dei ciliegi. Dal grigio cielo di stamattina, un piccolo raggio di sole e di primavera.

Ed il viaggio continua.

Al

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