Creato da albylrt il 18/05/2009

Occhi

Viaggio a spiare e raccontare il tempo

 

 

Riccioli biondi e riccioli neri

Post n°53 pubblicato il 09 Marzo 2012 da albylrt
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Forse nel sangue globuli bianchi e rossi ma, assieme a loro una chiave di violino. Simbolo nello spartito di un inizio. Ed il pentagramma può essere in fondo la più bella e completa rappresentazione del nostro cammino. Alti, bassi, acuti, mezzi toni, ritornelli e assolo.

E per cercare di capirne qualcosa trascorrevo ore incantato dall’incanto della mia prima radio a transistor che suonava quelle partiture ignaro che sarebbero divenute col tempo la colonna sonora della mia vita.

E così preso da questa meraviglia convinsi il mio Papà a comprarmi i primi 45 giri. Li ricordo ancora oggi perché fanno parte di una archivio che custodisco gelosamente. Ricordo che biondo e riccioluto entrai tenuto per mano dal mio fiero Papà ed ancora di  più ricordo i miei occhi sorpresi da tutta quella musica che trovai nel negozio di dischi. Era la fine degli anni sessanta. Non avevo neppure 10 anni. Eppure, chiesi con voce incerta ed emozionata “vorrei Emozioni di Lucio Battisti”. Assieme a quel 45 giri comprai in poco tempo Something dei Beatles, Venus degli Shocking Blue. Poi Massimo Ranieri e i suoi Vent’anni. Ed i primi ellepì. Adriano Celentano e Tchaikovsky poi i primi Pink Floyd e Questo piccolo grande amore di Baglioni.  Ma il primo disco è quello che oggi a distanza di oltre 40 anni, rimane intatto nella mia memoria. Moderno nel suo essere canzone per testo e melodia. L’esempio palese, evidente, che l’arte musicale varca le soglie del tempo, viaggia con lui per essere al contempo memoria, presente e futuro. Ma questa è l’arte di pochi. Quell’arte seppure espressa per volontà soltanto dal microsolco di un disco ha raggiunto e raggiunge. Una scelta curiosa e fuori dal coro quella di Lucio e i suoi riccioli mori, di spegnere le luci della ribalta sul suo volto e pretendere che rimanessero accese soltanto sulla sua musica. Ma nella sua semplicità e disarmante schiettezza esprimeva un concetto quasi banale. Il “giudizio” non è sull’uomo ma su ciò che esso esprime. E così per ogni disco correvo con la stessa emozione ad acquistare la mia copia. Scoprendo ogni volta un nuovo capolavoro. Anche quando questi dischi si sono chiamati Don Giovanni sino ad Hegel. Lessi in quella evoluzione la voglia di stupire. Di radere al suolo il passato perché nulla di simile poteva essere più scritto o suonato. E soltanto il coraggio di un grande può permettersi questo. Si discuteva se i suoi ultimi dischi fossero poesia o pasticci linguistici. Musica o anonimi sinth. Eppure come tutte le sue cose, hanno lasciato e continuano a lasciare una traccia indelebile anche in questo tempo fatto di “cantanti” che per la loro esibizione a Sanremo hanno bisogno e per una sola canzone di uno schermo dove leggere le parole…. Degli auricolari per sentire i click del tempo ed essere accompagnati alla giusta intonazione. Forse cosciente di quale mondo avesse attorno, Lucio Battisti scelse volontariamente di non  dar modo di essere accomunato allo stesso creandosene uno suo personale. Quando ho scritto ed ora chi rimane in fondo ho scritto una cosa non corretta. Lucio Battisti così come molti altri grandi, non se ne sono mai andati. Viaggiano con me. Come stamattina. “….planando sopra boschi di braccia tese… ” La collina dei ciliegi. Dal grigio cielo di stamattina, un piccolo raggio di sole e di primavera.

Ed il viaggio continua.

Al

 
 
 

Ed ora chi rimane...

Post n°52 pubblicato il 07 Marzo 2012 da albylrt
Foto di albylrt

Ad un punto della vita sgrano gli occhi verso quel domani che oggi a guardarlo appare un punto interrogativo..  Spazio con la mente cercando  motivi per trasformarlo in esclamativo.

Ma sembra non bastino mai. E se mai uno ne trovo si smaterializza all’alba del giorno nuovo. Sembra che il tempo anziché aggiungere certezze ne tolga. Sembra quasi la vita giochi a trasformare un’ancora in aquilone. Quando sembra aver afferrato ben stretta una certezza, la stessa sfugge dalle mani ad un soffio di vento. E se mi volto indietro, ripasso occhi e visi, gesti e parole di chi oggi è soltanto passato e non può più essere futuro se non con quei gesti, quelle parole, quei sorrisi che hanno costruito una storia e sono la porta del domani. In fondo il futuro è il frutto del passato ed il passato è il futuro che abbiamo costruito passo dopo passo.  Scopro di custodire un tesoro di memoria e memorie. Che non mi lasciano da solo in compagnia della solitudine. “chi ci sarà dopo di te” non è soltanto un amore che sostituisce un altro amore. E’ forse qualcosa di più grande che neanche noi possiamo contenere. Nessuno può sostituire nessuno, e nessuno può o potrà pretendere il posto di altri. Sarà la memoria e gli sguardi e le parole a rendere e renderci non sostituibili. Con l’anima immortale. Ho pensato a questo giovedì scorso quando al telefono mi dicono di Lucio Dalla. Ha accompagnato tanti chilometri della mia vita. Ma dopo di lui non ci sarà un altro. Continuerà ad accompagnare il mio tempo. Lui come altri, che hanno avuto la forza ed il genio di riuscire ad essere immortali. Lasciando in ciascuno di noi un seme da curare e crescere. Seme che poi lasceremo a chi verrà dopo di noi. Senza sostituirci. Soltanto per proseguire un cammino. Quello che mi ha più reso triste è lo sgomento con cui ho pensato al vuoto che verrà. La voragine creatasi tra chi ha regalato un'emozione da curare e preservare nel tempo e chi oggi lascia soltanto qualcosa da consumare e gettare prima della rapida scadenza perché figlio di un tempo che divora. Dovremo nutrirci e nutrire il nostro domani di eredità lontane. Sperando che prima o poi un altro Modugno, un altro Battisti, un altro De Andrè un altro Dalla possano consegnarci altri semi da far crescere e porgere in dono a chi verrà dopo di noi.

Non sarà un caso. Uno dei testamenti si intitola “Futura”.

Buon viaggio.

Al

 
 
 

Trapani e la cartolina rosa

Post n°51 pubblicato il 28 Febbraio 2012 da albylrt
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Dopo quasi due anni di silenzio e senza ricorrere a Facebook o altri social network, Marco mi sorprende nel pomeriggio con una telefonata. Sto viaggiano sulla A30 e c’è un vento che mi angoscia… Bloccano tutto e sono in coda. Ma la telefonata ha il pregio di distogliermi dalle preoccupazioni di un “tacadà” non proprio gradito. Mi passa una persona… Mario. Mario è per me un ricordo, un’immagine. Trapani. Punta di una terra calda, accogliente, bella da far arrossire dello stesso colore di quei tanti tramonti che da solo rimiravo su una banchina tutte le sere che potevo. Gli parlai un paio di anno fa in una convention a Catania del mio soggiorno a Trapani. Non una vacanza, ma la destinazione impressa sulla cartolina rosa. E mentre con lui ripassavo quei sessanta giorni, forse per la prima volta provai un senso di nostalgia per posto così lontano dalla mia vita e dai miei legami che pure aveva avuto la forza per incidere in me un segno così profondo. Ci arrivai a metà novembre ormai quasi 30 anni fa. Spaurito da un viaggio lunghissimo, privato e lontano dalle mie persone e cose più care. Ed invece ad accogliermi fu una giornata di primavera… un mare limpido e sereno. Specchio di un cielo senza nuvole. Quasi il tempo volesse rassicurarmi. Non potevo saperlo ma era davvero l’inizio di un periodo della mia vita che pure tra lacrime ed interminabili telefonate serali, mi regalò l’occasione di conoscere un mondo di umanità e calore a me sconosciuto. Una terra lontana che pure custodiva tesori di una bellezza per la quale mai ho trovato parole. Scelsi casualmente una piccola trattoria per compensare i digiuni da rancio di caserma. E quella trattoria diventò la mia cena tutte le sere… Un signore sorridente mi accoglieva ogni volta quasi fossi parte della sua famiglia. Forse leggeva  in me la solitudine unica compagna e l’inquietudine nel non trovare mai uno sguardo noto ai miei occhi. La Pala d’Oro. Lunghe chiacchierate davanti ad un buon pesce od una pizza. “Il romano”… il mio accento era il nome un po’ per tutti. In caserma e fuori. Preso un po’ di coraggio e confidenza dopo lunghe e solitarie passeggiate, chiamai una radio locale. Radio Incontro. Mi ricevettero subito e così cominciai anche a Trapani a coltivare lo sconfinato amore per la radio. Appena fuori dalla caserma, con passo svelto mi avviavo in radio e lì mettevo dischi e facevo le “dediche”. Non ero più soltanto un militare ma quasi un “romano” adottato.  Con Ezio, uno degli altri speaker nacque una bella amicizia. Mi fece conoscere altre persone, mi indicava dove comprare sigarette a buon prezzo. Mi coinvolse in paio di partite di pallone.  Scoprivo giorno dopo giorno che quel posto così lontano era in poco tempo vicino a me. Continuavo a godermi solitario il mare d’inverno. Seduto con i soli miei pensieri su una banchina. Ma il tempo che passava fece maturare in me il desiderio di poter tornare un giorno lì. Perché il mio ripartire verso la capitale non fosse un addio. Quando seppi che ero destinato a ripartire per Roma non seppi e non volli trattenere lacrime… Tornavo a stringere tra le mie braccia i miei affetti e questo era tutto per me. Trapani diventava una parantesi della mia vita dalla quale ho attinto a piene mani tutto il calore che scaldò il mio inverno siciliano e che andai a ritrovare tre anni più tardi. Nessuno aveva dimenticato. Ho scoperto giovanissimo il valore dell’accoglienza vera. Ho scoperto gente che si è aperta quasi fossi da sempre il vicino di casa. Quel vicino  che oggi noi non conosciamo e che forse salutiamo distrattamente qualche volta sul pianerottolo di casa. Mario mi ha invitato a “scendere”. E forse lo farò superando anche la mia cronica paura dell’aereo. E magari sarà un week end. In fondo la primavera sta per arrivare e quel viale sarà ancora una volta assolato e luminoso.

Al

 

 

 
 
 

Piove e c'è nebbia

Post n°50 pubblicato il 03 Gennaio 2012 da albylrt
Foto di albylrt

Piove e c’è nebbia. Pensieri confusi. Rallento il viaggio e lascio scaricare la mente dal turbinio di quotidianità che la riempie. Non ho avuto tempo neanche per scrivere almeno una volta le cifre del nuovo anno. Quale nuovo anno.. Dall’incipit mi sembra tanto gemello di molti altri. O quanto meno parente prossimo. Ho immaginato in tutte le case la stessa voglia, la stessa energia nel voler per forza immaginare questi prossimi trecentosessantasei giorni diversi da quelli trascorsi. Ma non credo basterà il desiderio liberatorio. Almeno da quanto ho più o meno distrattamente raccolto qua e la. Per far bene il mio mestiere devo essere capace ogni istante di carpire ogni piccola e magari all’apparenza banale informazione. Capire chi ho di fronte. E non fermarmi alla sua necessità di oggi. Ma tentare l’impresa di capire il suo bisogno recondito. Nascosto. Futuro ma di oggi. Il denaro è materia importante tanto quanto la salute. A volte nella scala dei valori ci assale il dubbio su cosa mettere in cima. Dalla radio ascolto l’ultima di Grillo che recita ”oltre che condannare, cerchiamo di capire il perché dei ripetuti attentati ad Equitalia”. E subito il Presidente della citata società Dr. Befera che bolla “la battuta non fa ridere”. Credo che non faccia ridere neanche il fatto che qualche nonnino che strappa qualche cosa più di mille euro al mese di pensione non potrà più ripetere il rituale mensile dell’incasso in contanti della sua pensione all’ufficio postale del suo paesino. Ma dovrà aprire un bel conto corrente bancario che alla fine dell’anno se gli è andata bene gli sarà costato oltre 200 euro di spese. In nome di cosa ? Lo stato vuole sapere cosa ci fai con più di mille euro di pensione… Vuole tracciare le tue spese. Credo che il nonnino potrebbe anche rendere pubbliche le sue abitudini goderecce con mille euro o poco più ce n’è da scialare… ma i 200 euro che non ha più chi glieli rende… Perché non pensare prima cari amici dell’Abi ad un conto no profit per i pensionati vessati da tale nefandezza e poi magari dire usate il conto e non i contanti ?... Non sarà per caso che le banche abbiano bisogno di far cassa ? O di aprire conti sicuri di solo deposito senza rischi di perdite ? Mi sfugge qualcosa. Così come forse al Dr. Befera è sfuggito il fatto che quella di Grillo non era una battuta ma un invito a riflettere sul perché c’è questo ricorso alla violenza verso un Ente. Sarà forse perché se non paghi una multa per divieto di sosta di arriva una cartella dove il tuo debito è almeno raddoppiato e se non paghi ti portano via anche il servizio da caffè che dal tuo matrimonio ?  Sarà..  forse il Dr. Befera non ci ha pensato.  Continua a piovere e la nebbia è più fitta. Sembra voglia disegnare il nostro stato e parte del nostro futuro. Invece di tendere una mano, si spinge nel baratro chi magari c’è già almeno con un piede dentro.  Un pensionato si suicida perché l’Inps integerrimo gli richiede cinquemila euro perché non dovuti. Ah tranquillo signor pensionato.. non li vogliamo in contanti. Basta un bonifico bancario..

Piove e c’è nebbia.. Forse è meglio tornare con la mente al quotidiano lavoro. “Domani è un altro giorno”.

 Al

 
 
 

E andare...

Post n°49 pubblicato il 11 Agosto 2011 da albylrt
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Negli ultimi giorni, è sempre stato più difficile lasciare alle mie spalle un letto che al primo mattino si offre più fresco ed accogliente che mai.. Ed ancora più complesse sono diventate le "grandi manovre" per accendere la giornata... Dal sacro rito della moka alla rasatura che deve trovare l'equilibrio tra la pelle facilmente irritabile e una barba che deve rispettare i canoni della (quasi) perfezione. Ho accantonato ormai da un mese la cravatta riponendone due "neutre" nel cassetto della mia scrivania (della serie non si sa mai..). Stamattina ho avuto forte la certezza che era davvero arrivato il momento di dire basta. Sono tornato indietro tre volte. Dimenticando ogni volta qualcosa. Una volta iniziato il mio viaggio quotidiano (coast to coast) e dopo 3 caffè nel giro di 30 minuti ho notato, sbirciando nelle macchine altrui, che non avevo i soliti e solitari compagni di marcia, ma auto rigonfie di gente e bagagli.. forse più di bagagli che di gente.. ma fa lo stesso.. Io invece con la camicia fresca, solo con la mia sigaretta ed un revival musicale dedicato alla dance degli anni 70/80 (ho infilato un mix di Gino Soccio...). Il telefono ancora (fortunatamente) muto per l'orario. Scorrendo con gli occhi questo anomalo traffico di anime non mi era chiaro dai visi chi partiva alla ricerca della serenità vacanziera o chi invece tornava dall'agognato relax estivo... Mi ha fatto sobbalzare l'idea di non aver notato differenza alcuna tra chi presumibilmente partiva e chi invece stava tornando. Andare.. per necessità ? Ho messo gli occhi nello specchietto retrovisore ed ho cercato la risposta. Si anche. Ma se il risultato sono le facce che ho visto allora è meglio restare... Ieri sera c'era fuori dalla porta di casa un invitante e rilassante fresco.. un cielo limpido e terso quasi avesse pulito la "vetrina" per far meglio rimirare gli stupendi gioielli che lo illuminano. Andare.. Si e staccare la spina. Staccare da cosa ? Da un palmare che è ormai diventato con me un corpo unico, da un Italia che si sta sgretolando e come se a noi la cosa non riguardasse la guardiamo come visitatori di un museo (tanto a pensaarci bene è un rudere antico..). Andare. Si. Troverò strada facendo un perchè e magari mi convincerò che è giusto per più di un motivo. Fosse solo che quando aprirò gli occhi la mattina avrò dinanzi un mare azzurro e limpido.  Mare. Meta dell'estate e capolinea temporaneo dei mille pensieri quotidiani.

Al

 

 
 
 

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