Creato da fattodiniente il 01/06/2007

Gloriosa spazzatura

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Le Orme, "Frutto Acerbo"

Post n°4 pubblicato il 04 Agosto 2007 da fattodiniente

Mio padre è mancato la notte di Natale. Non il momento migliore per andarsene, ammesso ne esista uno. Era molto malato da tempo, ed essendo molto anziano, ho avuto molto tempo per pensare al momento in cui non ci sarebbe stato più.
Tuttavia, non sono stati molti gli anni in cui abbiamo realmente parlato insieme. È una cosa che mi ha sempre crucciato, ma non ho mai saputo davvero fare andare le cose diversamente; un po’ per il carattere di entrambi – molto restii ad aprirsi, un po’ per la differenza di cultura, e di atteggiamenti.
Però ho sempre indovinato i suoi pensieri, e diciamo pure i suoi sentimenti. Che fosse fiero di me, lo so, ed io di sicuro l’ho sempre stimato, nella sua semplicità, nella sua onestà, ed anche per quel che ha fatto, che apparentemente può non sembrare niente di che, ma io so che l’ha fatto sempre con un gran senso del dovere, con sacrificio e con qualche sofferenza.
Credo che a conti fatti sia stato soddisfatto della sua vita, di ciò che, per quanto banale, ha realizzato, o semplicemente portato a termine.
Questa canzone mi è sempre piaciuta: per la sua linea melodica, per la semplicità del suo arrangiamento – chitarra acustica e un pianoforte discreto; ma anche per ciò che racconta: ricordi d’infanzia, di un posto assai vicino al mio, e che conosco bene. Così che molti dei sentimenti e delle situazioni che racconta posso tranquillamente dire siano anche mie.
In particolare, c’è un verso, ‘e l’estate la sera via di corsa all’osteria / per ripetere a mio padre la minestra è fredda / nel silenzio verso casa la sua mano triste’. Ecco, non ho mai fatto una cosa così, ma da piccolo che l’aspettassi tornare dal bar con un cioccolatino per me, a notte tarda, dopo dodici ore trascorse lontano da casa a lavorare come operaio edile, questo sì. E quando talvolta, la domenica, o durante i pochi giorni di vacanza ai monti, mi prendeva per mano, la sensazione era proprio quella, una mano triste eppure lieta di fare ciò che stava facendo.
Non so se l’ho mai ringraziato per tutto questo. So che il giorno del funerale non ho trovato il coraggio di andare sul pulpito e dire qualche parola; pudore, probabilmente, coniugato in una incapacità di dirgli ciò che non gli avevo mai detto. Per certe cose non c’è una seconda occasione. Così, se questa canzone mi ha sempre commosso da che la conosco, ed è da quando ero ancora adolescente, adesso ha un significato ancora più speciale.

 
 
 
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