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365 VOLTE ALE


365 VOLTE ALEAle spostò la tenda, diede un’occhiata al mondo e a bassa voce disse:” Che schifo…”Ale che sognava, Ale che sperava, Ale che con tutto e tutti non aveva nulla a che fare.Sembra strano, a volte, credere che le cose possano cambiare così drasticamente… sembra strano che basti solo una parola e tutto quello in cui hai creduto svanisca nel vento fresco d’autunno. Riflessioni, pensieri che intontiscono il naturale corso delle cose.Non era un giorno particolare, era solamente un giorno di quei trecentosessantacinque che scorrono inesorabilmente in quello che tutti chiamano anno solare, un giorno come un altro per sorridere, amare, spogliarsi, lavarsi, camminare, parlare, annuire e incazzarsi…un normalissimo e abitudinario girono nel quale il cervello di Ale si perdeva nei lontani oceani creati dalla sua fantasia per staccarsi, con un taglio netto, dal mondo di tutti. Una domanda, come una zanzara pronta a succhiarti l’ultima goccia di sangue, lo assillava in quei momenti…una sola domanda: “perché?” continuava a chiedersi, “perché è così?” e la sua mente non riusciva a trovare risposte.L’autunno era arrivato e nulla più poteva scaldare le piante ormai quasi spoglie.“Piacerebbe anche me essere una pianta” pensava, “non mi lamenterei mai, mi nutrirei di me stesso, aspettando la primavera, per poi far fiorire la mia bellezza…e lasciarmi pisciare addosso dai cani…cazzo che vita di merda che fanno pure le piante!”. Ale era una ragazzo semplice, non aveva mai chiesto nulla alla vita, era uno di quelli che si sente fuori dal pensiero globale del mondo, lui si trovava in un suo universo parallelo fatto di amore, musica, riflessioni, momenti intensi di solitudine e momenti intensi di vita sociale con i suoi simili, era perennemente in cerca di un modo semplice e speciale di vivere la sua vita. Ale odiava il denaro, odiava il potere perché lo riteneva la causa di tanta tristezza nel mondo ma soprattutto della sua, odiava chi imponeva regole alla sua vita, chi cercava in tutti i modi di renderlo una persona “normale” con la testa sulle spalle, cercando di fargli capire che la vita è avere un lavoro che ti porti ad un tenore di vita da “ricco”, trovarsi una moglie che ti dia una mano nel lavoro, avere idee politiche giuste per il mondo del lavoro, lavoro, lavoro, lavoro….ma vaffanculo al lavoro!Ci sono cose molto più importanti per Ale del lavoro e vaffanculo di nuovo.Dal lettore cd arrivava la canzone di un gruppo dal nome strano tipo “l’invasione degli omini verdi” o una cosa simile,  un gruppo che stava spopolando nell’ambiente della musica punk hard core indipendente di quei tempi…il gruppo nel quale Ale cantava fino a poco tempo fa e che per sei anni era stata la sua famiglia, la sua vita  e la sua voglia di vivere. La musica, quella fantastica forza che  arriva dal cuore, che fa da colonna sonora in ogni istante della tua vita. Ale la propria colonna sonora se l’era personalizzata, scriveva testi nei quali racchiudeva le sensazioni che il cuore gli sussurrava, era come se la sua mano interagisse direttamente con i sentimenti e lui scriveva e non poteva farne a meno.Speranza, amore per la vita, rabbia contro chi credeva di essere superiore agli altri, questi erano i messaggi che il cuore portava ad Ale, e lui cercava di fare arrivare alla gente con la sua voce. Messaggi che per primo cercava di mettere in atto per se stesso, cercando di darsi forza per continuare la sua esistenza, ma che tante volte, nei momenti in cui gli sarebbero serviti veramente, sembravano un muro enorme di utopie.Quante cose aveva dovuto sopportare il cuore di Ale…e chissà quante avrebbe dovuto ancora sopportarne.Il cd girava ed Ale pensava alla sua vita, pensava alle cose belle che aveva passato…alle cose belle che non potevano più tornare. “ Che strano, però, ti rendi conto solamente quando perdi qualcosa d’importante, di quanto era realmente importante, e una volta perso quell’attimo, faresti di tutto per poterlo rivivere, ma quell’attimo ti è ormai scappato di mano e tu hai stretto il pugno troppo lentamente per fermarlo e tenerlo sempre con te.”Ale aveva trent’anni e pensava che se avesse dovuto morire in quell’istante, non glie ne sarebbe fregato niente perché quello che voleva dalla vita l’aveva ottenuto, ed ora che non aveva più nulla di tutto ciò che aveva costruito, quel nulla non lo poteva più trattenere. Ma una vocina nascosta nel posto più buio della sua anima continuava a sussurrargli di non mollare, era la curiosità di scoprire cos’altro poteva offrirgli la vita, e lui, cocciuto, la continuava ad ascoltare.“Sempre e solo te stesso”, continuava a ripetersi, “sii sempre e solo te stesso…è facile a dirsi! Cazzo, ad essere perennemente solo, forse ci riuscirei! Ma a vivere in contatto con gli umani non è assolutamente facile! Mettersi a confronto con milioni di cervelli che sono in qualche modo diversi da te e che cercano di importi le loro idee è tutta un’altra storia!” Bisognava avere carattere ma Ale aveva tutto tranne quello…chi lo conosceva diceva che era troppo buono, e lui? Lui cosa pensava di se?“Vorrei essere cattivo, arrogante, stronzo, cinico…vorrei avere il coraggio di incazzarmi con chi rallenta la mia felicità, vorrei saper dire di no…vorrei non tenermi tutto dentro per non ferire le altre persone…sono troppo buono ma non riesco a farne a meno…credo che se fossi un pugile sarei il miglior incassatore di tutti i tempi…già! Ma perché non ho fatto il pugile? Che stupido che sono…”Ale odiava le frasi fatte filosofiche del cazzo tipo:” vivi ogni giorno come se fosse l’ultimo della tua vita”. “E’ impossibile” pensava “la frenesia di questa società non ti da il tempo di riflettere su come vivere la giornata, o meglio, a come vorresti viverla! Il mio ultimo giorno di vita lo vorrei esagerato…vorrei fare un sacco di cose, passare ogni istante con la persona che amo e racchiudere quel tempo in una cassaforte perché nessuno me lo possa portare via.Vorrei fare tutti gli sport estremi e provare cose impossibili, fare il concerto più bello della mia vita,  mandare a fanculo tutti quelli che mi stanno sul cazzo…insomma, non mi basterebbe un solo giorno! E poi immaginatevi, se tutti dovessero vivere come se fosse l’ultimo giorno della loro vita, ci sarebbe un tasso di fancazzismo esagerato, nessuno più andrebbe a lavorare, e , forse si penserebbe un po’ di più a se stessi perché il denaro ed il potere non servirebbero più a nulla! Anarchia totale ovunque!…che figata…”.  Tutta colpa del punk, era tutta colpa del punk, le domande senza risposte, la rabbia, la voglia di spaccare tutto senza limiti, il menefreghismo totale per tutto ciò che lo circondava…ma non sarebbe stato meglio essere una persona normale? Banale, come tutte le altre, come chi ha come ideale il solo mangiare, bere, sesso, sposarsi, guardare i reality show, avere una squadra di calcio del cuore per cui discuterne al bar con gli amici che hanno gli stessi stronzi di ideali? Non sarebbe stato meglio avere una meta predefinita dall’inizio dei suoi giorni e molto più semplice da raggiungere come ad esempio quella più classica come formare una famiglia avere un lavoro e tirare a campare? Ale no. Ale ne aveva tante di mete da raggiungere, tante sfide contro tutti e contro se stesso.Il punk gli aveva fatto scoprire il desiderio di essere veramente libero, gli aveva insegnato la politica della non politica, sbattendosene altamente le palle di chi lo giudicava…lo potevano offendere, ma ad Ale gli insulti entravano da un orecchio ed uscivano dall’altro perché lui era in pace con se stesso e questo rendeva irascibile chi lo circondava, lui sapeva cos’era giusto o sbagliato per la sua vita e stava solamente a lui valutare le situazioni per poi decidere, e questo non poteva impedirglielo nessuno…o quasi. “Quante cose tu raccoglierai e quante te ne lascerai lungo tutta la strada che percorrerai, ed il problema di tutto ciò è che spesso tu non potrai sceglier ciò che porterai…” Ale Nei momenti tristi canticchiava questa canzone dei Derozer, quando aveva perso qualcosa di importante, qualcosa come l’amore…Ale odiava il suo lato Emo eppure era il lato predominante del suo carattere, non poteva farne a meno, ed era proprio quel lato emo che lo inculava più di tutti, si lanciava a capofitto e ci metteva tutto se stesso perché questo “amore” lo rendeva realizzato e felice. Il condividere la propria vita con un’altra persona, le cose belle e le cose brutte, trovando conforto in una sola carezza o un sorriso, un abbraccio, questo ad Ale bastava per ridare un senso alla sua vita, un abbraccio che gli trasmetteva piccole scosse al cuore, per fargli capire che poteva contare ciecamente su quella persona…quella persona che ora non lo amava più.“Vorrei sapere chi cazzo ha inventato l’amore. Lo ammazzerei con la stessa crudeltà lui mi ha fatto conoscere quel sentimento così complicato e distorto di cui non posso fare a meno, quel sentimento che mi ha fatto conoscere la solitudine, la paura, il rimpianto…allo stesso modo però mi sento uno stronzo se penso a quante persone ho fatto soffrire perché non provavo le stesse cose che provavano per me, e forse, tutta la tristezza che ho dentro è una sorta di punizione per il dolore che ho provocato agli altri, quello stesso dolore che sto provando io…si forse me lo merito.”Ma cosa provava Ale quando soffriva per amore? Vuoto totale. Un enorme vuoto che lo risucchiava in un vortice di paure, il vuoto che aveva lasciato l’amore…ed era veramente enorme. Si sentiva smarrito, come un cucciolo di tigre abbandonato nella giungla..non sapeva dove andare, cosa fare, era isolato su un pianeta che non gli apparteneva e che continuava a correre nonostante lui si fosse fermato. Rabbia, scatti isterici e una profonda incazzatura con tutti, avrebbe voluto spaccare tutto, urlare strappare via i ricordi che lo facevao stare così, gia, i ricordi…quei ricordi che lo assillavano ogni istante.  Irrompono dentro di me giorni tristi, giorni felici...instabili, tornano come l’estate e volano via lasciando solo ricordi... “Non posso vivere di ricordi, non devo!Ma come cazzo faccio a dimenticare?Ci vuole troppo tempo ed io tutto quel tempo non lo posso avere!Io devo andare avanti! Cazzo, quasi quasi sbatto la testa contro al muro e mi provoco un’ amnesia permanente…forse solo così potrò dimenticare in fretta, dimenticare il passato e guardare avanti. Troppo facile così, e poi queste cose succedono solamente nei film! Io non ho mai avuto nulla di facile, perché dovrei averlo proprio ora? E poi dicono che soffrire fa crescere…si, fa crescere l’ansia, la rabbia la tristezza e la solitudine, allora io dovrei  avere più o meno sessant’anni!” Un sorriso ironico si stampava sul volto di Ale, molte volte, in questi momenti pensava di essere Dottor Jakyel e mistr Hyde, questi sbalzi di umore così improvvisi, dalla tristezza all’ironia rabbiosa. E Dio dov’era in quei momenti? Ale ci credeva,  ma tante, forse troppe volte, lui non si faceva sentire…eppure avrebbe dovuto aiutare chi soffre! Ma forse c’era troppa sofferenza al mondo per riuscire ad aiutare tutti e forse c’erano casi più disperati di quello di Ale.