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Post N° 10


Domenica malinconica“Perché il mio ricordo in te non svanisca mai. Per quando ti senti sola. Per quello che mi hai fatto vivere. Per  l’amore che c’è stato e che mi fa stare così. Per tutti i momenti stupendi insieme. Per tutto quello che non c’è. Per il cuore che batte forte. Per un tuo semplice pensiero rivolto a me. Per i tuoi occhi dolci quando mi guardavi. Per la tua voglia di vivere. Per le tue mani che stringevano le mie. Per i tuoi capelli sul cuscino. Per il fascino del tuo sorriso. Per tutte le volte che mi hai rassicurato. Per tutte le volte che mi sei stata vicino. Per il rimpianto di non averti dato di più. Per il vuoto che hai lasciato. Per la nostalgia di te. Per i girasoli in fiore. Per le candele mai accese. Per i soprannomi che mi hai dato. Per tutte le volte che abbiamo litigato. Per i mille orgasmi. Per il bimbo che non c’è. Per tutto quello che c’è stato tolto. Per l’amore quando finisce. Per i giorni così. Per i tuoi biglietti appiccicati al frigorifero. Perchè il tempo insieme non sia stato invano. Perché mi hai reso felice. Per tutte le volte che mi manchi. Per la forza di reagire. Per la rabbia che brucia. Per il silenzio di questa casa. Per la prima volta che ti ho vista. Per il 26 agosto, il giorno più bello della mia vita. Per il 17 ottobre, il giorno più brutto della mia vita. Per la prima volta che abbiamo fatto l’amore. Per quando mi hai detto sposiamoci. Per quando mi hai detto che non eri sicura. Per il coraggio che non hai. Per le cose che hai lasciato. Per quando mi sveglio la notte. Per la tua ansia. Per la mia ansia. Per le lacrime che ho versato. Per la tua tranquillità. Per il non poterti dire più ti amo. Per il tuo cuore che è di qualcun altro. Per avermi dimenticato. Per volerti dimenticare. Per non tornare più indietro. Perchè ci sarà un nuovo amore.”Ale pensava e ricordava, anche se non voleva, continuava a ripetersi che non doveva  stare così, continuava a non voler ricordare. Ma Ale era fragile e si sentiva solo, e l’atmosfera attorno a lui era particolarmente triste. Ale camminava veloce in mezzo alla gente, senza guardare nessuno, come un fantasma alla ricerca della pace. L’occhio sfuggiva ogni tanto nelle vetrine dei negozi, famiglie e coppie di innamorati, sembrava che lo facessero apposta. L’invidia per quelle persone felici lo logorava, e si chiedeva “perché io non posso avere tutto questo? Quando arriverà il mio momento? Non pretendo tanto, mi basta poco per essere felice….molto poco.”“Passerà” continuava a ripetersi, ma quando? Quanta pazienza avrebbe dovuto avere ancora? Sentiva le lacrime che spingevano per uscire, ma lui non voleva e non doveva, cazzo doveva tirar fuori le palle! “Aleeeeeeeee!!!!!!Che cazzo fai? Devi smetterla di stare così! Reagisci cazzo!La vita continua, in un modo o nell’altro!Lo so che ti senti solo, lo so che è sempre stato il tuo punto debole, lo so che ti manca tutto, lo so che qui ti fa schifo, so tutto! Ma ci deve essere qualcosa che ti possa fare sta meglio! Ci deve essere!” Ale lo doveva trovare, doveva cercare e cercare. Dove? Non lo sapeva, ma doveva cominciare perché stando fermo il male peggiorava. Restando fermo avrebbe fatto la fine della pietra. lunedìAle era uscito, era andato in una birreria, era lunedì sera, le strade erano vuote, non c’era nessuno. Nel locale solo lui e la sua birra, una rivista di musica, il proprietario, due coppie e una piccola compagnia di ragazzi. Ale era seduto al bancone, fingeva di leggere la rivista ma non glie ne fregava nulla, la sua mente era da tutt’altra parte e lui avrebbe voluto scappare. In California, dove il suo amico Mario lo aspettava, dove c’era sempre festa, o da qualsiasi altra parte, ma non restare li, li non avrebbe mai trovato nulla. Ale beveva velocemente la birra, stringeva il bicchiere quasi volesse romperlo, era nervoso e avrebbe voluto rompere tutto. Ma Ale, come al solito, teneva tutto dentro, la rabbia, la malinconia, la voglia di scappare, le lacrime. Tutto in quel piccolo enorme guscio che era il cuore di Ale.Tante cose erano cambiate ed Ale pensava al passato, quando stava bene, quando, pur senza soldi, non gli mancava nulla. Quando suonava e un sacco di ragazzi e ragazze gli scrivevano e non lo facevano sentire mai solo, e si sentiva importante per qualcuno. Il meraviglioso linguaggio della musica che trasmetteva tutto in tre minuti e rincuorava chi ne aveva bisogno. Ora Ale aveva perso tutti i contatti di quelle persone. Tutti tranne uno. Quello più importante, quello di una persona speciale che lo aveva aiutato in un momento difficile e che Ale, seppur passati tre anni, non aveva dimenticato. Si era ricordato l’indirizzo e-mail e l’ aveva contattata, senza pretese, d’altronde dopo tre anni di silenzio, avrebbe avuto tutto il diritto di mandarlo a cagare…e invece il giorno dopo gli rispose, ed Ale sorrise davanti allo schermo del computer. Un sorriso sincero, spontaneo…quasi di commozione, perché a qualcuno era mancato.Queste semplici cose rasserenavano Ale, il semplice ricevere una mail, o uno squillo del telefono, un messaggio. Per sapere che qualcuno lo pensava. Qualcuno a cui Ale teneva molto. Piccoli gesti che rasserenavano il cuore. Piccoli gesti che lo distraevano dalle sue paranoie e dalle sue malinconie. Come quando stava con lei, ad Ale non occorreva uscire, non glie ne fregava niente perché lei lo pensava, lei c’era in qualsiasi momento, anche se erano a quattrocento chilometri di distanza, la sua voce lo faceva stare bene, si sentiva importante per lei e lei lo era per lui, tutto il resto, per Ale, non contava nulla. I problemi sul lavoro, gli amici, la famiglia, tutto era in secondo piano, anche se tutto questo cercava di intromettersi, e a volte, forse troppe, ci riusciva.