Pensare

Paolo e Francesca - Inferno Canto V


«Amor, ch'al cor gentil ratto s'apprende,prese costui de la bella personache mi fu tolta; e 'l modo ancor m'offende.                   Amor, ch'a nullo amato amar perdona,mi prese del costui piacer sì forte,che, come vedi, ancor non m'abbandona.                        Amor condusse noi ad una morte.Caina attende chi a vita ci spense».Queste parole da lor ci fuor porte.                           Quand'io intesi quell'anime offense,china' il viso, e tanto il tenni basso,fin che 'l poeta mi disse: «Che pense?».                      Quando rispuosi, cominciai: «Oh lasso,quanti dolci pensier, quanto disiomenò costoro al doloroso passo!».                             Poi mi rivolsi a loro e parla' io,e cominciai: «Francesca, i tuoi martìria lagrimar mi fanno tristo e pio.                             Ma dimmi: al tempo d'i dolci sospiri,a che e come concedette amoreche conosceste i dubbiosi disiri?».                           E quella a me: «Nessun maggior doloreche ricordarsi del tempo felicene la miseria; e ciò sa 'l tuo dottore.                       Ma s'a conoscer la prima radicedel nostro amor tu hai cotanto affetto,dirò come colui che piange e dice.                            Noi leggiavamo un giorno per dilettodi Lancialotto come amor lo strinse;soli eravamo e sanza alcun sospetto.                          Per più fïate li occhi ci sospinsequella lettura, e scolorocci il viso;ma solo un punto fu quel che ci vinse.                        Quando leggemmo il disïato risoesser basciato da cotanto amante,questi, che mai da me non fia diviso,                         la bocca mi basciò tutto tremante.Galeotto fu 'l libro e chi lo scrisse:quel giorno più non vi leggemmo avante».                      Mentre che l'uno spirto questo disse,l'altro piangëa; sì che di pietadeio venni men così com'io morisse.                             E caddi come corpo morto cade.