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Post N° 854

Post n°854 pubblicato il 15 Settembre 2007 da cgil3palermo
 

Ciccolella, la holding dei fiori che sfrutta i lavoratori
Sfruttati dalla multinazionale del fiore. Accade ai dipendenti del Gruppo Ciccolella, un marchio forse poco noto al grande pubblico ma che ha invece dimensioni ragguardevoli: costituisce il più importante polo europeo per la produzione di rose e il primo a livello mondiale per la coltivazione degli anthurium. Dal marzo 2006 il Gruppo è pure quotato in Borsa e dal suo sito Internet la Ciccolella Holding annuncia future espansioni. Ma i circa 600 lavoratori dei tre siti nazionali di Molfetta-Terlizzi (quello principale), Foggia e Melfi però non se la passano altrettanto bene.
Dietro la gentilezza e il profumo delle rose Abracadabra, Cherry girl e Lollipop (decine le varietà a disposizione), sotto la fragranza degli anthurium Champagne Antique, Lambada e Pistache, ci sono dei raccoglitori quasi-schiavi: retribuiti 30 euro per una giornata che arriva anche a 10 ore di lavoro, quando contrattualmente dovrebbero riceverne 53 lordi per 6 ore e mezza. Ma non basta, perché i fiori sono più gentili con gli uomini che con le donne, determinando una vera e propria discriminazione di genere, davvero odiosa: «Gli uomini vengono retribuiti con circa 35 euro al giorno - spiega Ivana Galli, della segreteria nazionale Flai Cgil - Le donne si devono accontentare di 26-28 euro». Ma non è che tutto questo risulti direttamente dalle buste paga, ovviamente: «Quando si fa il calcolo delle giornate, a parità di lavoro gli uomini si vedono riconosciute 20 giornate, e le donne solo 15», spiega la sindacalista.
E dire che il Gruppo Ciccolella è stato rigorosamente paritario all'atto della sua fondazione: informa il sito aziendale che fu «fondato negli anni '70, quando Paolo Ciccolella e sua moglie Maria Antonia, che fino ad allora si dedicavano alla coltura di ortaggi, trasformano la loro azienda agricola in una coltivazione di fiori recisi». Dai mitici Settanta ne è passata di acqua sotto i ponti e il piccolo commercio di fiori è diventato un vero miracolo economico, da Bari verso l'Europa e il mondo: «il più grande giardino del Mediterraneo», spiega orgogliosa la holding accogliendo il navigatore sul web. Oltre 30 ettari di serre concentrate nella provincia di Bari, il progetto di altri 38 in Basilicata e 10 in Calabria.
Che dire? In effetti i numeri incantano, ma il sindacato racconta ben altre realtà: «I problemi non riguardano solo il salario - continua la rappresentante Flai - Il fatto è che ormai da anni vengono inquadrati come stagionali lavoratori che a tutti gli effetti prestano la propria opera continuativamente su diversi cicli produttivi, e dunque coprono pressoché l'arco di un intero anno. Noi abbiamo chiesto all'azienda di avviare un percorso di stabilizzazione, ma finora non si è ottenuto nulla di concreto». In marzo il primo sciopero, dopo si è firmato un primo accordo, però disatteso. A fine luglio una nuova protesta, ma la proprietà questa volta si è rivolta alle forze dell'ordine e ha denunciato addirittura di aver subito minacce.
Se poi la giornata non è pagata come prescrive il contratto, non è che gli orari siano messi meglio: invece delle 6 ore e mezza previste, nella realtà oscillano dalle 7 ore e mezza alle 10. Tutti «straordinari» non retribuiti.
Insicuro, infine, il lavoro nelle serre: «Gli attrezzi - denuncia la Flai Cgil - non ricevono alcun tipo di manutenzione da anni, mancano le cassette di pronto soccorso e gli strumenti necessari contro gli infortuni. Di particolare gravità è il non rispetto delle norme circa il lavoro nelle serre: esiste infatti una legge che vieta l'ingresso nelle 24 ore successive all'irrorazione, ma alla Ciccolella i lavoratori sono costretti a rientrare anche subito dopo».

 
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