Creato da notnuke il 13/02/2011

4981

mondo incubo

 

capitolo 2 »

capitolo 1

Post n°1 pubblicato il 13 Febbraio 2011 da notnuke

 

Anno 49° dell’ 81ma legislatura del Terzo Direttorio

 

Era buio. Il mirino stava inquadrando una figura slanciata. Il dito accarezzava il grilletto pronto a far precipitare una pioggia di piombo sul Presidente.

Sdraiato sul tetto di un capannone industriale Nicom si preparava a dare l’addio al mondo: dopo l’attentato non ci sarebbe stato più nessun posto sicuro per lui. Sapeva di essere spacciato, ma non aveva paura.

Temeva solo il rimpianto di non poter più fare l’amore con la sua donna. Non l’avrebbe più rivista.

Si chiedeva in quel momento se lei lo avrebbe mai perdonato. Sentiva l’umidità della notte incipiente che stava penetrando nelle ossa.

Il Presidente e il Segretario sparirono dentro l’edificio.

Aveva perso il momento decisivo per far fuoco, un fremito di rabbia lo percorse: doveva attendere, non c’era niente altro da fare.

Una miriade di pensieri gli invase la mente.

Cosa stai cercando?

Cerco la verità!

Come se fosse facile!

Quante verità sei disposto ad accettare? Da questo dipende una possibile risposta.

Volevo ripulire il mondo da simili bestie. Ma certo non immaginavo prima di trovarmi qui di dover ricredermi su un mucchio di cose.

Tutto è apparenza, finzione, se vuoi arrivare alla verità devi ripulire, sminuzzare, scavare come una talpa. Nessuno ti regalerà informazioni veritiere a basso prezzo. Sarà un lungo lavoro di scavo. Tutto quello che ti hanno fatto credere non ha niente a che vedere con la Verità. Tutto finto. Tutto falso.

Trasalì un brivido di freddo lo scosse. Cacciò i pensieri molesti. Lo stavano mandando di nuovo in paranoia. Gli capitava di cortocircuitare con pensieri che si avviluppavano su se stessi. Gli capitava sempre più spesso da quando era stato ospite delle spietate attenzioni dei Servizi di Prevenzione e Sicurezza.

Qualcosa aveva mandato in tilt il suo sistema nervoso. Aveva perso il suo proverbiale sarcasmo. Aveva trovato la paranoia e un’idea fissa: eliminare il Presidente per giungere alla Verità.

Si piegò su un fianco e corse con la mano al taschino dove aveva del tabacco. Si fermò nonostante una irresistibile voglia di accendersi una sigaretta. La fiamma si sarebbe potuta vedere da lontano.

Era rassegnato a passare molte ore sul tetto al freddo: il Presidente non sarebbe uscito prima di qualche ora.

Aveva contato dieci guardie del corpo non sarebbe stato facile colpirlo e fuggire, ma d’altronde aveva già messo in conto che la fuga non era tra le opzioni credibili.

I satelliti lo avrebbero beccato nel giro di qualche manciata di minuti e le guardie lo avrebbero braccato.

Aveva solo una possibilità: non cadere vivo nelle loro mani.

Dopo l’esperienza che aveva subito nelle stanze della Sicurezza e Prevenzione, la morte gli sembrava la migliore delle prospettive possibili. Aveva preparato tutto con cura maniacale: una capsula di veleno e una pistola per essere certo di non mancare l’appuntamento con la Signora.

L’umidità della notte gli aveva regalato delle forti fitte alla schiena, il suo corpo era ormai delicatamente esposto ai dolori: il trattamento che aveva subito gli aveva lasciato delle cicatrici profonde nella psiche e la soglia di resistenza allo stress fisico era molto diminuita.

Si sentiva stanco e voleva finirla al più presto.

Improvvisamente un trambusto nel piazzale davanti all’entrata che aveva inghiottito il Presidente. Una macchina nera, probabilmente blindata, frenò davanti all’ingresso. Un faro piazzato su una delle macchine di scorta iniziò a scandagliare gli edifici intorno. C’era il rischio che lo individuassero e si appiattì più che poté sull’ondulato che copriva il padiglione. Fortunatamente aveva scelto con cura il posto sul quale appostarsi. Era circondato da tabelloni pubblicitari che lo occultavano. Però era meglio essere prudenti, gli agenti di scorta avrebbero potuto rilevare il movimento del corpo. Finalmente la luce si spense e per quindici minuti non accadde più niente.

Mosse con esasperante lentezza la carabina di precisione portandola alla spalla, avvicinò l’occhio al mirino telescopico che aveva due sistemi ottici per visione diurna e notturna.

Calibrò sulla visione notturna. E vide i riflessi verdastri di uomini che si muovevano con circospezione: segno evidente che stava per succedere qualcosa. Nicom aspettava l’uscita del Presidente e assaporava il momento in cui avrebbe tirato il grilletto. Accarezzò con l’indice il metallo freddo.

Un colpo di frusta gli fece provare una fitta lancinante dall’occhio destro al cervello: un fiotto di luce si scatenò abbagliandolo. Avevano illuminato a giorno tutto il piazzale.

Nicom era stato colto alla sprovvista, non si aspettava che ci fosse quell’immenso chiarore. Imprecò e cambiò la visione del mirino. Era abbacinato dal chiarore improvviso e non riusciva a vedere nulla. Dopo qualche secondo recuperò parzialmente la vista e riavvicinò l’occhio al visore. Dentro all’oculare vide nuovamente la figura slanciata: doveva essere Lui, il Presidente. Mirò alla testa. Prima di premere il grilletto spostò il mirino sulla figura dietro al Presidente, era il Segretario Generale del Governo, forse l’uomo più misterioso di tutto l’apparato burocratico del Direttorio. Si trattava di un personaggio di cui si sentiva parlare ma che non appariva mai nelle cerimonie ufficiali. Il suo lavoro si svolgeva rigorosamente a porte chiuse. Si vociferava che fosse il vero personaggio di potere. Anche se, esercitando nell’ombra non era facile decodificare il suo vero ruolo. Tutta quella segretezza però non faceva che confermare che si trattava di un personaggio ambiguo, infido e, probabilmente, dotato di un potere enorme e incontrollabile. Nicom aveva intuito durante le sue ricerche che si trattava forse del vero despota e gli venne l’idea di colpire ed eliminare per primo proprio il Segretario, la seconda raffica di colpi l’avrebbe indirizzata al Presidente che era tale solo di facciata. Era veramente indeciso sulla tattica da adottare. Per mesi non aveva fatto altro che elaborare il piano in funzione della eliminazione del Presidente, ora si rendeva conto che in una manciata di secondi doveva riaggiornare il suo piano. Non era affatto prudente cambiare obbiettivo prioritario all’ultimo momento, anzi era l’idea più stupida che gli stava frullando nel cervello. Alzò lentamente il mirino fino a inquadrare il viso del Segretario, ma appena vide il volto di quell’uomo tanto sconosciuto e tanto odiato fu invaso da un conato di vomito.

Nooo, non può essere vero!

Non può essere lui!

Un dolore forte come uno squarcio si fece strada nel suo petto, non credeva possibile quello che stava vedendo.

Un’imprecazione soffocata, poi emise un gemito e si afflosciò come se qualcuno lo avesse svuotato. Sgonfiato come un palloncino bucato.

La sua mente stava esclamando: “non è possibile, non lo posso uccidere. Maledetto mi hai ingannato, ci sono cascato come un povero idiota!”

 

 

 

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