50 copechi

Le zendraglie (Les entrailles)


«Ogni qualvolta una teoria ti sembra essere l’unica possibile, prendilo come un segno che non hai capitoné la teoria né il problema che si intendeva risolvere».(Karl Popper, Conoscenza oggettiva: un punto di vista evoluzionistico) Mi chiama il Cavaliere Scuro e mi comunica che l’appuntamento con Vulcano è sotto la statua di Salvo D’acquisto. Gli avvocati in Italia sono sotto scacco. Sembra che chi fa le Leggi scambi per assioma il cliché dell’avvocato che cerca di imbrogliare il giudice e spogliare il cliente. Solo così si spiegano offensive virali dai nomi obbrobriosi, mediaconciliazione, specializzazione, ordinamento professionale. Sfrutteremo il tempo di un pranzo per discutere di questioni e soluzioni. Sì, il foro è luogo di politica oltre che di dialettica espansa. Esibire parole è il nostro mestiere.Come al solito, ognuno porterà i suoi pensieri pronti a saltare fuori come grilli.Neanche il tempo di salutarci che Vulcano erutta la prima idea e io non mi trovo d’accordo neanche con la premessa: “Vi fidate di me?”Mette ai voti la proposta di andare a mangiare trippa in un posto incagliato nei vicoli di Napoli: Io accenno un ma titubato, il Cavaliere Scuro un sì alla cieca. Involontariamente rivolgo lo sguardo al monumento, ma Salvo non mi risponde e i due, in coro: “Qui tacet consentire parvet!”. 3 a 1, la maggioranza fa l’appetito.Tre avvocati in quel quartiere in abito d’ordinanza si notano come un drappo rosso nell’arena. Alla Pignasecca di Napoli, la folla è un realtà solida, insieme ai palazzi e le pietre del fondo stradale, si fende come un mare. Non importa se cravatta e borsa di cuoio non sono per curare ma per far ammalare, sempre “dottore” sei e allora cedendo o sopravanzando il passo l’intercalato -Dottò mi scusi, Dottò permesso, Dottò attenzione- ci accompagna a destinazione. Il luogo è angusto, dove c’è spazio c’è un tavolo. Ci accoglie una cameriera con voce dalla cadenza meccanica. Non faccio fatica a riconoscere l’accento, quella della terra dei miei avi. Irina è russa di Omsk, nel cuore della Siberia. Mi mette ilarità sentirla sciorinare prelibatezze partenopee fino a quando, ad un certo punto, tra un piatto e l’altro ne sussurra uno che è una reminiscenza diventata mito, per non essere mai stata soddisfatta: zuppa di carne cotta. La voglio. Vulcano merita ulteriore considerazione, voglio anche la trippa. Il tempo culinario si taglia in due, prima la preparazione, poi il consumo.“La gente pensa che la democrazia sia parte del panorama ma la democrazia è un bene prezioso e raro che rischiamo di perdere. Una distorsione del costume occulta l’essenziale, manca la critica della crisi di civiltà che ci sta divorando. Stiamo andando incontro a una dilatazione della forbice delle diseguaglianze”, attacca il Cavaliere Scuro. E Vulcano: “il valore del dubbio, dove lo mettiamo il valore del dubbio? L’uomo moderno ha un travaglio perenne, il dubbio è un elemento forte che si appoggia necessariamente come propensione critica a una certezza ed è per questo non si può invocare il dubbio perché mancano le certezze. La condizione è quella di chi non ha sicurezza ma senza poter esibire un dubbio elemento critico nei confronti di una certezza esibita”. Già, annuisco, ma non ci ho capito nulla. A cavarmi dall’impaccio arriva Irina e ci stende dinanzi un piatto piano, ampio, con la trippa adagiata su un letto di songino e pomodori, uniti in un convivio voluttuoso. Il piacere del gusto è un piacere tattile e sensuale, che mi restituisce radice e sguardo. E quando la zuppa di carne cotta è servita l’intimo viene fuori da una caverna, e parlare di se stessi diventa facile. Divento leggero. Sento la folla, la famosa folla partenopea, che scorre nella via. Un sangue che pulsa, vivo come la vita e denso come questo vino. Torno a una felicità ingenua. Quella della volta prima, delle primizie, quella di bambino. L’amico da amico mi consegna una pacca sulla spalla e io gli sorrido di gratitudine. L’amicizia è un dono se si avvera. Altrimenti non è niente.