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Il dio zitto


L'ha fatto di nuovo. Non so se se ne sia resa conto, ma l'ha fatto di nuovo.
Come lettrice sono perennemente in caccia di qualche rivelazione, la ricerca di un'illuminazione somministrata per via cartacea è un Hajj, il pelllegrinaggio a La Mecca del lettore profano. Sono andata in libreria e lui era lì, copertina glicine, titolo bianco, edizioni nottetempo, spesa sostenibile anche per le tasche più vessate (tre, dico tre, euro), Lidia Ravera.Quindi ho preso il dio zitto. Sono 20 pagine di saggezza, un racconto che somministra umanità e introspezione ed anche una strana forma di spiritualità, con tutta la buona volontà di farne a meno.Ma Lidia è così. L'ha fatto di nuovo. Ci ha mai disillusi su questo?Inutile far finta che la cosa non ti riguardi. Tutti muoiono. La solo faccenda che accomuni l'umanità. Forse pensi di tornare polvere o di ripresentarti subitamente su questa terra, così come ciclicamente torni al tuo ristorante preferito. Ma di certo, prima o poi ti tocca.Il racconto è delicato e dolce, amaro  e crudele, di sentimento ed ironia, a ricordarci, in quella lettura della durata di un tragitto in metropolitana, di attesa di cottura della pasta al forno, che non ci sono scuse per negarsi un momento il cui scopo non sia sempre e solo di distrarsi e dimenticare, ma anzi di fermarsi ed osservare. Dalla disamina, laconica, di poche immagini senza appello nè indulgenza, degli effetti dell'estinguersi della vita tra chi lo subisce e chi l'osserva, alla comparsa di Dio ("Dio mi è apparso davanti per la prima volta la notte scorsa. Aveva un aspetto terribile."), ogni pagina è una piccola epifania. Risparmiatevi tre caffè, un pacchetto di sigarette, una copia di Chi. La morte fa miracoli.