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armiamoci e partite!

Post n°54 pubblicato il 28 Agosto 2006 da il.dubbioso
 
Foto di il.dubbioso

Dopo settimane dense d’incertezza, dichiarazioni, smentite, ipotesi, ambizioni di comando, comandanti ambiziosi e governi recalcitranti, il “grande giorno” sembra davvero essere arrivato.
La prima missione (di guerra? Di pace?) del governo Prodi sta spiegando le vele in direzione del Libano dove dovrebbe giungere nella giornata di venerdì.

Questa notizia, la sommaria composizione della forza militare italiana deputata, almeno inizialmente, a costituire il nostro contributo alla forza d’interposizione che stazionerà in Libano sotto la bandiera dell’ONU e le prime stime dei costi della missione stessa sono in realtà le uniche certezze.

Si tratta di 5 navi con circa 2500 uomini (compresi 1500 marinai che costituiscono gli equipaggi) prevalentemente fanti di Marina del reggimento San Marco, ...

... 120 lagunari dell’esercito e un numero imprecisato di piloti di elicotteri e caccia AV8B con i loro mezzi, il tutto al comando dell’Ammiraglio Giuseppe De Giorni.

Un migliaio di uomini destinati dunque a prendere posizione in terra libanese nell’attesa che entro un paio di mesi possano essere integrati e sostituiti da altri commilitoni fino al raggiungimento delle 3000 unità previste.

La prima ipotesi di costo stimato parla di circa 65 milioni di euro il mese, cioè quasi 800 milioni di euro l’anno, un esborso certo non indifferente per un paese come l’Italia, la cui condizione economica disastrata è fra le peggiori d’Europa, se pensiamo che costituisce quasi la metà della cifra (2 miliardi di euro) che Tremonti nella scorsa finanziaria tagliò a regioni, province e comuni, suscitando polemiche e malcontento.

Concluso il breve elenco delle certezze non possiamo prescindere da quello di tutto ciò che certo non è, anzi in molti casi sembra profondamente restio a diventarlo.

La forza d’interposizione posta sotto la bandiera dell’ONU dovrebbe restare sotto comando francese fino a febbraio 2007 allorquando toccherà all’Italia assumerne le redini. Il numero dei militari partecipanti alla missione è sceso dai 15000 inizialmente previsti a circa 6900 dei quali 2000 francesi, 3000 italiani (quasi la metà dell’intero contingente) ed i restanti da dividersi fra altri paesi europei ed islamici ancora in fase di definizione.

I caschi blu non avranno il compito di disarmare gli Hezbollah ma quello di monitorare la cessazione delle ostilità e coadiuvare i militari libanesi nell’impedire l’ingresso di armi nel paese.
Potranno usare le armi in caso di minaccia o intento ostile (sarebbe stato parossistico immaginare dei soldati che si lascino sparare addosso senza reagire) e dovranno richiamarsi ai dettami della risoluzione 1701.

Anche se Prodi e buona parte degli uomini politici italiani si dicono soddisfatti dalla definizione delle regole d’ingaggio, appare evidente come le vaghe indicazioni contenute nella risoluzione 1701 lascino aperte una serie infinita d’interrogativi e perplessità.

L’Italia pur non trovandosi inizialmente sul ponte di comando mette sul campo quasi la metà dell’intero contingente e per forza di cose si assume in assoluto la maggiore responsabilità in seno ad una missione ad alto rischio che oltretutto non coordina personalmente.

La forza d’interposizione costituita quasi all’80% da soldati italo – francesi sarà in grado d’imporre in maniera equanime il rispetto della tregua anche di fronte a eventuali violazioni da ambo le parti? E nel caso che queste avvengano quale dovrà essere l’atteggiamento dei caschi blu? L’ipotesi di una reazione violenta nei confronti d’Israele sembra aliena anche alla più fervida fantasia, ma nel caso si scelga la semplice “osservazione” lo stesso metro andrà applicato anche nei confronti di Hezbollah e la funzione dei caschi blu si ridurrà a quella di spettatori oltretutto paganti.

A questo riguardo (fermo restando i 3000 soldati italiani il cui numero non è cambiato) sarebbe stata preferibile una forza di 15000 uomini il cui peso sarebbe risultato sicuramente maggiore. Per quale ragione gli altri Paesi, europei e non, si sono guardati bene dal profondersi in un contributo corposo ad una missione che viene spacciata come importante e da tutti condivisa? Paura? Opportunità? Egoismo? Lungimiranza?

I soldati ONU dovranno impedire l’importazione di armi ma la Siria ha già affermato a più riprese di non gradire ingerenze alle sue frontiere e un compito del genere si presenta quanto mai ostico, soprattutto in virtù del fatto che nessuna limitazione al riguardo viene imposta ad Israele.
In maniera analoga i caschi blu dovranno contribuire a creare nel sud del Libano una zona libera da personale armato (Hezbollah) ma non avranno alcun compito di questo genere in territorio israeliano a ridosso del confine.

In sostanza la missione dovrebbe tendere a preservare la sicurezza d’Israele, senza fare altrettanto per la sicurezza della popolazione libanese, stazionando oltretutto in un territorio a larga maggioranza sciita.

I presupposti per delle frizioni con la popolazione locale e con Hezbollah ci sono dunque tutti anche senza tener conto dell’eventualità che qualche soldato (spaventato o su di giri) manifesti la propensione ad avere il “grilletto facile”.

Al tempo stesso permane il timore (a pensar male troppo spesso ci si prende) che Israele possa “usare” la forza d’interposizione come oggetto di qualche attentato da attribuire ad Hezbollah, finalizzato a screditare le milizie sciite in occidente a proprio uso e consumo.

L’ennesima missione (di pace? Di guerra?) si presenta indubbiamente come la più ostica e complicata fra quelle sul tappeto.

In Libano non sarà possibile rinchiudersi dentro ad un fortino in un angolo dimenticato del paese come abbiamo fatto in Iraq, né tanto meno restare all’ombra dei soldati americani come in Afghanistan.

In Libano il rischio per i nostri soldati sarà enormemente maggiore, lo dimostra in maniera inequivocabile la scarsità dei nostri compagni di viaggio. Il fatto che quasi tutti si siano defilati o abbiano assunto posizioni di basso profilo avrebbe dovuto far riflettere tanto il governo quanto l’opposizione.

L’orgoglio e la ricerca della fama purtroppo sono spesso sirene che giocano brutti scherzi (il nostro passato è infarcito di esempi in merito) e anche Romano Prodi non ha saputo trattenersi dal gridare Armiamoci e Partite, sono partiti, forse è giunta l’ora d’iniziare davvero a preoccuparsi.

http://www.luogocomune.net

 
 
 

i 19 aviatori

Post n°53 pubblicato il 27 Agosto 2006 da il.dubbioso
 

La versione ufficiale

Quella che segue è una ricostruzione sommaria dei fatti che hanno portato i 19 dirottatori al loro appuntamento con le stragi dell’11 Settembre. E’ basata - come tutto il resto di questo lavoro - esclusivamente su informazioni diffuse dalle autorità americane (Dipartimento di Stato, Casa Bianca, Pentagono, CIA, FBI, ecc.), attraverso i media più importanti (Associated Press, New York Times, CNN, Washington Post, ecc.), e costituisce quindi, in tutto e per tutto, la “versione ufficiale dei fatti” .


La preparazione

Verso il 1996, per motivi a noi non noti (al di là di un presunto, generico odio per l’Occidente), Osama bin Laden inizia a progettare, insieme al suo braccio destro Khalid Shaikh Mohammed, quelli che passeranno alla storia come gli attentati dell’11 Settembre. E’ Kalid ad occuparsi sin dall’inizio dell’organizzazione e della logistica dei medesimi. L’idea è quella di sequestrare aerei commerciali e di usarli come bombe volanti contro luoghi altamente simbolici del sistema occidentale, come le Twin Towers di Manhattan, il Pentagono, o la stessa Casa Bianca.

Vengono scelti 20 volontari, votati alla morte, che vengono divisi in 4 gruppi di cinque. Di ciascun gruppo, uno di loro si addestrerà a manovrare aerei di linea di tipo commerciale. Gli altri quattro si occuperanno del sequestro vero e proprio, che avverrà con il solo aiuto di coltellini tascabili.

Sempre per motivi che non conosciamo, Osama preferisce non approfittare delle mille conoscenze di cui dispone in medio oriente (Pakistan, Afghanistan, Siria, ecc.), dove potrebbe far addestrare comodamente i suoi uomini su dei veri aerei di linea, ma li manda in America – dove fra l’altro rischiano di dare nell’occhio - ad addestrarsi su piccoli aerei da turismo.

 
Le scuole di volo

In effetti costoro non solo non passano inosservati, ma divengono il vero e proprio zimbello nelle varie scuole, per essere decisamente negati in materia di volo. Faticano ad ottenere una qualunque licenza, e mostrano anzi notevole imbarazzo una volta sedutisi ai comandi dei simulatori di veri aerei commerciali. D’altronde, sarebbe come addestrarsi sul barchino da pesca col fuoribordo, e poi pretendere di saltare ai comandi della Achille Lauro.

Ma il vero problema, rispetto a queste scuole di volo, e che almeno quattro dei futuri assi vengono addestrati direttamente nella base navale USA di Pensacola, mentre un quinto comparirà addirittura nei corsi tenuti nella base CIA di Monterey in california.

NOTA: Nel Luglio 2001, incurante del fatto che CIA, FBI e Interpol lo stessero cercando dappertutto, Osama Bin Laden si presenta in pieno giorno all’ospedale americano di Dubai, ufficialmente per dei problemi renali. E mentre a nessuno viene in mente di avvisare chi lo cerca, risulta che si sia invece incontrato - come riportato da Le Monde e mai smentito da nessuno -  proprio con degli agenti CIA, e più di una volta.

Nel frattempo, i 20 futuri martiri si stanno preparando per il loro appuntamento con la storia. Le istruzioni erano state chiarissime: dare il meno possibile nell’occhio, cercare di mescolarsi al tessuto sociale, evitare in ogni modo situazioni che possano portare ad un eventuale confronto con la legge. Nonostante ciò, molti di loro si fanno continuamente coinvolgere in litigi coi vicini, e vengono ripetutamente cacciati dai vari appartamenti in cui abitano. Mangiano e bevono inoltre usando quasi sempre la carta di credito, e si fanno vedere più di una volta a Las Vegas, dove vengono immediatamente notati per il solo fatto di essere musulmani (il gioco, l’alcohol e le donne sono rigorosamente proibiti dal Corano). Uno di loro riesce anche, tre sere prima degli attentati, a prendere una multa in autostrada per eccesso di velocità e guida con un solo faro. Anche lui fortunato, se la cava con una semplice multa, poichè il poliziotto che lo ha fermato non si accorge che il suo nome è fra quelli dei ricercati dall'FBI.

Nell’ Agosto 2001 Zacharias Massaoui, oggi considerato il “ventesimo” dirottatore, si rivolge ad una scuola di volo nei dintorni di Chicago, chiedendo anche lui di “impararare a maneggiare un aereo di linea, ma non necessariamemnte a decollare o atterrare”. Giustamente insospettito dalla richiesta, il responsabile della scuola avvisa l’FBI.

L’agente dell’FBI Coleen Rowley, che arresta Massaoui, capisce subito di aver a che fare con dei potenziali attentati, ed avvisa i suoi superiori. Ma questi non solo non fanno nulla per intervenire, ma le impediscono in tutti i modi di proseguire nelle indagini.


Rowley finirà poi sulla copertina di TIME Magazine (al centro) come “personaggio dell’anno”, per aver denunciato alla Commissione Senatoriale questi strani impedimenti. Assieme a lei compaiono le altre due "whistleblowers" di quell'anno di scandali, Cynthia Cooper, che ha denunciato il falsi in bilancio della World.com, e Sharon Watkins, che ha fatto lo stesso per la Enron. (Notevole il fatto che in un mondo tutto maschile - FBI e corporations - siano state tre donne a trovare il coraggio per fare ciò che hanno fatto).

Per riassumere, diciamo che i 19 insospettabili, giunti alla vigilia degli attentati, si sono lasciati per l'America una scia di indizi che avrebbe potuto essere ricostruita anche da un bambino di 10 anni. Il ventesimo, come già detto, è addiritturra già in prigione.

Qualche disguido, in verità, può essere attribuito al fatto che Kalid, che coordinava l’intera logistica da una cabina telefonica in Pakistan (per evitare di essere rintracciato), sfortunatamente non parla una parola di inglese. (Questo si venne a sapere quando scoprimmo che Kalid sarebbe stato anche l'assassino materiale di Daniel Pearl, il giornalista del Wall Street Journal ucciso in Pakistan nel 2002. I due infatti, dicevano i vari articoli, non hanno mai comunicato direttamente, "perchè Kalid non sa una parola di inglese").

Avremmo quindi un Osama bin Laden che mette l'operazione più importante della sua vita nelle mani di venti scapicollati, maldestri e disubbiedienti, e che poi fa gestire il tutto a distanza da una persona che non parla una sola parola di inglese. (Anche solo per informarsi su un normalissimo volo di linea…)


 
Il 10 Settembre

Di ciò che hanno fatto i 19 nel giorno precedente gli attentati, sappiamo abbastanza di una delle quattro cellule – quella capitanata dal “ring-leader” Mohamed Attà - ma quasi nulla delle altre tre. Si suppone però, per proprietà transitiva, che si siano comportate tutte più o meno nella stessa maniera.

Con una differenza: mentre gli altri tre gruppi avrebbero saggiamente dormito nella città di partenza, la mattina del 10 Settembre il gruppo di Attà, che già si trovava a Boston (sede di partenza del loro volo), si spezza in due. Tre di loro rimangono in città, mentre Attà e Alomari affittano una macchina e fanno improvvisamente rotta verso Portland, nel vicino Maine, a circa tre ore di distanza.

Qui non trovano di meglio che farsi “pizzicare” dalle varie telecamere (sotto) ad usare il Bancomat, a fare benzina, e a farsi un giro di shopping ai grandi magazzini.



Di certo se l'FBI avesse voluto disseminare delle prove del loro passaggio in quella città, non avrebbe saputo fare di meglio.

Dopo aver passato le ore serali - le ultime della loro vita - in questo modo perlomeno curioso, ai due resta appena il tempo di registrarsi in un motel, compiere le preparazioni di rito, ed andare a letto presto, poichè di buon’ora dovranno imbarcarsi su un volo locale che li riporterà a Boston, in coincidenza col fatidico AA-11 per los Angeles.

Questa famosa immagine - l'unica che sia mai circolata dei dirottatori ad un imbarco - si riferisce in realtà alla partenza di Attà e Alomari da Portland per Boston (il timecode segna le 5.45 del matttino), e non a quella del volo American poi schiantatosi nella Torre Nord.

Il che significa che in realtà non esiste nessuna immagine pubblica di nessuno dei 19 dirottatori, ripresi ad uno qualunque dei 4 imbarchi effettuati, nonostante sia impensabile che le autorità americane non abbiano in mano tutte le cassette di tutti gli imbarchi di tutti i voli di tutti gli aeroporti di quella mattina.

Perchè, allora, non mostrarne altre?


Progetto suicida


Guardando inoltre l'ora di imbarco, viene da domandarsi perchè mai i due abbiano compiuto questo viaggio, che li obbliga ora ad una coincidenza veramente risicata con il Boston-Los Angeles, mettendo a rischio la loro partecipazione all'intero progetto.

Ed in effetti la coincidenza risulterà talmente stretta, che mentre i due fanno appena in tempo a raggiungere i compagni sull’aereo della American, la valigia di Attà rimane clamorosamente a terra. Non solo, ma pur essendo regolarmente registrata fino a Los Angeles, non riparte affatto col volo successivo (come avviene di solito in casi simili), ma resta cocciutamente a girare sui nastri, tutta sola, finchè qualcuno la nota ed avvisa la polizia.

La valigia di Attà si trasforma così per gli investigatori in un prezioso vaso di pandora, dal quale escono:

Il testamento autografo di Mohamed Attà.
Il passaporto di Mohamed Attà.
Un foglio, in arabo, con le istruzioni dettagliate per le ultime 24 ore dei suicidi.
Alcuni manuali di volo del Boeing 767.
Divise di volo, che risulteranno poi rubate all'American Airlines.
 

Concludiamo notando due cose:

1 - Se Attà non avesse avuto la folle idea di fare quella puntata estemporanea a Portland, mettendo a rischio l’intera operazione, noi non avremmo mai saputo cosa conteneva la sua valigia, per poter risalire velocemente alla matrice degli attentati.

2 - Viene seriamente da dubitare dell'intelligenza di quest'uomo, il quale si porta appresso una valigia contenente svariati elementi che lo avrebbero inchiodato direttamente alla sedia elettrica, se solo fosse stato fermato dalla polizia - per un motivo  qualunque - prima di imbarcarsi per Los Angeles. (Come ti difendi infatti, nel pomeriggio dell'11 Settembre, con tutta quella roba in valigia, quando gli altri tre gruppi hanno appena portato a termine la loro parte di missione?)

Ricordiamo ancora che, per mettere a punto questo piano, gli attentatori avrebbero impiegato circa cinque anni.

http://www.luogocomune.net

sottolineate le parti più importanti.

il.dubbioso


 
 
 

stretto collegamento tra anti-depressivi e suicidi

Post n°52 pubblicato il 26 Agosto 2006 da il.dubbioso
 
Foto di il.dubbioso

i risultati di un nuovo studio del dott. Mark Olfson (Collegio di Medicina della Columbia University e New York State Psychiatric Institute) rafforzano le evidenze del rapporto fra tentati - e riusciti - suicidi di bambini e adolescenti ed il loro trattamento con antidepressivi. 

Il Dott. Mark Olfson, con il suo team, ha predisposto uno studio "case control", ovvero utilizzando i dati certificati dai centri di servizio medico, al fine di valutare il rischio di suicidi tra i giovani pazienti che hanno seguito una "procedura di scarico" (terapia di uscita) dopo l'ospedalizzazione per depressione. Lo studio ha utilizzato come criterio quello di misurare quei casi di tentato e riuscito suicidio che hanno precedentemente ricevuto o meno trattamenti antidepressivi di tipo farmacologico, unitamente ad una comparazione fra i vari livelli di gravità della malattia, al fine di tener conto anche di quella variabile. 

Tutti i casi di tentato e riuscito suicidio sono stati catalogati sulla base molteplici criteri di controllo: età, sesso, razza, residenza, data di uscita dall'ospedale, sostanze usate, eventuali precedenti tentativi di suicidio, e recenti trattamenti con farmaci psicotropi o antidepressivi. Il risultato dello studio ha evidenziato che nel periodo di tempo esaminato 263 (duecentosessantatre) tra bambini ed adolescenti hanno tentato il suicidio, e che esso è riuscito in 8 (otto) casi. 

Lo studio ha confermato come bambini ed adolescenti che avevano usato antidepressivi sono significativamente più soggetti a tentativi di suicidio di quelli che non ne hanno usati. Il rapporto sfavorevole è poi schiacciante se si esaminano solo i casi di suicidi riusciti, anche se il dott. Olfson avverte che occorrerebbe un ulteriore approfondimento statistico. «E' ora importante eseguire studi ambientali per esaminare le risultanze a lungo termine di questi fattori, incluse le relazioni temporali fra l'uso di antidepressivi ed i tentati suicidi per ogni paziente. Questi primi risultati tuttavia - dichiara Olfson - ci suggeriscono l'utilità di maggiori precauzioni e monitoraggi durante l'uso di tali sostanze su minori seriamente depressi».

Luca Poma, Portavoce nazionale di "Giù le Mani dai Bambini"® - prima campagna di farmacovigilanza in Italia - ha dichiarato: «questo studio, di una clinica universitaria autorevole come quella della Columbia University, non fa che confermare i ‘warning’ lanciati in Italia dal ns. ente. I produttori condizionano quotidianamente la ricerca, pubblicando solo gli studi favorevoli al profilo commerciale degli psicofarmaci, studi finanziati da loro: ogni qual volta la ricerca universitaria davvero indipendente si attiva, vengono evidenziati chissà perchè risultati esattamente opposti. L'utilizzo disinvolto di questi farmaci psicoattivi su bambini ed adolescenti è assolutamente da censurare: chi non lo fa e tace davanti a queste evidenze scientifiche si assumerà la responsabilità di questi suicidi e di ogni altro eventuale danno cagionato ai bambini italiani».

Fonte: Arch Gen Psychiatry (2006;63:865-872) – Traduzione ed editing a cura della redazione di "Giù le Mani dai Bambini"®
Per info media: portavoce@giulemanidaibambini.org - 337/415305
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il blog è nostro!

Post n°51 pubblicato il 24 Agosto 2006 da il.dubbioso
 
Tag: blog

ogni 25 post verrà riproposto questo messaggio per ricordarlo, e mostrarlo ai nuovi utenti che arrivano e (spero) restano nel nostro blog:

Tutti voi utenti potete mandare articoli di attualità scritti da voi stessi, ogni articolo che risulterà adatto sarà messo nel blog con la vostra firma.

piccoli accorgimenti: il blog non è di parte, e per ciò tutti gli articoli che incitano al razzismo, all'omofobia, ad una qualsiasi parte politica (contro tutta la politica è accettabile) non potranno mai essere pubblicati, gli articoli devono essere commentati da "lontano" senza scrivere chi ha ragione o chi ha torto, quello potrete successivamente aggiungerlo nei commenti.

Che aspettate? iniziate a scrivere, in più gli scrittori che reputeremo più bravi potranno diventare membri di Attualità scrivendo articoli senza la nostra moderazione.

il.dubbioso

 
 
 

attentato a londra made in hollywood?

Post n°49 pubblicato il 23 Agosto 2006 da il.dubbioso
 
Foto di il.dubbioso

19 agosto 2006 – Il grave allarme terrorismo scattato a Londra il 10 agosto, che ha paralizzato gran parte del traffico aereo europeo e internazionale, non era giustificato. Lo spiega l’ex agente della CIA Larry C. Johnson con un articolo del 17 agosto su “Noquarter”, dove afferma tra l’altro: “Non sono emerse prove di sorta che i cospiratori avessero con sé un prototipo funzionante dell’ordigno che volevano portare a bordo dell’aereo”.
Ci sono notizie stampa dal Pakistan secondo cui il pedinamento di uno dei cospiratori aveva rivelato che “i sospetti in Inghiterra avevano ottenuto almeno uno dei materiali per l’esplosivo, non lo avevano ancora preparato o mescolato”.

 

Johnson continua: “Lo ripetiamo, i cospiratori non avevano ancora preparato o mescolato il probabile esplosivo. Cosa ancor più importante, non disponevano di un prototipo di un carica esplosiva capace di superare le misure di controllo.A quanto si dice i cospiratori inglesi avevano perossido di idrogeno. Che impresa. Basta andare al negozio per acquistarlo. Il perossido di idrogeno non è un esplosivo, e non si può impiegare con facilità e sicurezza per farne dell’esplosivo. In secondo luogo non sono emerse prove sul fatto che il gruppo abbia effettivamente acquistato biglietti, o disponesse dei passaporti per salire a bordo di un aereo diretto negli USA. Come facevano a far saltare in aria aerei sui quali non potevano salire? Terzo, la polizia britannica cerca ancora alacremente le prove di cui ha bisogno per tenere quella gente in galera. Se il complotto era in fase tanto avanzata questo non costituirebbe affatto un problema. Se avessero avuto biglietti, passaporti ed esplosivi in mano allora si può dire ... allora si potrebbe parlare di gioco fatto”.

 

Anche Thoms C. Green, sulla pubblicazione inglese “The Register”, commentava lo stesso giorno che “Esplosivi liquidi binari appartengono al repertorio sexy dei thriller di Hollywood”. Per mescolare una quantità di TATP (triacetone triperossido, l’esplosivo che i sospetti terroristi avrebbero dovuto usare) occorre partire da un perossido di idrogeno nella giusta concentrazione, cosa molto rischiosa da ottenere. Poi arriva “la parte più spassosa”.
“Prendi il tuo perossido d’idrogeno, l’acido solforico, nelle quantità precise che occorrono, e mettili nelle bottiglie dei drinks, per contrabbadarli come si deve sull’aereo ... Non dimenticare di portare diversi pacchi gel (meglio se raffreddatori in styrofoam, accuratamente mascherati con la scritta “alimenti deperibili”), un termometro, un grosso contenitore, una stecca per mescolare e un contagocce...

 

“La cosa migliore è viaggiare in prima classe e ordinare Champagne. Il secchiello pieno di acqua gelata, che la compagnia aerea dovrebbe servirti, forse può andar bene, specialmente se hai portato quei pacchi gel ben freddi da aggiungere al ghiaccio, e gli isolatori di styrofoam (polistirolo espanso estruso), in modo da cominciare a cucinare senza che niente vada a fuoco...
“Quando poi l’aereo sarà sopra l’oceano, molto discretamente devi portare il tutto nella toilette. Forse ti conviene fare più viaggi, in modo da evitare di attrarre l’attenzione. Adesso che hai tutto lì metti il contenitore della miscela di perossido e acetone nel bagno d’acqua gelata (il secchiello dello champagne), e comincia ad aggiungere l’acido, goccia a goccia, e al contempo mescola molto attentamente. La miscela comincerà a riscaldarsi, e se si scalda molto otterrai un esplosivo troppo debole. Anzi, se si scalda troppo, provocherai un’esplosione prematura che forse basterà ad ammazzare solo te e nessun altro.
“Poche ore dopo ... avrai una quantità di TATP con cui portare a termine la tua missione. A quel punto tutto ciò che avrai bisogno di fare è lasciar asciugare il tutto per un’oretta o due”.

Operazioni “just in time”?
Sull’argomento, la newsletter “Strategic Alert dell’EIR” aveva commentato a caldo: “Il 10 agosto le autorità britanniche hanno annunciato l'arresto di 24 sospetti che avrebbero pianificato di far esplodere in volo diversi aerei di linea diretti negli Stati Uniti. ... Mentre sembra vera l'esistenza di una o più cellule terroristiche, l'operazione con cui è stato sventato il complotto presenta qualche anomalia, a cominciare dal momento in cui sono stati decisi gli arresti e il relativo chiasso massmediale.

 

L'indagine sulla cellula britannico-pakistana procedeva da oltre un anno, e cioè dalle bombe della metropolitana di Londra del 7 luglio 2005. L 'indagine è stata argomento di diverse discussioni tra Blair e Bush. I due leader sono rimasti in vacanza sebbene, stando a rapporti stampa indiani non confermati, il 6 agosto la polizia britannica avesse individuato la “prova generale” dell'attentato su un volo diretto a Boston. Se quanto riferito dovesse corrispondere al vero, non si capisce perché l'arresto sia avvenuto solo quattro giorni più tardi.
Resta solo il fatto che il contesto politico ed economico quattro giorni dopo era più propizio, giacché l'amministrazione Bush era stata colpita l'8 agosto dalla perdita del suo principale sostenitore in campo democratico, Joe Lieberman, la cui sconfitta elettorale è stata definita da Cheney un rafforzamento di Al Qaeda.

 

Anche Tony Blair deve fare i conti con l'opposizione interna al partito, e con più di 100 parlamentari laburisti che hanno chiesto una seduta straordinaria del parlamento sulla politica mediorientale del governo. Si fanno sempre più insistenti le voci di un imminente “golpe anti-Blair” dal suo rivale Gordon Brown.
Inoltre, sul fronte finanziario, è dimostrato che le ondate di notizie terroristiche offrono alla “Squadra di sicurezza” l'opportunità di iniettare liquidità sul mercato. Vi sono insomma diversi elementi che fanno pensare ad un'operazione antiterroristica “just in time”.

 

http://www.disinformazione.it

 
 
 
 
 

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