Fata Morgana ODV

Benvenuti a Vicenza


Benvenuti a Vicenza, la nostra città. Patrimonio dell'Unesco, terra del Palladio e dei magnagati.Città che nel suo territorio può vantare la bellezza di sei basi militari americane, per un totale di 1.326.000 metri quadri, senza considerare il progetto Dal Molin. Oggi è il 17 Febbraio. Oggi vediamo la nostra città con occhi diversi; gli occhi di una comunità giovane ma che ha già superato molte prove; di un movimento trasversale che vuole opporsi alla costruzione della nuova base americana al Dal Molin. Che reclama diritto di espressione e sovranità sul proprio territorio.Il concentramento è alle due, si parte dalla stazione dei treni. Da qui passavano i convogli, nel 2002, carichi di mezzi militari per la guerra in Iraq; qui è nato il Trainstopping, movimento di resistenza dal basso di chi si oppone alla guerra.Quando Prodi dalla Romania ha dato il suo ok alla base, l'abbiamo occupata in 5 mila, bloccando il traffico per due ore. La testa regge uno striscione che porta a chiare lettere le responsabilità di chi ci ha imposto la decisione, ma dà allo stesso tempo un messaggio positivo: "Il futuro è nelle nostre mani. Giunta Hullweck, governo Prodi, vergogna!". Sono state fatte anche le magliette, che in squisito linguaggio locale recitano: -governo luamaro!-Proseguiamo ora con il corteo, verso via Napoli, viale Milano e via Torino; negli anni ottanta questo quartiere grigio e trafficato era considerato d'elite. Oggi è una delle zone calde della città, classificata dai media come la via Anelli vicentina. La concentrazione di migranti è alta; migranti che spesso scappano da situazioni di povertà, di conflitto, lo stesso contro cui noi ora stiamo sfilando. Migranti che finiscono nei Cpt, il carcere preventivo, la militarizzazione come negazione dei diritti. La battaglia contro il Dal Molin passa anche di qui.Proseguiamo per viale Mazzini; alla vostra sinistra, signori, un obbrobrioso fabbricato di mattoni, ancora in costruzione; è il Nuovo teatro di Vicenza, fortemente voluto dal sindaco Hullweck; un cantiere gestito in maniera poco trasparente, a spese degli operai che vi lavoravano; posti di lavoro persi, che l'amministrazione comunale, committente diretto dell'opera, non ha difeso, mentre ora viene sbandierata la tutela dei posti di lavoro degli italiani dentro alla Ederle come forma di ricatto.Al posto di questo muro una volta sorgeva Ya Basta!, il centro sociale di Vicenza, l'unico spazio di aggregazione giovanile in città, abbattuto per far posto ad un opera d'elite. Una parte di chi lotta contro il Dal Molin viene da quell'esperienza e oggi va a far parte del variegato movimento che ha saputo unire addirittura Casarini e Variati.Più avanti, la cosiddetta zona banche, il potentato economico della città; l'ambasciatore Spogli la sua visita a Vicenza l'ha fatta, è chiaro, per incontrarsi con questo mondo, parlando il linguaggio degli schei, che non necessita traduzioni; Vicenza venduta da soggetti come Calearo, della Popolare Vicentina, per garantirsi la diminuzione dei dazi sull'import/export orafo. Calearo che tuona in difesa dei posti di lavoro della Ederle e poi mette in mobilità i suoi dipendenti della Finmeccanica, perché deve delocalizzare. Il movimento contro il Dal Molin chiede di boicottare la Popolare Vicentina; ritiriamo i conti, scriviamo lettere di protesta, non vogliamo essere complici di questo scempio.Proseguendo lungo Viale d'Alviano, sfioriamo solamente l'imboccatura di via S. Antonino; addentrandosi per un chilometro si è già al Dal Molin. Poco dopo, c'è il presidio permanente, che da un mese sperimenta nuove forme di democrazia e di impegno sul territorio.Tiriamo dritto oggi perché la via è strettissima, rischierebbe di essere un imbuto per i migliaia di manifestanti sopraggiunti. Possiamo immaginare cosa significherà l'aumento di traffico legato alla base per questa zona; il decollare degli F16 praticamente sui tetti delle case.Negli Stati uniti le basi per legge sorgono ad almeno 50 chilometri dall'abitato.Ci dirigiamo ora verso l'ospedale di Vicenza; pochi giorni fa la Console Deborah Graze vi si è recata in visita, sventolando i dollaroni sonanti con i primari dei reparti che più le interessano; da tempo gli americani richiedono più spazio all'interno dell'ospedale, soprattutto nei reparti di ostetricia e di psichiatria, per curare i soldati che tornano dalla guerra e soffrono di sindrome da shock post-traumatico. La guerra fa male e forse gli Usa l'hanno capito da prima di noi, riservando dei programmi speciali di cura per i loro soldati.Di fronte all'ospedale sorge il complesso del seminario vescovile; il mondo cattolico vicentino, normalmente sonnacchioso, è oggi in piazza, con un atto di ribellione rispetto alle temperate parole del vescovo Nosiglia, che suggerisce dalle pagine dei quotidiani locali di porgere l'altra guancia, già che la decisione è presa, e di lavorare per l'armonia. Ma qui ai Ponzi Pilati si preferiscono personaggi allegri e schierati come Zanotelli; più di mille i cittadini ad applaudirlo di fronte alle sue richieste alla Chiesa di avere il coraggio di schierarsi contro la guerra.Sfiliamo ora, pacificamente ma in maniera determinata, lungo corso Padova; svoltando verso lo stadio siamo a un passo dalla Ederle. Una gigantesca base in mezzo alle case; una zona verde usurpata ai cittadini sulla base di un conflitto che ha cessato di esistere da quasi vent'anni. Al momento la caserma è quasi vuota; due settimane fa 1400 soldati sono partiti in missione per l'Iraq. Dalla larga distanza dall'aeroporto si capisce progetto del Dal Molin non è il raddoppio di una base esistente ma una base Usa ex novo.Seguiamo ora il percorso che si snoda per Viale Margherita; qui vicino sorge l'Università di Vicenza, piccolo polo di quella padovana, una delle più antiche e prestigiose università del mondo. Nonostante ciò il sindaco ha barattato l'area verde del Dal Molin con un college statunitense, sventolandola come una grande conquista, quando da anni le università di Verona e Padova chiedono di estendersi sul territorio cittadino.In direzione opposta, lungo la riviera berica, un paesino piccolo come Longare, che ospita il site Pluto: deposito americano, contestato sin dagli anni ottanta per la supposta presenza di armi nucleari, non è dato di sapere cosa contenga; si sa solo che da poco è tornato in attività, collateralmente al si del governo.Noi proseguiamo invece verso Campo Marzio, dove l'happening finale avrà i contenuti e le parole d'ordine di una comunità che trova la sua forza in una lotta che è giusta; lo fa attraverso le dirette dal presidio di radio No Dal Molin, 92.6, che ci accompagna lungo tutto il corteo; lo fa facendo parlare dal palco le rappresentanti, perché questa è una lotta che ha visto le donne in prima fila, dei comitati di cittadini che hanno riconsegnato le loro tessere elettorali perché non si sentono più rappresentati dal ceto politico locale e nazionale; invitando sul palco un rappresentante di Peace and Justice: anche negli Stati uniti c'è chi lotta contro la politica di Bush, e non si tratta di antiamericanismo. Da questo palco, messaggi chiari: la nostra città preferisce il sole, ma sa scatenare tempeste. Non diciamo "Non ci ruberete il futuro". Perché lo sappiamo: "Il futuro è già nostro". Lo è adesso, nella moltitudine che ha attraversato il presidio e si è data da fare perché il corteo riuscisse; in chi oggi è venuto a condividere la nostra battaglia. Lo sarà nel momento in cui andremo, se necessario, a bloccare le ruspe.Chiudiamo questa magnifica giornata con uno dei nostri, ormai famosi, conti alla rovescia; l'urlo finale è liberatorio, lungo, e sembra dire ciò che tutti pensiamo: resisteremo un minuto di più.Cinzia Bottone e Martina Vultaggio