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L'ITALIA DEGLI IPOCRITI !

Post n°9 pubblicato il 26 Giugno 2009 da bonzotibetano

È MORTO MICHAEL JACKSON, UN PEDOFILO IN MENO

E' MORTO MR. JACKSON ...

TUTTI  A PIANGERE LA ROCK STAR,  CHE PENA !

PIETOSI, IPOCRITI E MI FERMO QUI !

PIANGONO UNA STAR CHE NEMMENO CONOSCONO, PERSONA DISCUTIBILE DA VIVA, UOMO CHE HA RINNEGATO LA SUA RAZZA ED IL SUO COLORE, "UOMO" CHE HA VERSATO DECINE DI MILIONI DI EURO PER EVITARE UN PROCESSO PER PEDOFILIA, STAR CHE SEBBENE AVESSE INTROITI MILIONARI NON RIUSCIVA A COLMARE I DEBITI, IL SUO UNICO IMPEGNO SOCIALE ERA COSTRUIRE UNA FANTASILAND NELLA SUA TENUTA !

IL MIO DISGUSTO E' INCOMMENSURABILE ... TUTTI A PARLARNE, VIVIAMO DEL RESTO IN UN MONDO DI VIP ! SI PARLA SOLO DI STAR, VELINE E PAPI ...

IERI SON BRUCIATI VIVI A MODENA MADRE E FIGLIOLETTO DI 2 ANNI, SUICIDIO ANNUNCIATO; DONNA SOLA, CON DISAGI SOCIALI ED ECONOMICI, UN LUNARIO DA SBARCARE SENZA REDDITO FISSO. AVEVA PRESENTATO DOMANDA AGLI ASSISTENTI SOCIALI ... L'APPUNTAMENTO ORA RISULTA FOSSE PER I PROSSIMI GIORNI ... SI SA ... POVERINI ERANO OBERATI DI LAVORO ...

BEH DI QUESTA TRAGEDIA CHE CI TOCCA DA VICINO E PURTROPPO NON UNICA, NESSUNO HA SPESO UNA PAROLA !

NESSUNA PAROLA ANCHE PER IL RAGAZZO A CUI HANNO SPARATO IN UN CAMPO DI CALCETTO A CROTONE, EVIDENTEMENTE NON ERANO ABBASTANZA VIP PER GLI ITALIANI MEDI, NON ATTIRAN L'ATTENZIONE DI NESSUNO, FIGLI DI UN DIO MINORE ...

FATE SCHIFO ! VOI E LA VOSTRA IPOCRISIA ... MUORE DI FAME IL VICINO DI CASA E TUTTI A PENSARE AL PROSSIMO DEL PROSSIMO DEL PROSSIMO O A DISCUTIBILI PERSONAGGI FAMOSI !

L'AZIONE MALTHUSIANA E' L'UNICA VIA PERCORRIBILE PER SANARE QUESTO STATO DI DISVALORI ED IPOCRISIA !

CON INFINITO ODIO

BONZO

 

 
 
 

UN 270BIS NON SI NEGA A NESSUNO

Post n°8 pubblicato il 22 Giugno 2009 da bonzotibetano


Un 270 bis non si nega a nessuno

Storia della legislazione repressiva in Italia

 



Nota introduttiva di Miguel Martinez

 

Questo articolo dell'avvocato Giuseppe Pelazza è tratto dalla rivista Rosso XXI.

In questa breve storia della legislazione in Italia finalizzata a reprimere il dissenso politico, Giuseppe Pelazza sottolinea due elementi che pochi conoscono:

     

  • Si ha un progressivo inasprimento lungo tutta la storia, per cui le leggi attuali sono in realtà molto più repressive di quanto lo fossero sotto il fascismo;

     

  • Il meccanismo principale di inasprimento consiste nell'introduzione di leggi speciali per situazioni di "emergenza", che non vengono mai abrogati quando termina l'emergenza stessa.

    Si consiglia di leggere anche l'articolo "La guerra del diritto", che estende l'analisi al periodo successivo all'11 settembre 2001.

    Di Giuseppe Pelazza abbiamo pubblicato anche l'articolo "Qualcuno odia la nostra libertà... e non è Osama bin Laden".

    Per affrontare l�argomento del delitto di �associazione con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell�ordine democratico� (art. 270 bis del codice penale), e del suo utilizzo, può essere interessante svolgere qualche riferimento storico.

    Senza addentrarsi in una dettagliata ricostruzione del succedersi di svariate normative e del dibattito giurisprudenziale della fine del milleottocento (non ne sarei in grado), si può ricordare come i diversi governi della Destra e della Sinistra preferirono, per un certo tempo, condurre la lotta alle associazioni politiche �sovversive� al di fuori di qualsiasi controllo giurisdizionale, privilegiando i collaudati strumenti dei decreti di scioglimento, del domicilio coatto, dei divieti di dimostrazione e delle ammonizioni, avvalendosi, poi, del prevalere dell�orientamento giurisprudenziale che assimilò le associazioni internazionaliste alle associazioni a delinquere.

    Significative, a questo proposito, sono, nella loro brutale connotazione di classe, le parole della Corte di Cassazione di Roma (sent. 16 Febbraio 1880, ric. Bensi):

    �� l�unica questione che sorge è quella di vedere se un�associazione così detta internazionalista, avente capi e composta di gente appartenente alle infime classi sociali, organizzata a solo oggetto di attuare con atti esteriori di violenza le sue sovversive idee contro le persone e la proprietà, eccitando all�assassinio e allo spoglio degli abbienti, possa definirsi una innocua riunione di uomini intenti a discutere problemi sociali o invece debba reputarsi una vera associazione di malfattori ai termini dell�art. 426 e 429 del Codice Penale�E se un�associazione appellata internazionalista non segua con calma il suo preteso apostolato, ma con fatti di violenza eccita alla strage ed allo spoglio, non può darsi ad essa altra denominazione che quella di cui all�art. 426 del codice penale�Essa deve essere punita come reato di per sé stante in ogni governo, qualunque sia la forma, a ragione del pericolo sociale che emerge dal solo fatto della sua costituzione�.
    Peraltro il codice Zanardelli del 1899, nel prevedere, successivamente, la specifica ipotesi di �associazione a scopo sedizioso� (art. 251), stabiliva: per i partecipanti, una pena � da 6 a 18 mesi � che oggi appare, possiamo dire, invidiabile.

    Lasciando da parte gli approfondimenti della questione se la produzione normativa del periodo fascista sia connotata � nel suo complesso � da discontinuità, rispetto al periodo precedente, ovvero ne rappresenti un coerente sviluppo, possiamo ricordare che il delitto di associazione sovversiva (l�ancora attualissimo art. 270 cod. pen.), introdotto con il Codice Rocco, e teso, a colpire comunisti, socialisti, massimalisti ed anarchici, trovava il suo precedente immediato nell�art. 4, commi 1 e 2 della legge 25 novembre 1926 n. 2008, sulla difesa dello Stato, che puniva la ricostruzione e la partecipazione alle associazioni e ai partiti disciolti a norma delle leggi precedenti.

    Correttamente, pertanto, nel primo dopoguerra, alcune sentenze della Corte di Cassazione (ad esempio Cass. 22 marzo 1950, Mazzoni) ritennero che l�art. 270 era stato abrogato dal Decreto luogotenenziale 27 febbraio 1944 n. 159 che, appunto, aveva statuito l�abrogazione di tutte le norme emanate a tutela delle istituzioni e degli organi politici creati dal fascismo. Ma tale atteggiamento mutò subito, e il delitto di associazione sovversiva, con le sue successive �filiazioni�, è rimasto strumento centrale della repressione, nonostante gli evidenti aspetti di incostituzionalità su cui si sono soffermati numerosi, autorevoli, studiosi.

 
 
 

IO NON SCORDO

Post n°7 pubblicato il 17 Giugno 2009 da bonzotibetano

 
 
 

Francesco presente

Post n°5 pubblicato il 10 Giugno 2009 da bonzotibetano

In ricordo di Francesco Cecchin

Siamo nel maggio del 1979 e la tensione nella zona di Roma Est è piuttosto alta a causa delle continue provocazioni perpetrate da aderenti al PCI ai danni di militanti del Fronte della Gioventù e delle loro sezioni. Ai primi del mese questi “attivisti” comunisti compiono un attentato incendiario contro la sede del MSI – FDG di Viale Somalia 5, seguito poi da numerose azioni di disturbo della normale attività del Fronte della Gioventù, condite da minacce varie ed atteggiamenti aggressivi. In tutti questi episodi viene notata la presenza di una Fiat 850 bianca, che risulterà poi fondamentale nel seguito della vicenda. La sera del 28 maggio, intorno alle ore 20.00, quattro ragazzi del F.d.G., tra cui Francesco Cecchin, si recano in Piazza Vescovio per affiggere manifesti. Vengono però subito notati da un gruppo di militanti della sezione del PCI di Via Monterotondo, che danno inizio alla sistematica copertura di tali manifesti. Un giovane cerca di impedire la provocazione, ma viene circondato da una ventina di attivisti del PCI, capeggiati da Sante Moretti, già coinvolto in numerosi episodi di violenza contro il circolo del F.d.G. di via Migiurtinia e divenuto poi sindacalista. Costui, dopo aver allontanato bruscamente un agente di PS in borghese chiamato ad intervenire (“…lo so che sei un agente di PS ma non me ne frega niente…”), si rivolge ai ragazzi del Fronte con affermazioni del tono “…vi abbiamo fatto chiudere Via Migiurtinia, vi faremo chiudere anche Viale Somalia…”. Alla fine, rivolgendosi a Francesco, lo apostrofa così: “TU STAI ATTENTO, CHE SE POI MI INCAZZO TI POTRESTI FARE MALE!”. Inoltre lo stesso Moretti, al tentativo dei giovani del Fronte di avvertire la polizia, si rivolgeva ai suoi compagni dicendo: “Non vi preoccupate compagni, ho già avvertito il dott. Scalì (commissario di zona). E’ tutto a posto”.
La stessa sera, intorno alla mezzanotte, Francesco esce di casa (Via Monte delle Gioie) insieme alla sorella per fare una passeggiata fino a Via Montebuono, dove un suo amico lavora in un ristorante. Non trovandolo, torna sui suoi passi fino a Piazza Vescovio.
Verso le 24.15, mentre i due ragazzi sono fermi davanti all’edicola di Piazza Vescovio, spunta una Fiat 850 bianca, che compie una brusca frenata davanti a loro. Dall’auto scende un uomo, che urla all’indirizzo di Francesco: “…E’ lui, è lui, prendetelo!”. Intuendo il pericolo e probabilmente riconoscendo l’aggressore, Francesco fa allontanare la sorella e corre in direzione di via Montebuono, inseguito dagli occupanti della macchina che nel frattempo il guidatore aveva spostato all’imboccatura della stessa via Montebuono.
La sorella intanto si getta vanamente al loro inseguimento urlando: “Francesco, Francesco!”. Le sue grida vengono udite da un giovane che, sceso in strada, nota un uomo darsi alla fuga verso via Monterotondo, dove sale su una Fiat 850 bianca, che si allontana velocemente. Dopo aver telefonato alla polizia, il giovane viene raggiunto da un inquilino dello stabile di via Montebuono 5, che lo informa della presenza, sul suo terrazzo sottostante di cinque metri il piano stradale, di un ragazzo che giace esanime al suolo. Il giovane, giunto sul posto, riconosce in quel ragazzo il suo amico Francesco Cecchin.
Il corpo è in posizione supina ad una distanza di circa un metro e mezzo dalla base del muro e perde sangue da una tempia e dal naso. Nella mano sinistra ha ancora un mazzo di chiavi di cui una, che spunta dalle dita, è storta; in quella destra c’è un pacchetto di sigarette.
Tra i giornali del 29 maggio solo il Tempo e il Messaggero riportano la notizia. La versione dei fatti fornita dalla stampa è quella dell’incidente, della tragica fatalità. Uguale versione viene diffusa dalla RAI.
A questo punto, mentre sarebbe stato lecito attendersi immediate indagini da parte delle forze dell’ordine, si assiste invece all’affrettarsi di tutti a liquidare l’accaduto come un incidente. Secondo alcuni Francesco, “impaurito”, avrebbe scavalcato il muretto del cortile senza rendersi conto che al di sotto ci fosse un salto di cinque metri. Altri, come il commissario Scalì, hanno addirittura negato che vi fosse stata una colluttazione tra il giovane e i suoi aggressori. Sia la stampa di regime che “gli inquirenti” hanno fin dall’inizio cercato di far passare l’ipotesi dell’incidente.
Apparendo questa visione sospetta, mentre alcuni militanti del Fronte della gioventù vegliano Francesco in coma, altri, a fronte dell’assoluta e scandalosa inerzia delle forze dell’ordine, cominciano a fare indagini private, che portano a scoperte molto interessanti: innanzitutto si viene a sapere che Francesco conosceva molto bene quel palazzo e il suo cortile, in quanto lì abitava un suo amico. Inoltre risulta alquanto strano che il corpo sia stato trovato in posizione supina anziché riversa, tipica di chi si lancia. In secondo luogo gli arti non presentavano fratture, inevitabili quando si effettua un salto volontario da una simile altezza. L’ipotesi che Francesco sia stato gettato di peso viene inoltre avvalorata da altri due particolari: il trauma cranico, sintomo che il peso dell’impatto al suolo si è scaricato tutto sulla testa, e il fatto che questa si trovi più vicina al muro rispetto ai piedi.
La chiave piegata tra le dita di una mano e il pacchetto di sigarette nell’altra sono una prova ulteriore del fatto che gli aggressori hanno gettato il corpo di Francesco, già esanime, al di là del muretto che delimita il terrazzo: chi pensa di lanciarsi oltre un ostacolo cerca, infatti, di avere le mani libere.
Che prima di questo tragico epilogo ci sia stata una violenta colluttazione è dimostrato dalla chiave piegata rinvenuta tra le dita di Francesco, sicuramente usata come arma di difesa contro i suoi assassini.
Anche le ferite e lesioni riscontrate su tutto il corpo (echimosi e graffi sulle braccia e sul collo, ematoma all’occhio sinistro, spappolamento della milza), confermano la tesi dell’aggressione, essendo queste di natura traumatica e riconducibili a colpi ben assestati da persone esperte, da professionisti della violenza.
A rendere inconfutabili queste tesi, altri due importanti elementi: le tracce di sangue trovate tra il cancello e gli scalini vicini al parapetto del cortile, lunghe alcuni metri fino al bordo del muretto (indice che il corpo di Francesco è stato prima trascinato e poi sollevato di peso a causa degli scalini), e la dichiarazione resa da alcuni testimoni, che affermano di aver udito “LE GRIDA DEL RAGAZZO, POI ALCUNI ATTIMI DI SILENZIO… E INFINE UN FORTE TONFO NON ACCOMPAGNATO DA ALCUN GRIDO”. Risulta difficile credere che una persona possa gettarsi spontaneamente giù da un muro alto cinque metri senza emettere il minimo suono.
Il 16 giugno, dopo diciannove giorni di coma, Francesco muore. Da allora negligenza, indifferenza, omertà. Nessun colpevole è mai stato condannato per questo crimine: l’unico imputato, l’attivista comunista Marozza, fu, infatti, assolto. La sentenza parlò di “omicidio volontario ad opera di ignoti” e di “omissione di atti d’ufficio” per tutti gli inquirenti che non svolsero indagini: c’è stato un assassinio dunque, e di esso si sono resi complici coloro che avrebbero dovuto fare giustizia e non l’hanno fatto.
La nostra storia si è arricchita di un altro delitto impunito. Ma noi non abbiamo perso la speranza che sia fatta finalmente giustizia. L’importante è non dimenticare. Mai.

 
“…Quella notte la tua vita finiva… il tuo cuore non batteva più. Il tuo braccio non si sarebbe più levato verso il cielo, i tuoi occhi non avrebbero più brillato, la tua voce non avrebbe più gridato…
Ma ora siamo qui noi… saremo i tuoi occhi che guardano il mondo, saremo il tuo braccio, saremo la tua voce… Saremo te!…”

16 giugno 1979 / 16 giugno 2009 - Francesco Cecchin: PRESENTE!!!

 
 
 

confronto Adinolfi-Morucci

Post n°3 pubblicato il 07 Giugno 2009 da bonzotibetano

Venerdì 5 giugno 2009 Giovani e Politica: A chi appartiene il domani? (Adinolfi-Morucci)L’AVGVSTOoggi vuole offrire un arricchimento culturale a tutti i giovani, diqualsiasi colore politico, che fanno o si interessano di politica.Attraverso la testimonianza di due personaggi “scomodi”, che ad essahanno dedicato la vita. Con l’ambizione di contribuire all’abbattimentodegli steccati ideologici e degli inutili odi di parte, che non fannoaltro che rafforzare il consenso della “casta” che ci governa. Chiunqueabbia idee e coraggio raccolga la sfida!


Giovani e Politica: A chi appartiene il domani?


Come definirebbe a larghi tratti il mondo che ci circonda?


Morucci: Sull’orlo dell’abisso. Un punto ottimo per cercare nuove strade. Se l’abisso è il Nullada cui siamo sempre fuggiti inventandoci mille storie, ora quellestorie sono finite. Tanto vale buttarsi. Anche se abbiamo tutti pauracome il Sundance Kid meglio affrontarla una volta per tutte. Senzainventarci una qualche nuova ri-velazione. Il velo va tolto. Qualsiasi cosa ci sia dietro.

Adinolfi: La società europea vive un periodo di profonda trasformazione, processo che i Greci chiamavano crisis.Ne uscirà sicuramente in qualche modo, ma al momento c’è unaconvergenza di fattori che attestano una chiara predominanza dipatologie. Ne elenco alcuni tra i principali: eccesso di ricchezza e dinutrimento; cultura viziata, individualistica, consumatrice, infarcitadal reclamo indefesso di pretesi diritti che ci sarebbero dovuti;ipnosi permanente di quella che venne definita “società dellospettacolo” ma che si è intanto trasformata in “spettacolo della società”;disgregazione delle relazioni comunicazionali tra la gente;divaricazione accentuata tra fasce sociali; invecchiamento biologico;sterilità demografica; nevrosi ideologica che si rispecchia tanto neiriferimenti culturali quanto nel modo di vivere la religione, al tempostesso sempre più biblico e americano; disperazione intesa nel senso dimancanza di sogno e di speranza.
Non ha radici né assi portanti: è la schiuma di un’onda che attende il riflusso.
Esistono però fattori promettenti; la modifica chiara e netta dei rapporti di forza internazionali – dovuta al declino della Superpotenza americanache da sempre incarna la decadenza e l’incoltura – sta aprendoprospettive geopolitiche e culturali nuove. Queste prospettive possonorisultare foriere di rinascenze per l’afflusso di sangue barbaro e perla realizzazione di nuovi equilibri di potenza (in ambo i casi pensoall’est del Continente).
L’imbarbarimento culturale, poi, sta ancheproducendo sani anticorpi di diffidenza verso le ideologie, verso iprofessorini della morale e del politicamente corretto.
L’unione di queste componenti, se accompagnata da una rinata fierezza identitaria e imperiale (che è l’opposto d’imperialistica) può lasciar bene sperare.

Di chi e di cosa è figlio? Quali sono le sue radici e i suoi assi portanti?

Morucci:Dall’inizio o da un po’ più in là? Provo a dire in breve come la vedo.Viene dal fuoco di Prometeo, incautamente dato agli uomini, che nonsarebbero stati in grado di dominarlo. Dicevano gli Dèi. Poi però ilDio della Bibbia degli ebrei ha assegnato a quegli stessi uomini ildominio sulla Terra, pesci uccelli e tutto il creato. Tagliamo un po’ earriviamo al punto in cui il fuoco ha finalmente partorito. Vapore,pressione, movimento meccanico. È la Rivoluzione industriale.Ora c’erano gli strumenti per realizzare al meglio quel dominio. Mavengono da un capitale, cioè denaro investito per trarne profittoattraverso la creazione di merci. Se non c’è profitto non è capitale, esenza capitale non c’è produzione. È un meccanismo che, in quanto tale,non può avere un’etica. Devetravolgere ogni ostacolo, piegare ogni forza contraria. Umana o anchedivina. Quel vapore ha sprigionato una violenza inaudita. Non umana.

Dice il mio maestro Mario Tronti:«La grandezza del capitalismo è che su questi eventi terribili perl’uomo ha costruito il progresso della società umana. La miseria del capitalismo è che su questo progresso sociale ha impiantato la forma più perfetta di dominio totale sull’essere umano, il potere liberamente accettato».

Adinolfi: Di chi è figlia la società che attraversa questa crisis? Potremmo dire che lo è della piovra multinazionale,quella che i vincitori della Seconda Guerra Mondiale hanno messo allagestione economica, finanziaria, criminale e culturale del mondo“decolonizzato”, ma sarebbe insufficiente. Essa è nipote delle ideologie teologiche,oligarchiche e razzistiche fondate su concetti come “Terra Promessa” o“Popolo eletto” alimentate da titanismi uniformanti che sono eredidiretti del loro genitore guelfo. Ma soprattutto direi di cosa èorfana: è orfana del padre perché si è voluto uccidere questa figura, e non solo questa società è orfana ma è una transgender castrata perché da tempo immemore vive di un incantesimo svirilizzante. Ma gli incantesimi hanno sempre una fine.

Come si è avvicinato alla politica? Più per una fascinazione o dopo una meditata analisi?

Adinolfi: Sono stato attratto sin da piccolo dalla politica, intesa come avventura rivoluzionaria; seguivo da piccolissimo Castro, Lumumba, Ciombé, Benbella, L’Oas, De Gaulle, i mercenari in Africa, l’epopea tragica dei Watussi. Inoltre ero in sintonia con la generazione del rock e del beat, ero fanatico dei Beatles e affascinato dall’On the Road. Passai alla politica attiva a quattordici anni, per il Sessantotto.

Morucci:Non erano quelli anni in cui si faceva alcunché per analisi. Eravamotroppo compressi, troppo inesistenti, inconsiderati. E avevamo ormai ilrock e il rhythm and Bluesnel sangue. Ma comunque, francamente, mi deprimerei a pensare chequalcuno si butti nella mischia dopo ‘meditata analisi’. Il problemasarebbe perché ci si butta. Il fascino, dici. Sì anche il fascino.Dell’esserci, dell’esistere ma anche dell’uscire dal branco,del non accettare supinamente un destino già segnato. Dell’esserediverso, speciale, insomma. E non è ancora politica, viene prima. È carattere, è forse l’essere uomini:impossibilitati a restare fermi perché non hanno una nicchia ecologica:fare vedere cercare. C’è sempre qualcosa di meglio da scoprire. Quindisi è insofferenti verso chi vuole tenere fermi, chi dice che quello incui sei è il migliore dei mondi possibili. Poi vengono le paroledell’azione, la Politica. E la Politica è, da più o meno un paio disecoli, impedire che il destino annunciato dalla infinita, quantoferoce, potenza sprigionata da quel vapore si realizzasse a pieno.Dirottarla, mitigarla, umanizzarla, accelerarla o rallentarla. Suquesto ci si è sempre scontrati.

L’ideache si ha comunemente oggi della gioventù degli Anni di Piombo è quelladi una generazione che ha fallito, rovinatasi in una triste spirale diviolenza. Per Lei quella gioventù ha fallito? Se sì, perché?

Morucci: Se è per questo i benpensanti ritengono che sia stata una iattura anche il ‘68.
Pochihanno capito che è stata l’ultima possibilità offerta a questa societàdi ripensare se stessa. Confondono ciò che è stato poi, o ciò verso cuiè stato dirottato, con ciò che rappresentava. Non era un movimentopolitico. Come movimento politico è stato una tragedia. Unariproposizione modernizzata, nei migliori dei casi, delle anticagliedel movimento comunista: l’economia politica, i ‘bisogni delle masse’,il salario, l’avanguardia e tutti questi ferri vecchi. Gli operai dellaFIAT scuotevano la fabbrica in corteo brandendo cartelli con su scritto‘W la Fica’. Erano più avanti di noi, lì con il Capitalenon ci si arrivava. Ma prima, prima della Politica anche noi eravamolì. La vita, la gioia, la ricchezza di sé, non del frigorifero Zoppas. Antimaterialista, antieconomicista,antiautoritario. Per la libertà dal dominio degli oggetti, per lajeffersoniana ricerca delle felicità ora che era possibile il benesserenella ‘società opulenta’. Noi da lì venivamo, poi la Politica comeideologia ci ha persi. E chi di noi è arrivato alla lotta armata ha fallitoperché è andato fino al fondo di una strada che andava indietro anzichéavanti. Gli altri, quelli delle seconda ondata scaturita dal movimentodel ‘77, hanno seguito un’altra strada. Ma di questo, che è la parteche più dovrebbe interessarvi, andrebbe fatto un discorso a parte. Eraquella una ripresa del ‘68, Libertà non Potere, per dirla in dueparole, ma agita da un diverso soggetto. Direttamente coinvolto. Piùconcreto/creativo e molto più incazzato.

Adinolfi:Ci è stata consegnata un’immagine falsata di allora e lo si è fattoperché in troppi hanno voluto nascondere anche a se stessi le proprieresponsabilità. Tra giornalisti, scrittori, uomini di spettacolo,centinaia e centinaia di uomini e di donne illustri spinserochiaramente ed esplicitamente la gioventù a impugnare le armi; e poiquei miserabili apprendisti stregoni rigettarono la paternità di quelloche avevano messo al mondo.
La lotta armata non fu, come si vorrebbefar credere oggi, il frutto di una minoranza paranoica e delirante;tutta una propaganda letteraria, cinematografica e televisivaincentrata sul “tirannicidio”, sul dovere di rivolta e sul modellopartigiano dell’azione nell’ombra e del colpo alle spalle costruì l’humusper la lotta armata; la stessa lotta armata in favore della qualeattori e uomini di cultura pubblicarono addirittura un manifesto.Purtroppo allora i partigiani erano ancora attivi e nel fiore deglianni e il loro modello fu così ripreso con i risultati che tutti noiconosciamo. Che si poteva pretendere, del resto, da un’Italia il cuiPresidente della Repubblica, Sandro Pertini, decorava di medaglia d’oroquel Bentivegna autore della strage di via Rasella che causò le FosseArdeatine? Il terrorismo è stato istigato e “nobilitato” da decenni di partigianeria istituzionalizzata.
Cisi scorda poi sempre di dire che la lotta armata fu sì l’effetto di unaparanoia e di un’influenza culturale criminale ma anche quello di una disperazione.
Ladisperazione si spiega nel grande equivoco del ‘68. Si ritiene spesso,sbagliando, e lo si ritenne sbagliando anche allora, che il ‘68 sia stato l’inizio di un processo rivoluzionario quando in realtà segnò la fine di una solare, ridente, positiva, rivolta generazionale iniziata dieci anni prima nel filone del rock: una rivolta composita e piena di ogni genere di componenti. Quando cercò di politicizzarsi essa fallì. Lo ha spiegato bene Cohn Béndit,il leader del Sessantotto francese; vent’anni dopo affermò: «Sapevamoperfettamente contro cosa ci battevamo ma non sapevamo perché, ericorremmo ai modelli già pronti che ci sembravano alternativi, ma che erano inefficaci e perdenti».
Laforza organizzativa, quasi militare, delle opposizioni di sinistra finìcosì coll’irrigimentare la rivolta e con il lottizzarla; la spinse inchiesette in cui si esaurì e si abbrutì. La speranza divenne cinismoper alcuni (che oggi hanno fatto carriera soprattutto nei media) e disperazione per altri che passarono chi all’eroina chi alla lotta armata.
Manon fu quella generazione a fallire, essa fu, semmai, la testimoneattiva e tragica di un fallimento che affonda nella nostra storia adalmeno tre decenni prima della lotta armata.
In Italia, unico tra ipaesi sviluppati, abbiamo patito dal 1945 in poi una classe dirigenteche non ha mai amato il suo popolo e la sua terra e che ha sempre datoesempi pessimi e giocato allo sfascio. Quella classe dirigente, così come faceva Saturno con i suoi figli, fagocitò anche quella gioventù ma, benché vittoriosa, fallita e fallimentare fu proprio essa.
Dobbiamopoi tener conto di una cosa; si parla sempre del terrorismo e dellalotta armata perché la tragedia, il dramma e il sangue fannospettacolo. Ma quella generazione, sotto ogni bandiera, produsse anchetante cose diverse come il sostegno reale a fasce disadattate quali isenza tetto o la gente di borgata ed espresse laboratori politici eculturali anche importanti e interessanti, oltre a produrre una serieinfinita di scelte esistenziali notevoli e fuori dal gregge. Ma nello“spettacolo della politica” queste cose contano poco, il sangue fa piùcassetta.

Perun giovane che senso ha avvicinarsi alla politica oggi? Come e qualesarebbe un’azione politica in grado di cambiare realmente le cose?

Morucci:Qui mi state chiedendo un po’ troppo. E poi io sono fuori dall’azionediretta. Lavoro e penso sui retroscena, sull’origine delle cose. Presada qui posso dire che oggi potrebbe avere più sensodi allora. Perché oggi quei percorsi che si mangiavano la coda sonostati bruciati dalla nostra esperienza. Oggi sarebbe forse possibilepensare alla politica non come progetto palingenetico, ma come attività concretadi cittadinanza. Solo partendo dalla concretezza, dallo scambio direttoall’interno di una sovranità popolare determinata localmente, puòessere possibile fissare e rinsaldare un ordine di priorità in grado didare un altro senso alla nostra presenza sulla terra. Finora il senso èstato dato dall’Economia comerisposta al bisogno. Tutti gli scontri, tutte le apparenti palingenesiin contrasto tra loro, si sono mosse entro questi confini. Cioè suimodi e tempi di quella risposta. Oggi che l’Economia sta regredendo conferocia, tenendo a freno la capacità produttiva e la diffusione dellatecnologia per mantenere il profitto, siamo al punto in cui la si può superare.Anzi dobbiamo. Non ci è più utile. Se prima ci spingeva oggi ci frena.È il momento in cui è possibile darsi nuove priorità. Ma è ovviamenteun trauma. Dobbiamo uscire dal conosciuto, dalla sicurezzache dà un sistema di vita – di riferimenti identità valore di sé –comunque consolidato per affrontare l’ignoto. L’abisso di cui allaprima risposta.

Adinolfi:Il discorso sarebbe lungo e complesso. Per farla breve diciamo che oggiè improponibile (ma forse lo era anche quarant’anni fa) una soluzioneimmediata e diretta.
Si possono fare cose molto significative però,sia sul piano culturale che su quello artistico che su quellosimbolico; andando a formare nuove élites e al contempo a rivitalizzare il sociale.
Seai tempi della “contestazione” esistevano uno stato d’animocoinvolgente e un fascino d’avventura, oggi tra i giovani prevale laricerca d’identità, di appartenenza e di significanza.
Pertanto la soluzione più in linea con i tempi ritengo che debba unire il senso comunitario e la pratica del volontariato (vero, non retribuito...). Il tutto legato a una volontà di potenza e a un gusto di sfida; ambo gli ingredienti sono indispensabili per opporsi alla castrazione di cui parlavo prima.

Qualisono stati i testi che l’hanno formata ed ispirata politicamente? Equali e perché, invece, quelli che ritiene imprescindibili per unmilitante di oggi?

Adinolfi:Non amo mai proporre la “biblioteca del militante”; la lettura a mioavviso deve accompagnarsi alla vita e non precederla; ma neppureseguirla. Deve andare di pari passo e, pertanto, muta a seconda deipercorsi e delle esigenze del momento che in ciascuno di noi varianocontinuamente. L’unico libro universale – ma non è politico – per meresta Così parlò Zarathustra.

Morucci:Quelli del passato sono i ‘classici’ del romanzo. Più americani cheeuropei. Più vitali. Quelli imprescindibili oggi? Tanti. A caso: Jünger, Trattato del ribelle; Marcuse, L’uomo a una dimensione; F. Saba Sardi, Dominio: Potere, Religione, Guerra; come summa di divulgazione filosofica, per non passare dagli originali, U. Garimberti, Psiche e Techne. L’uomo nell’età della tecnica (Heidegger, Jaspers, etc); M. Tronti, Tramonto della politica; Ortega y Gasset, La ribellione delle masse; Z. Bauman, Il disagio della postmodernità.Ma ce ne sono troppi altri. Quello che ho scoperto però è che se si vaal senso delle cose, mettendo da parte gli ingannevoli aspettifenomenologici, si trovano più facilmente sintonie, e illuminazioni,tra libri apparentemente distanti. Comunque sia l’importante è metterecome ultimo libro Elogio dell’errore di Pino Aprile, tanto per riabbassare un po’ le penne.

Quali sono i luoghi comuni e gli steccati ideologici che vanno superati e come?

Adinolfi: Tutti. Ridendo.

Morucci: Uno dei luoghi comuni potrebbe essere che i fascisti sono reazionari e i comunisti progressisti. Nei fatti il Fascismo è stato progressista, cioè ha sviluppato industria e agricoltura, non certo meno che il Comunismo in URSS, per dire. Mentre i nostri comunisti sono stati perlopiù reazionari, politicamente e culturalmente.Politicamente hanno difeso una classe operaia, e il suo corrispondentesistema industriale, tipo la siderurgia, anche quando questo è statoostacolo allo sviluppo. Culturalmente erano più bigotti dei preti. Moralisti, bacchettoni. Sul divorzio sono stati tirati per i capelli dai radicali. Etc etc.

Esiste oggi un partito o movimento che rispecchia il suo ideale di azione politica?

Morucci: Temo proprio di no.

Adinolfi:Nella trasformazione che stiamo vivendo è cambiato il ruolo dellapolitica e stanno mutando i ruoli e le componenti dei partiti. Questiultimi sono orami divenuti dei luoghi di congiunzione tra masse eoligarchie, tra gruppi di potere e consumatori. Sono degli strumenti dimarketing e di sottopotere.Non ha alcun senso provare a riconoscersi in un partito politico e menche meno volercisi riconoscere; ma neppure ha senso rigettarli consdegno come “traditori”: sono un’espressione dello scenario attuale ecome tali vanno riconosciuti.
Chi voglia fare politica, o anche solo cultura o interventismo sociale, deve comprendere che i luoghi della politica sono ovunquee che i partiti si limitano a provare a rappresentarne e a lottizzarneuna parte. Ragion per cui, a meno di perseguire una carriera inquell’ambito, si deve superare lo schema partitico senza lasciarsi abbindolare però da tentazioni “antagonistiche” del tutto eteree e risibili o da extraparlamentarismi datati e patetici.
Un movimentismo aperto e costruttivo,partecipativo, aperto e trans-partitico è quello che l’epoca richiede,e mi pare che s’inizi a comprendere, di sicuro lo ha capito CasaPound.Questo modello decolla e trova sinergia se insieme ad altri soggettis’ispira e si orienta ad un Centro Studi serio e moderno, che producenon tesi intellettuali e ideologiche ma analisti e professionisti diprimo livello, parlo di quello che la politica oggi definisce –rigorosamente in inglese – think tank.
Si tratta di un sistema di forze, autonomo e autocentratoche può benissimo avere rapporti preferenziali con un partito come conpiù partiti, ma potrebbe anche essere del tutto estraneo a questogenere di realtà. Perché il partito oggi ha assunto un ruolo tattico;non solo non è più l’espressione di un’identità o di un’idea-forza manon ha più neppure un ruolo strategico.
Aggiungo che chiunque,perché deluso dalla mancanza di rappresentatività ad opera dei partitiprincipali, cerchi di tenere in vita una miniatura di partitoidentitario inseguendo proustianamente un modello tramontato da tempofa una caricatura di seduta spiritica.
La soluzione per chi non siriconosce nei partiti dominanti non è quella di auspicare la crescitadi un partito inattuale ma di fare altre cose; che abbiano un senso eun’anima.

A chi appartiene il domani?

Morucci:A chi non agisce pensando a ieri. A chi non cerca soluzioni entro ilquadro dato dal ‘900. A chi non ha paura di abbandonare unarassicurante sopravvivenza da suddito per affrontare una travagliataesistenza da cittadino.

Adinolfi: Lo sapremo solo vivendo. In ogni caso a chi recupererà gioia, ingenuità e volontà di potenza.
 

 
 
 

Infame vile attentato a casa pound Bo

Post n°1 pubblicato il 07 Giugno 2009 da bonzotibetano

Bologna, 4 giugno 2009 - Incendio doloso alla sededi Casapound Bologna. Il fuoco e’ stato appiccato questa notte, dopo le4.30, alla porticina di legno esterna: all’interno della sede, che sitrova in piazza di porta Castiglione, c’erano il leader di CasapoundAlessandro Vigliani e la sua fidanzata, incinta di quattro mesi.Nessuno dei due e’ rimasto ferito: Vigliani infatti si e’ accortosubito del fuoco, ha gettato sulle fiamme un secchio d’acqua e poi idue si sono calati dalla finestra: la ragazza, forse a causa del fumorespirato, e’ stata portata al S.Orsola e i medici le hanno dato unaprognosi di sei giorni. A dare l’allarme alla Polizia e’ stato lostesso Vigliani, che ha chiamato il 113 alle 4.50: il 30enne aquell’ora si e’ alzato per andare a bere in cucina e, dalla finestra,ha visto una luce all’esterno.


Sapendo che la lampadina fuori era rotta, Vigliani hasubito pensato a un cortocircuito: invece, hanno poi scoperto gliinquirenti, qualcuno ha volontariamente appiccato il fuoco alla portaesterna di legno. Sul pianerottolo davanti alla porta di legno,infatti, sono stati trovati scampoli di stoffa e i resti di una tanicadi plastica che, dicono gli inquirenti, presumibilmente contenevaliquido infiammabile.
I danni sono limitati alla porta di legno, alla facciata esterna e allatettoia in plexiglas che sta sopra la porta. Le fiamme sono statespente dagli agenti del 113 che, appena arrivati sul posto, hannoutilizzato gli estintori a disposizione sulle volanti, oltre a un tubodell’acqua trovato nel giardino.
Poco dopo sono arrivati anche i Vigili del fuoco.

Quando Vigliani si e’ reso conto delle fiamme chedivampavano all’esterno il fumo stava gia’ cominciando a entrare nelpiccolo appartamento: lui e la sua ragazza, per fuggire, hannoutilizzato una scaletta. Lui si e’ calato per primo e poi ha aiutato ascendere lei. Lo stanzino di Casapound si trova al piano rialzato el’ingresso esterno affaccia su un’area verde: ci si arriva percorrendoun vialetto che parte da piazza di porta Castiglione. Gli inquirenti,che hanno effettuato un sopralluogo insieme alla Digos, hanno pero’ricostruito che i piromani non sono passati dal vialetto principale masono arrivati dai giardini Margherita. Hanno tagliato prima larecinzione dei giardini e poi quella del cortile privato che separa ilparco pubblico dall’area dove si trova Casapound.

“Questa mattina intorno alle 5 l’infamia dei soliti ha colpito ancora”, recita una nota di Casapound che ricostruisce i fatti.
Ma “non vogliamo dare troppo spazio alle azioni di quattro codardi chenon meritano nessun rispetto. Vorrebbero portarci sul piano delloscontro, sul piano della vigliaccheria rispondendo dente per dente aquesta azione. Nelle cose che facciamo ci mettiamo la faccia e serisposta ci sara’ sicuramente potranno guardarci negli occhi perche’non e’ nostra abitudine tramare nell’ombra”, dice Casapound. “Voglionointimidirci. Vogliono metterci paura e continuare con questi metodimafiosi ma se pensano di farlo si sbagliano di grosso”, avverteVigliani. “Pur attentando alle nostre vite, come hanno fatto in questocaso, non possono metterci paura”. Ma si chiede: “Fino a quando sifara’ finta di non vedere in questa citta’ e si lascera’ a personaggicoperti da ombre istituzionali di agire? A questo punto ci aspettiamola solidarieta’ da tutte le forze politiche”.





Un proletario sotto attacco dell'idiozia

Per fortuna Giorgia è una di quelle donne che in gravidanza dorme poco. In questo caso non è stata una telefonata ma la ricorrente voglia di fare pipì a salvare la vita a lei, al "creaturo" che porta in grembo (Giorgia è napoletana) e ad Alex, il suo ragazzo, uno fin troppo sveglio. Alex è il controverso capo di Casa Pound Bologna. Un precario che, come tanti compagni dei centri sociali, dormono "in sede". Così erano svegli ieri mattina alle 5 quando qualche disgraziato – incurante che la luce accesa segnalasse la presenza di persone - ha depositato davanti alla porta del circolo, nei pressi di porta Santo Stefano, una tanica di benzina da 5 litri, circondata da una stoffa imbevuta di liquido infiammabile per fare da esca e le ha dato fuoco. Il fumo denso e nero della pensilina di plastica in fiamme ha invaso subito i locali. Alex, che di lavoro saltuario fa l'addetto alla security, non si è perso d'animo. Ha cercato di spegnere le fiamme che scendevano dall'alto, poi quando si è accorto che non ce la faceva a fermarle, ha aiutato la ragazza a uscire da una finestrella posteriore, ha svegliato i vicini per paura che le fiamme dilagassero e poi si è messo a fare il pompiere, riuscendo a limitare i danni.
E' un personaggio interessante, Alex, e controverso. Lo stesso pm che lo ha indagato per una storia di un pestaggio razziale, nel quadro di una più ampia indagine sulle violenze da stadio e dintorni di una ciurma di skin ultrà bolognesi, ne tratteggia la complessa personalità: una giovanile militanza a sinistra nei ranghi degli sharp poi il passaggio dall'altra sponda ma mantenendo comunque un legame profondo con la cultura della strada e dell'appartenenza proletaria. Quando un paio di mesi fa, nel corso della campagna scatenata da un centro sociale bolognese per la chiusura di Casa Pound (iniziativa contestata da una significativa fetta della compagneria in nome di precise istanze libertarie), si era trovato coinvolto in una rissa in cui aveva avuto fisicamente la peggio per il numero prevalente degli avversari, si era rifiutato di denunciare i compagni (delicatezza non ricambiata). In quegli stessi giorni è assunto, sotto mentite spoglie, agli onori della cronaca internazionale. Ha incarnato lui, frusinate dallo spiccato accento ciociaro, il trasgender aspirante suora della geniale beffa ideata da uno dei creativi più scatenati di casa Pound, Massimo Carletti, il Primo aprile, per mettere alla berlina il clericalismo di ritorno del Pd. Una beffa che a me sembrava una plateale puttanata ma in cui era cascata perfino la prudentissima Ansa.
Alex, nonostante la rude scorza, non ha molta voglia di parlare. Ma ci pensa il suo capo, Gianluca Iannone a chiamare in causa Cofferati, che della linea dura sulla sicurezza a 360° ha fatto un cavallo di battaglia della sua amministrazione: “A Bologna è in atto da ormai un anno un continuo attacco alla nostra associazione. Attacchi verbali, con aggressioni, intimidazioni, danneggiamenti vari ed ora anche gli attentati incendiari. Il tutto nell'assoluto e colpevole silenzio delle istituzioni.
Sappiamo bene che chi perpetua queste politiche di stampo mafioso gode dell'appoggio istituzionale di rappresentanti cittadini e di quartiere. Tutto ciò non può essere più tollerato".
“Chiediamo - conclude Iannone - che le istituzioni bolognesi, con il sindaco uscente in testa ed i candidati in corsa per la poltrona, prendano posizione immediata di condanna e diano fattiva prova di solidarietà recandosi a vedere con propri occhi il risultato della politica attuata da chi concepisce l'infamità e la vigliaccheria come stile di vita”
U.M. TASSINARI

 
 
 
 
 

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