CASTEL GANDOLFO (ROMA) - Secondo uno studio effettuato dall'Iref, l'istituto di ricerca delle Associazioni cristiane dei lavoratori italiani, presentato oggi a Castel Gandolfo in occasione della giornata d'apertura del 44esimo Incontro nazionale di studi delle Acli. E' di 356 euro al giorno la differenza tra lo stipendio medio di un dirigente e il salario di un operaio. Secondo i curatori del rapporto, che hanno utilizzato dati dell'Istat e dell'Inps, in Italia la retribuzione media e' di 82 euro al giorno. Un operaio, tuttavia, si mette in tasca un salario giornaliero di 16 euro inferiore alla media nazionale, mentre un dirigente guadagna ogni giorno 340 euro più della media. Tra questi due estremi si posizionano i quadri 111 euro al di sopra della media) e gli impiegati (6 euro in più). Sono dati che mettono in evidenza una divaricazione eccessiva delle retribuzioni - spiega il presidente delle Acli, Andrea Olivero -: una differenza che non può non essere presa in considerazione in queste ore in cui si discute di sacrifici per il Paese. Ancora una volta la questione delle retribuzioni si rivela cruciale, non solo per esigenze di giustizia e di coesione sociale, ma per oggettive ragioni economiche. Restituire risorse ai lavoratori e alle famiglie del ceto medio e' l'unico modo per garantire la tenuta dei consumi e il rilancio del Paese. Nella manovra economica occorre ripristinare il contributo di solidarietà e la patrimoniale sui grandi beni immobiliari.
Le differenze salariali non sono l'unico problema causato da ciò che le Acli chiamano "lavoro scomposto" e a cui e' dedicato il convegno di quest'anno, a cui hanno partecipato, in questa prima giornata, anche il presidente della Caritas, monsignor Giuseppe Merisi, l'assessore della Regione Lazio al Lavoro e alle Politiche sociali, Mariella Zezza, e l'assessore della Provincia di Roma per le Politiche sociali e per la famiglia, Claudio Cecchini. Il lavoro e' scomposto perché fatica a trovare il suo significato sociale, perché e' afflitto da una crescente precarietà, perché e' uno dei fattori che subisce maggiormente gli effetti della crisi. Ma le Acli sottolineano che la preoccupante situazione del mondo del lavoro non e' determinata esclusivamente dalla congiuntura economica e invitano a non dimenticare i ritardi storici del sistema produttivo italiano.
Olivero, tuttavia, crede che i rischi siano "aggravati da una congiuntura politica che appare con tratti di particolare debolezza". "Ciò emerge con chiarezza - continua il presidente delle Acli - nella vicenda travagliata della manovra finanziaria, una manovra imposta dai mercati e dai partner europei. E' un vizio originario che matura dal ritardo della politica e dall'arroganza di un mercato finanziario che ha provocato la crisi e che ne impone i costi agli Stati, ovvero ai cittadini".