TREGENDA

La farfalla di ferro


 Serena notte mi disse Ivan, voltandosi verso la finestra per scorgere oltre la tenda le prime luci del mattino.Serena notte a te risposi io a quel piccolo soldato di piombo, col suo fucile diagonale, consapevole che il buio, avrebbe solo accentuato le mie percezioni, impedendomi di dormire. Ero al mio posto come al solito, tra le due penne a sfera simmetricamente equidistanti tra di loro. A farmi compagnia un magnete sbiadito, ricordo di una vacanza lontana e il profilo di un capo indiano chiamato Gerry, anche lui collocato nella sua riserva didattica, tra fogli, vecchi libri, souvenir, macchie di caffè e mozziconi di sigaretta, piegati sul fondo di una bicchiere di vetro.Ricordo il giorno in cui feci il mio ingresso in questa casa, dentro una scatola di colore bianco, rattrappita dallo spazio angusto ed in attesa di una forma da ridefinire.Sono nata in una via di mestieranti, di saltimbanco, di musici da strada,di instancabili modellatori di fantasia; la, su quella strada, tra le strette pietre di un vicolo, ho iniziato a conoscere la vita, le corse dei bambini al mattino, l'odore del pane dalla bottega all'angolo, le bucce di mandarino seccate dal sole, il piacevole tintinnìo della pioggia e le calde serate estive, in cui venivo sollevata, spolverata con cura e riposizionata sul mio banco, in attesa di una famiglia da incontrare.Attesa e sogno, desiderio e sensazioni, striature lontane di vicoli nuovi oltre al mio, il profumo delle giacche dei viandanti, provenienti chissà da quale altro banco di questo mondo.Fù Nero a coinvolgermi, una rondine vagabonda, attirata dalle briciole di pane di quel forno; Aveva viaggiato in ogni dove, sopra spruzzi di mare limpidi più del cielo, tra le dita delle chiome degli alberi, cavalcato il vento nelle notti di tempesta, ed ora era qui, come ogni anno, poggiata accanto a me a raccontarmi dei suoi viaggi. Le chiesi del sole, del mistero della luna, le chiesi che sapore avesse la pioggia o se dentro le onde ci fosse un invisibile ingranaggio, e ad ogni mia domanda, ogni sua risposta sapeva di mistero, di colori inimagginabili dal mio vicolo, di brivido e di avventura; poi... le chiesi del volo.“Che cos'è il volo?” Le chiesi, e Nero, sul bordo del mio banco, pronto al suo ennesimo viaggio si girò concedendomi per l'ennesima volta le sue parole :” Volo è solo una piccola parola di quattro lettere, mia cara... peccato gli uomini abbiano speso così poco tempo per definirlo, forse un muto sguardo al cielo sarebbe stato più nobile... è l'aria che ti irrompe nelle costole, stringendoti il petto come il bacio mattutino della rugiada sulle foglie, è il fiato che ti manca quando cambi direzione, è la corrente che scegli, annusando i cristalli di sale che salgono dal mare... volo è la paura di toccare terra per sempre, di non poter più sfiorare il lembo di una nuvola; se ti accadrà di volare un giorno, distendi le tue ali il più a lungo possibile, cabra e scendi in picchiata più volte... perchè se ti accadrà di volare, desidererai di appartenere a tutto e a nulla … ”.Fui adottata qualche giorno dopo, era arrivato il mio momento!!!, avrei finalmente scoperto il mondo oltre il vicolo; adagiata sul fondo della scatola bianca, sognavo come solo i bambini sanno fare, con loro sorridere unico, indisturbato ed ingenuo.Ero una farfalla di ferro, e presto lo avrei scoperto.Dapprima pensai che il troppo tempo atteso sul banco del mio creatore, mi avesse rattrappito le ali, provai a spiegarle, fino a sentire dolore, provai a batterle velocemente, facendomi seguire dallo sguado attento di Ivan, ma nulla.... forse sbagliavo qualcosa, forse avrei dovuto maggiormente alzare il capo, bloccare con più energia il corpo, oppure fluttuare così come fanno i delfini, e ondulare il busto mantenendo le ali tese, il capo alto e trattenere il respiro per gonfiare il petto d'aria, al fine di diventare più leggeri.Ma ogni mio tentativo risultò vano, ogni rincorsa dalle due penne a sfera, terminava bruscamente sul pavimento, senza neppure l'accenno di un minimo volteggìo.Gerry, mi guardò, sporgendosi oltre la sua macchia di caffè... mi guardò lungamente, poi, per la prima volta, sentii le sue parole : “ Non ho tribu' da comandare se non quelle che cavalcano nei miei sogni... non scegliere chi non puoi essere, scegli solo cosa sai di essere”.Fu' un duro colpo, compresi drasticamente di non essere nata per quella che invece era la mia forma; ciò che sei, non è sempre ciò che diverrai, e ciò che vuoi non può darti a volte ciò che vorrai.Ora sono qui, sul mio tavolo di legno, Ivan e Gerry mi tengono le ali, Ivan ha posato il fucile, Gerry mi sostiene con la punta della sua penna dritta sul capo....Insegno!!, sulla nostra pianura di pace colma di nuovi arrivi, spiego alle coccinelle di legno cosa significa volare, e ad altre farfalle di carta parlo di Nero; distendo le ali il più a lungo possibile, racconto loro dell'odore del mare, del mistero della luna, spiego che quattro lettere per definire “volo” non bastano e non basteranno mai, e il mio petto si gonfia, i sensi si acuiscono, sento il sorridere dei sogni dei bambini vicino a me e le nuvole si fanno vicine, le sfioro, le modello a mio piacimento, cabro e scendo in picchiata, sorretto da un soldato di piombo amante dell'alba e un capo indiano che cavalca in silenzio.Ho scelto di appartenere a tutto e a nulla, non posso volare è vero!! ma posso essere chi so di essere, trattenere il fiato e volere ciò che ora so di volere... una farfalla di ferro nata in un vicolo di musici da strada, il cui viaggio non si è interrotto ma sta volando!!! proprio sopra di voi, perchè se una parola di quattro lettere può non bastare, una di cinque non mi farà mai toccare terra per sempre... quindis o g n o .