A capo chino

BDSM Women


Riporto, di seguito, un commento che ho scritto un po' di tempo fa. "Sì, i sadici esistono. Sono tra noi. Ma non sono armati di frusta o manette. Sono, come saggiamente hai detto, uomini normali: sono il capo che gode a sminuire i dipendenti, i vicini che distruggono vite altrui per il solo gusto di farlo, sono, a volte, alcuni genitori che nello sminuire e annientare i figli, pensano di trovare sollievo alle loro inadeguatezze e fragilità. Ma chi sono queste donne che amano il bdsm? Che si eccitano praticando il bondage? Personalmente penso che molte di loro siano donne forti, molto forti. Abituate a condurre da bambine, da sole, sulle proprie spalle, pesi ben più grandi di loro, situazioni estreme che le hanno fornite, con il tempo, di un carattere e una forza d’animo d’acciaio. Donne abituate a decidere, ad affrontare problemi, a lottare. Donne che non hanno bisogno di appoggio per andare avanti, ma che, anzi, sono loro stesse di appoggio e conforto per chi le circonda. Uomini e donne, vecchi e giovani. Indistintamente. Donne che non si sentirebbero a proprio agio in nessun altro ruolo, poiché vivono la vita con una forza che gli è naturale, non ne sentono il peso, ma, anzi, ne sono gratificate. Però, e qui credo sia il punto, per donne così volitive, donne con una siffatta forza, riesce difficile, molto difficile, trovare persone, uomini nella fattispecie, che siano forti quanto loro. Anzi, che siano, appunto, più uomini di loro. Uomini particolarmente forti e volitivi che le facciano sentire alla pari nel loro percorso di vita e non sempre e soltanto il motore trainante. Nella sfera sessuale ciò viene amplificato e, nella manifestazione di un carattere dominante, riconoscono un uomo che sia forte, che sia “tosto”, più tosto di loro, appunto. Lo stesso atto dell’obbedire, sempre secondo il mio personalissimo parere, altro non è che la sfida suprema. Non ci si eccita perché si obbedisce, ci si sottomette al Dom, ma ci si eccita perché si vince la dominazione più grande: si domina se stesse. Il Dom è solo un mezzo che permette alla slave di vincere la più grande delle sfide: la vittoria su se stessa. Non penso che si tragga piacere da, esempio a caso, prostrarsi davanti al proprio Dom quanto atto in sè, quanto, piuttosto, in un atto estremamente narcisistico, dal dimostrare a se stesse che la propria forza di volontà è talmente forte da vincere se stessa e fare un atto che, normalmente, viene vissuto come svilente. E’ la vittoria delle vittorie. Una specie di delirio di onnipotenza và ;) Poi, per quanto riguarda l’essere legate, immobilizzate, bendate e, in generale, private della sensorialità, beh, tutto ciò priva anche della responsabilità dell’atto sessuale e del piacere. Un po’ come dire: non sono io che mi sto lasciando andare, non sono io che voglio provare piacere, ma mi è imposto e io non posso farci nulla. E questo modo di sentire ha le sue radici ben affondate nell’inconscio, nel nostro rapporto con il sesso, con i tabù, le censure e il senso di colpa che per millenni la nostra società ci ha instillato così pervicacemente e che, tuttora, continua a instillarci." Aggiornamento: Avevo appena finito di postare questo commento quando, rileggendolo, mi sono accorta che ci sono delle considerazioni con le quali non mi ritrovo più completamente. “Il Dom è solo un mezzo che permette alla slave di vincere la più grande delle sfide: la vittoria su se stessa.” Oggi penso che ciò può essere vero in determinati contesti e azioni, ma credo anche che gran parte del piacere che deriva da un atto di sottomissione come, esempio a caso, il prostrarsi, sia dovuto soprattutto al valore simbolico che tale atto porta in sé e ai sentimenti che riesce a veicolare. Il sentimento di Appartenenza che si sviluppa tra il Master e la Sua slave viene vissuto intensamente da entrambi, ma, ovviamente, resta relegato nell’intimità delle proprie percezioni emotive. E’ attraverso azioni e gesti simbolici che il proprio mondo interiore viene esternato all’Altro. Dimostrare un sentimento, esprimere un moto dell’animo è sempre difficile, ancor più quando ha a che vedere con emozioni di tale intensità e intimità. Non sempre e non soltanto, quindi, il sottomettersi reca con sé un piacere puramente narcisistico di onnipotenza, ma diventa anche espressione di quei sentimenti di totale devozione e trasporto che la slave sente per il suo Master. In questo modo, devozione, sottomissione, fiducia totale e trasporto emotivo sono vissuti in un contesto che riesce a dar loro piena espressione e, di conseguenza, piacere fisico e mentale.