Creato da Hiram.sc il 15/03/2008

Hiram

terra di nessuno No Man's Land

 

 

a u g u r i dal mio cuore al vostro cuore

Post n°371 pubblicato il 24 Dicembre 2009 da Hiram.sc

 
 
 

Lyrics to Finnegan's Wake :

Post n°370 pubblicato il 03 Ottobre 2009 da Hiram.sc



Lyrics to Finnegan's Wake
:
Alfa beta gamma delta
Sotto il ponte di Eraclito
Dove passava il fiume mi bagnai le mani e l’abito.
Eins zwei drei vier
Ascriverò il mio nome
Nell’albo d’oro dei pazzi sul palcoscenico dell’errore.
Perché tutto si dice e perché tutto si fa
Senza sapere il perché senza sapere come
Perché a tutto si crede e perché a nulla si crede mai
Barcolliamo fra falsi miti e uomini in malafede.
James tell me
What do you want to say
With your book Finnegan’s wake.
Così in basso come in alto
La legge di Trismegisto
L’ermete che dall’Egitto segnava le stelle sul registro.
Più diviso meno per
Io amo la matematica
Perché lei non giudica i miei pensieri sulla genetica.
Perché viviamo nell’era della divina apparenza
Della ferita profonda inferta al sole della coscienza.
Perché tutto ci piace e tutto ci assottiglia
E ci riduce al prezzo incollato sul tappo della bottiglia.
Perché viviamo al guinzaglio dell’indifferenza
Dei tabulati dei grafici in borsa e dei capricci della scienza.
Gente di Praga e Dublino
È forte l’odore del vino
Il sole tramonta a Sion
Due minuti più tardi che a Riom.
Sonno risveglio la quiete
Il pino la quercia l’abete
Der starke Geruch von Most
I go quickly to the silly Post
And I get lost.


 
 
 

beati i perseguitati per causa della giustizia

Post n°369 pubblicato il 28 Settembre 2009 da Hiram.sc

<<Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati gli afflitti, perché saranno consolati. Beati i miti, perché erediteranno la terra. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti hanno perseguitato i profeti prima di voi.


 
 
 

dentro in nostro cuore a ritrovare il nostro bambino impaurito

Post n°368 pubblicato il 27 Settembre 2009 da Hiram.sc


" La ricerca del paradiso
è la rierca del ritorno alla tua infanzia. Naturalmenteil tuo corpo non sarà quello di un bambino, ma la tua coscienza può essere pura come la coscienza di quel bambino.
Il segreto del percorso mistico è tutto qui: renderti di nuovo un bambino, innocente, non inquinato da alcuna coscenza, privo di qualsiasi sapere, eppure consapevole di tutto ciò che ti circonda, con una profonda meraviglia e un senso di mistero che non può essere demistificato.
"

Osho, Satyam, Shivam, Sunderam


 
 
 

Tu farai splendere ogni giorno il sole

Post n°367 pubblicato il 16 Settembre 2009 da Hiram.sc

Ogni pensiero può cambiare il destino,
persino un bambino sa farlo,
basta avere un sogno,
e poi stringerlo in pugno,
vedrai si avvererà.

Mio caro amico,
ti ritrovo deluso per qualche casino
e fai il muso
Tu dimmi chi è stato
come ha potuto
vedrai si risolverà

Adesso fermati e non ci pensare più
però ricordati che a decidere sei solo tu
Tu farai splendere ogni giorno il sole
Guarda intorno, sta negli occhi delle persone

Davanti a un muro
c'è chi fischia e fa il giro
lamenta che il mondo è cattivo
Non è nel mio stile
bisogna salire
chi non prova ha perso già
Niente è per caso
ogni nuovo secondo ha il suo peso
se lo stai vivendo
così vive il fiore
che sceglie di non appassire
di non appassire

Adesso fermati e non ci pensare più
però ricordati che a decidere sei solo tu
Tu farai splendere ogni giorno il sole
Guarda intorno, sta negli occhi delle persone
Tu farai splendere ogni giorno il sole
Guarda intorno, sta negli occhi delle persone

Tu farai splendere ogni giorno il sole
Guarda intorno, sta negli occhi delle persone
Tu farai splendere ogni giorno il sole
Guarda intorno, sta negli occhi delle persone
 

 
 
 

amicizia a tutti voi amici che da anni camminate al mio fianco

Post n°366 pubblicato il 21 Agosto 2009 da Hiram.sc



Amicizia - Jorges Luis Borges
Non posso darti soluzioni per tutti i problemi della vita

Non ho risposte per i tuoi dubbi o timori, però posso ascoltarli

e dividerli con te.

Non posso cambiare nè il tuo passato nè il tuo futuro. però quando serve

starò vicino a te.

Non posso evitarti di precipitare, solamente posso offrirti la mia mano perchè

ti sostenga e non cadi. La tua allegria, il tuo successo e il tuo trionfo

non sono i miei. Però gioisco sinceramente quando ti vedo felice.

Non giudico le decisioni che prendi nella vita, mi limito ad

appoggiarti, simolarti ed aiutarti se me lo chiedi .

Non posso tracciare limiti dentro i quali devi muoverti, Però posso

offrirti lo spazio necessario per crecere.

Non posso evitare la tua sofferenza, quando qualche pena ti tocca il cuore,

Però posso piangere con te e raccogliere i pezzi per rimetterlo a nuovo.

Non posso dirti nè cosa sei nè cosa devi essere

solamente posso volerti come sei ed essere tuo amico.

In questo giorno pensavo a qualcuno che mi fosse amico, in

quel momento sei apparso tu....

Non sei nè sopra, nè sotto mè in mezzo nè in testa e nè alla fine della lista.

Non sei nè il numero 1 nè il numero finale e nè tanto meno ho

la pretesa di essere il numero 1 la 2 o la 3 della tua lista

Basta che mi vuoi come amico

Non sono gran cosa, però sono tutto quello che posso essere.

 

Jorges Luis Borges

 
 
 

Elogio della lentezza. Paul Valéry e la forma della poesia di Giuseppe Panella (1)

Post n°365 pubblicato il 11 Agosto 2009 da Hiram.sc

«La calma nell’azione. Come una cascata diventa nella caduta piùlenta e sospesa, così il grande uomo d’azione suole agire con più calmadi quanto il suo impetuoso desiderio facesse prevedere primadell’azione»
(Fredrich Nietzsche, Umano, troppo umano, I)



1. La soluzione etica della poesia

Fedele ammiratore della snella levigatezza della danza, Valéry temela fretta e la concitazione della corsa, ha timore della frenesiaconcatenata alla perdita di sensibilità del moto senza tregua.

Più che dal vuoto (1), appare atterrito dal movimento infinito esenza senso che incontra ad ogni pie’ sospinto: il rifiuto di “ogniprodigioso incremento di fatti e di ipotesi” (2) compare in quasi tuttele sue opere. Basteranno alcuni specimina a dimostrarlo:

« – Vuole dire che più si trova, più si cerca ; e che più si cerca, più si trova?

- Esatto. Certe volte mi sembra che fra la ricerca e la scoperta sisia formata una relazione paragonabile a quella che i stabilisce fra ladroga e l’intossicato.

- Molto curioso. E allora tutta la trasformazione moderna del mondo…

- Ne è il risultato; e ne rappresenta, del resto, un altro aspetto …Velocità. Abusi sensoriali. Luci eccessive. Bisogno dell’incoerenza.Mobilità. Gusto del sempre più grande. Automatismo del sempre più“avanzato”, che si manifesta in politica, in arte, e … nei costumi» (3).

L’idea fissa, dialogo tra il Narratore ed un medico, è del 1931 (4) mentre in quella raccolta di études de circonstance che è il volume Regards sur le monde actuel(1945) spicca proprio un articolo, “Propos sur le progres”, che insistesul carattere “terroristico” della velocità e della fretta.

Consapevole del fatto che la nozione di progresso come eventopositivo e la sua negazione come “nuova barbarie” siano entrambi luoghicomuni, Valéry ritiene il progresso e la morte inestricabilmenteconnessi. In un passo che sembra anticipare Theodor Wiesengrund-Adornonei Minima Moralia (5), l’atteggiamento astorico della velocitàdel cambiamento viene coniugato con la consapevolezza (che ad esso ècollegata) della sicura caducità del mondo:

«L’un des effets les plus sûrs et les plus cruels du progrès estdonc d’ajouter à la mort une peine accessoire, qui va s’aggravantd’elle-même à mesure que s’accuse et se précipite la révolution descoutumes et des idées. Ce n’était pas assez que de périr ; il fautdevenir inintelligibles, presque ridicules ; et que l’on ait été Racineou Bossuet, prendre place auprès des bizarres figures bariolées,tatouées, exposées aux sourires et quelque peu effrayantes, quis’alignent dans les galeries et se raccordent insensiblement auxreprésentants naturalisés de la série animale» (6).

Se il progresso come tale implica la sempre più veloce erosione delpassato, se la capacità di consumo della bellezza diventa sempre piùelevata e l’illeggibilità del mondo una consuetudine, è anche vero chela sintesi che l’impetuoso sviluppo produttivo delle risorsedisponibili impone serve ad unificare ciò che apparentementesembrerebbero quantità inconciliabili : potenza e precisione (7).

Il discorso finora abbozzato non deve servire soltanto a mostrare unaspetto del Valéry polemista, analizzatore delle vicende a luicontemporanee e partecipe in misura critica di modificazioni che nonsempre arriva ad accettare (anche se si tratta pur sempre di unasfaccettatura della produzione valéryana che non sempre è stata tenutanel giusto conto (8), sacrificandola alla retorica del “puro cantodell’ Io” e del “linguaggio più puro della tribù” (9)).

L’azione poetica consiste sempre per il poeta autentico in lenteprogressioni, in circonvoluzioni avvolgenti, in avvicinamenticircospetti e, tuttavia, ambiziosi: Valéry vuole sempre giungere alla totalità e alla totalità sacrifica la possibilità, permettendo ad essa di rifluire in quella, coinvolgendole entrambe nella stessa dinamicità.

La verità si coglie attraverso la linea serpentina della bellezza(10), la “lunga impazienza” (11) durante la quale si tessono “ileggerissimi sistemi” della creazione artistica (12), non certomediante la malia ansiosa della facilité. Artefici sono ragni e serpenti, platani e palme, filatrici e ballerine (13).

I poeti sono rigorosi costruttori di improbabilità, coloro che sannoprocedere per paragoni e analogie (14), coloro la cui intelligenza sirivela dans un ordre insensé (15), coloro che sanno improvvisare senza smettere di pianificare o di pensare.

Il fare poetico coincide con il pensiero e l’intelletto si palesa come poesia. Perquesto motivo, le immagini della poesia coincidono con quelle dellamente e le parole non possono che essere subordinate ad esse.

Ha scritto Chateaubriand che “si dipinge bene il proprio cuore soltanto attribuendolo a un altro” (Memorie d’oltretomba). Il proposito di Valéry, tuttavia, pur essendo simile a quello dello scrittore romantico, sembra quello di sostituire coeur con cerveau (16) e, soprattutto, di attribuire al proprio tutti i cervelli altrui possibili.

Il suo punto di partenza è sempre quello con cui si chiude la narrazione della vita intellettuale di Monsieur Teste:

«Si tratta di passare da zero a zero. – E’ la vita –Dall’incosciente e dall’insensibile all’incoscienza edall’insensibilità. Passaggio impossibile a vedersi, poiché esso passadal vedere al non vedere dopo esser passato dal non vedere al vedere.Il vedere non è l’essere, il vedere implica l’essere» (17).

Da ciò si può intravedere, allora, l’importanza del progresso étonnant [...] que a fait la lumière (18),la fondamentale necessità della visione netta e precisa per lacomposizione ed il tratto, l’amore mai sopito per “la precisione” e “lacertezza” che emanano dalle figure delle ballerine (19).

Il passaggio dallo zero allo zero non è la fine o la cancellazionetotale della visione, come, a prima vista, si potrebbe intendere(oppure mera eco del Descartes della Diottrica (20) ), ma una sua estensione,

la sicurezza che il vuoto del visibile aiuti o annunzi il di più che viene colto e conosciuto mediante l’atto della visione:

«Étrange pouvoir de l’absence ! – Plus je te forme et te ressens,plus je souffre – Plus je suis maître de ton image, plus esclave decelle-ci ; et plus elle est vrai, plus est vaine » (21).

L’assenza, il vuoto, la mancanza non sono gli aspetti negativi dellavisione, ciò che la rendono impossibile; sono, invece, ciò che lasostanza visibile mostra di sé insieme a quello che viene veduto. Cosìl’apparente mancanza di sforzo delle ballerine dei quadri di Degasmostra ciò che nasconde mentre rivela la fatica aerea del rimaneresempre in movimento e mai poter riposare – ciò che per Socrate accomunalo spirito alla danza.

Allo stesso modo, “il male dell’attività ” che coglie il dottore in L’idea fissa è reso per simulazione:

«Riassumendo, appena mi sento assegnare un’ora, un luogo, unatteggiamento del corpo o dello spirito ai fini dello svago, tutto ilmio essere protesta: sbadiglia, fugge…Mi metto a pensare agli affarimiei, ai miei malati, al mio mestiere, a una cosa qualsiasi…» (22).

Il dottore “simula” di perdere tempo per non doverlo fare perdavvero (ha detto precedentemente di dormire a teatro, di essereesasperato al cinema, di stancarsi viaggiando, di trovareinsopportabili i romanzi) (23) ; in questa modo, si stancaartificialmente quando non può farlo sul serio. Lo stesso avviene perl’attività artistica dove lo sforzo della creazione non può essererivelato se non nel momento in cui è già in atto. La costruzionecompiuta, solo apparentemente ricoperta dal fascino della facilitàdell’invenzione, si rivela alla visione come assenza e,contemporaneamente, come affermazione di ciò che comporta in termini disforzo e fatica.

La danza, come la poesia, emerge attraverso il suo prevaleresull’assenza e per la prepotenza della sua tensione ideale rispetto alvuoto che caratterizza la massima tra le mancanze: la vita. La danza(ancora come la poesia) costruisce su un vuoto (che è quello della vitaordinaria) la sua piramide di esaltazione e di ebbrezza:

«Fedro. Ma da parte mia, Socrate, la contemplazione dellaballerina quante cose mi rende concepibili, e quanti legami di cose chesul momento si mutano nel mio proprio pensiero e in qualche modopensano in luogo di Fedro. Sorprendo in me bagliori che non avrei pernulla ottenuto dall’unica e sola presenza della mia anima» (24).

Ma la poesia (come la danza) non è soltanto esaltazione ; è, alfondo dell’azione creativa, riflessione, consolidamento, destino.

In una parola, produzione consapevole a partire dalla capacità dicostruzione del nesso (o di nessi plurimi, possibili) tra parola esensazione, tra idea e sua trasformazione in opera. Valéry sintetizzaquesto procedimento, arricchendolo delle sue valenzededuttivo-epistemologiche, in un neologismo: l’implexe (25).

« [...] l’ Implesso non è attività. Tutto il contrario. E’ capacità.La nostra capacità di sentire, reagire, fare, comprendere –individuale, variabile, più o meno percepita da noi – , e sempre inmaniera imperfetta, e sotto forme indirette (come la sensazione difatica), spesso ingannevoli. A ciò bisogna aggiungere la nostracapacità di resistenza …[...] Riassumendo, intendo per Implesso ciò in cui e per cui siamo eventuali … Noi, in generale ; e Noi, in particolare …» (26).

Eventualità coincide con possibilità e, inevitabilmente, con opportunità. L’Implesso non solo individua ciò che è necessario nel momento in cui lo è (tropismo dell’ Implesso),ma prova a trasformarlo in qualcosa che possa sempre essere attirato edutilizzato al momento giusto. La sua funzione produttiva, dunque,diventa sostanzialmente gnoseologica portandosi al limite estremo dellaconoscenza per afferrare quel “residuo nascosto” che è il margine dellepossibili verifiche alla sua operatività. L’ Implesso valéryano rende possibili conoscenze che altrimenti, in quello stesso momento, tenderebbero a rendersi a loro volta méconnaissables.

La ragion d’essere dell’implexe è, dunque, tutta nella sua capacità di sviluppare le potenzialità (espresse o inespresse che siano).

« L’Implesso, infatti, è definito come una memoria potenziale ofunzionale proprio in opposizione alla memoria storica, legata cioè airicordi personali [...] . Poiché il passato ha valore solo comeelemento d’avvenire, le reliquie della vita vissuta sono del tuttoprive d’interesse: per Valéry, ciò che conta davvero è l’eventuale,l’implicito. Ed è per questo che il rifiuto della sensibilità, avviatonel 1892 e realizzato sia in Teste sia in Gladiator con la sostituzionedi un essere puro ad un essere storico, si attuerà pienamente inNapoleone, l’individuo sovrastorico padrone del futuro» (27).

Per la sua capacità di “secernere il domani” (28), nel suo abbandonopieno ed incondizionato al “male dell’attività”, Napoleone vienerappresentato da Valéry come il modello dell’uomo moderno, che non vivese non nell’anticipazione del futuro, attraverso il presente, nonponendosi il problema del passato. La sua figura attraversacontinuamente la ragnatela dei rapporti che produce e, pur essendosempre presente nell’insieme delle relazioni che senza di lui nonpotrebbero essere, non si risolve completamente in essi. In ciò èsingolarmente vicino all’esperienza (spirituale e corporea insieme – difusione totale, quindi) che la danza trasmette e produce. Come continuaValéry :

« – [...] Dottore, sa che Napoleone ne ha dato una definizione splendida ?

- Ancora Napoleone?

- Ogni tanto. D’altronde è il modello dell’uomo moderno, dell’uomoche ha perduto il tempo, visto che non sapeva perdere il proprio.

- E cosa ha detto Napoleone?

- Un giorno, in una lettera, ha scritto: “Io vivo sempre due anni in anticipo”. Per quest’uomo il presente non esisteva.

[...]

- [...] si tratta di sapere cosa dia la sensazione di vivere di più, se la presenza estrema …dell’istante, o la presenza estrema … del possibile» (29).

La danza, in misura maggiore delle altre attività artistichedell’uomo, concede questa sensazione “estrema del possibile”. In nomedella vita che sempre vuole rinnovarsi per poter ritrovare se stessa,“misterioso moto che col giro d’ogni evento mi trasforma senza treguain me stesso” (30), la danza partecipa della realtà e, nello stessotempo, se ne distacca serenamente ed aerodinamicamente per ritornarvipoi ed essere restituita alla terra.

Tra danza e vita esiste un rapporto lieve, fatto di una rassomiglianza impalpabile, eppure immediatamente riconoscibile:

«La vita è una donna che danza – dice Socrate ad Erissimaco, nel dialogo L’anima e la danza– e che finirebbe divinamente d’esser donna se lo slancio che lasolleva, potesse lei obbedirvi sino alle nuvole. Ma come noi nonpossiamo andare all’infinito, né in sogno né in veglia, egualmente leitorna sempre se stessa: termina d’esser piuma, uccello, idea, e insommaogni cosa in cui al flauto piacque di tramutarla, in quanto la terramedesima che la respinse ora la richiama e la restituisce anelanteall’indole sua di donna e all’amato» (31).

La figura di questa esperienza al limite può essereindividuata in quel geniale repertorio della danza e delle sue arteficimirabili che costituisce l’opera pittorica di Degas (32) e la sua ratio sistematica nel volumetto che Valéry dedicò al grande pittore parigino (33).

Ma prima di passare ad esaminare le ragioni estetiche dell’implexee della loro comunicabilità attraverso un’esperienza artistica chesembra raggiungere la propria acme in una sorta di velocissimaimmobilità figurale, sarà opportuno interrogare le ragioni etiche chespingono Valéry a subordinare la fretta ed il parossismo della velocitàcontemporanea alla lentezza delle “secrezioni” delle possibilità.

E’ indubbio che, per Valéry, esista una specie di “imperativocategorico” dell’estetica e del fare poetico senza del quale nonsarebbe possibile creare o, per lo meno, aspirare a pro-durre arte eletteratura. Tale necessità “imperativa” impedisce di negare, da unpunto di vista esclusivamente estetico, la fatica e la pesantezza dellacostruzione di ogni opera d’arte ed esperimenta l’esistenza di unostacolo di natura etica, il quale, come avviene spesso nella sferadelle opzioni morali, nasce da una scelta opposta a quella delsimpatetico aderire alle flessuose curvature dell’esistenza.

La bellezza della ballerina (sempre in movimento, apparentementesenza fatica, nella sospensione dell’attimo della felicità estatica) sicontrappone alla volontà e alla scelta della vita come rotturadell’equilibrio creato da quell’attimo, come mossa volontaria cherimette in volo la freccia ferma della conoscenza.

La scoperta della lentezza annulla l’ idea fissa dellacontinua attività come auto-realizzazione così come la comprensionedella suprema armonia dell’accordatura del mondo annulla la necessitàdi un continuo moto atto e ostinato nell’intento di poterla raggiungere.

Lentezza e perfezione si sposano in una ininterrotta attesadell’opportunità del possibile, nella paziente ricerca della zona diconfine e del margine adeguato a far transitare il noto nell’ignoro, lavita nell’arte, la scelta di essere sempre e comunque al posto diquella di sprofondare nel suo oblio naturale.

(fine prima parte)

Note

(1) Il rimando è alla splendida analisi condotta da Valéry sullabase del frammento di B. PASCAL che consiste in “Le silence éternel deces espace infinis m’effraie” (lo si trova in Pensées, III, 206 dell’edizione a cura di Léon Brunschvig).

Cfr. P. VALÉRY, “Variazioni su una pensée“, in Varietà, a cura di S. Agosti, Milano, Rizzoli, 1971, pp. 101-108.

(2) P. VALÉRY, L’idea fissa o due uomini al mare, trad. it. ecura di V. Magrelli, Roma-Napoli, Theoria, 1985, p. 45. Sui temicontenuti in questo straordinario dialogo filosofico di Valéry, cfr.quanto ne dice lo stesso Magrelli nel suo Vedersi vedersi. Modelli e circuiti visivi nell’opera di Paul Valéry, Torino, Einaudi, 2002.

(3) P. VALÉRY, ibidem.

(4) La prima edizione del dialogo è del 1932 (per le edizioni deiLaboratoires Martinet di Parigi) ; la seconda edizione, che reca lacelebre frase d’esordio: “Questo libro è figlio della fretta”, è del1933 (per Gallimard di Parigi).

(5) L ‘allusione non è tanto al saggio “L’artista come vicario” (in T. WIESENGRUND-ADORNO, Note per la letteratura I, trad. it. di E. De Angelis, Torino, Einaudi, 1979) quanto ad alcuni “cammei” presenti nei Minima Moralia (in particolare, cfr. T. WIESENGRUND-ADORNO, Minima Moralia, trad. it. di R. Solmi, Torino, Einaudi, 19742, pp. 153-154). Sul rapporto Adorno-Valéry, cfr. A. TRIONE, Valéry. Metodo e critica del fare poetico, Napoli, Guida, 1983, pp. 19-20 e passim.

(6) P. VALÉRY, Regards sur le monde actuel, Paris, Gallimard, 1945 e sgg. , p. 147.

(7) P. VALÉRY, Regards sur le monde actuel cit. , p. 148. Purapprezzando molto gli sforzi titanici dei traduttori di Valéry, miguardo bene dal provare a tradurlo in proprio. La prosa di Valéry ètroppo chiara per poter essere resa facilmente comprensibile a tutti.

(8) Interessanti eccezioni a questo destino, oltre ai volumi di Magrelli e di Trione già citati, mi sembrano E. DI RIENZO, Il sogno della ragione,Roma, Bulzoni, 1982 ; R. VIRTANEN, “The Egocentric Predicament. Valéryand Some Contemporaries”, in “Dalhousie French Sudies”, (III), 1981,pp. 99-117 ; M. E. BLANCHARD, “Paul Valéry, Walter Benjamin, AndréMalraux. La littérature et le discours de la crise”, in “L’EspritCréateur”, (XXIII), 4, 1983, pp. 38-50. Ma tutto il problema del Valéry” politico” mi sembra ben lungi dall’essere esaurito.

(9) Nonostante la miriade di scritti sui rapporti Valéry-Mallarmè (cfr., ad esempio, il bel libro di E. NOULET, Suites. Mallarmé, Rimbaud, Valéry,Paris, Nizet, 1964), il miglior saggio su Mallarmé mi sembra pur sempreil “Talvolta, dicevo a Stéphane Mallarmé…” dello stesso Valéry (cfr. P.VALÉRY, Varietà cit. , pp. 241-257). Sull’argomento cfr. la recente raccolta di scritti di Valéry, Mallarmé et moi, a cura di E. Durante, Pisa, ETS, 1999. Di notevole interesse il contributo di Y. BONNEFOY su “Valéry et Mallarmé” in Aa. Vv. Valéry: le partage de midi. “Midi le juste”,Atti del Convegno internazionale (Collège de France, 18 novembre 1995),a cura di J. Hainaut, Paris, Champion, 1998, pp. 59-72.

(10) L’allusione alla linea sinuosa quale simbolo della bellezza compiuta è nel trattato settecentesco di W. HOGARTH, L’analisi della bellezza,pubblicato nel 1753 (la linea serpentinata compare sul frontespiziodell’opera). Sul pensiero estetico di Hogarth, cfr. l’ ancora ottimosaggio di Filiberto Menna, William Hogarth. L’analisi della bellezza, Salerno, Edizioni 10/17, 1988 (su cui rimando alla mia recensione pubblicata in “Belfagor”, (XLIV), 3, 1989, pp. 356-358).

(11) P. VALÉRY, “Disegno di un Serpente”, in Poesie, trad. it. e cura di B. Dal Fabbro, Milano, Feltrinelli, 19692, p. 128.

(12) P. VALÉRY, “Disegno di un Serpente”, in Poesie cit., p.126. Sul tema del serpente in Valéry come simbolo del potere dellanatura e della sua potenza dispiegata quale forma della bellezza, laletteratura secondaria è numerosa. Cfr. A. R. CHRISHOLM, “Valéry’s Ébauche d’un serpent“, in “Journal of Australasian Universities Language and Literature Association”, 1961, 15, pp. 19-29 ; J. M. COCKING, “Towards Ébauche d’un serpent.Valéry and Ouroboros”, in “Australasian Journal of French Studies”,1969, 6, pp. 187-215 ; H. LAURENTI, “Le monstre valéryen”, in “Bulletindes études valéryennes”, 1974, 2, pp. 23-48 ; J. R. LAWLER, “TheSerpent, the Tree and the Crystal”, in “L’Esprit créateur”, (IV),primavera 1964, 4, pp. 34-40 e M. SCOTTI, Ces vipères de lueurs. Il mito ofidico nell’immaginario valéryano, Roma, Bulzoni, 1996.

(13) ” Toute araignée m’attire ” (scrisse una volta Valéry a Gide – cfr. André Gide – Paul Valéry, Corrispondance 1890-1942,Paris, Gallimard, 1955, p. 390). Gli altri personaggi dello “scenariomentale ” di Valéry sono tratti dal “Disegno di un Serpente”, da “AlPlatano”, da “Palma” (nel volume di versi Charmes del 1922), da “La filatrice” e “Le vane ballerine” (nel volume Album de vers anciens 1890-1900,stampato nel 1920) e, naturalmente, dall’opera pittorica di EdgarDegas. Sul “primo periodo” dell’opera di Valéry, senpre utili i volumidi M. T. GIAVERI, L’ “Album des vers anciens” de Paul Valéry. Studio sulle correzioni d’autore edite e inedite, Padiva, Liviana, 1969 e G. A. BRUNELLI, Paul Valéry “giovane poeta”, Roma, Bonacci, 1987 e

(14) “Signorina de l’Espinasse. No, sentite, dottore ; mispiegherò con un paragone, che è forse l’unica forma di ragionamentodelle donne e dei poeti… “(D. DIDEROT, Sogno di D’Alembert,trad. it. di P. Campioli, Milano, Rizzoli, 1967, p. 41).L’interlocutore della signorina de l’Espinasse (il cui vero nome era,però, Julie de Lespinasse), per tutta la vita compagna di letto e diattività culturale di D’Alembert, è il dottor Théophile Bordeu che saràuna delle autorità mediche dell’illuminismo francese prima e dell’idéologie poi propugnando fino in fondo, insieme a Paul-Joseph Barthez, la teoria del “vitalismo” organico in medicina.

(15) ” Une se lève d’elle-même, et se met à la place d’une autre ;nulle d’entre elles ne peut être plus importante que son heure. Ellesmontent, originales ; dans un ordre insensé ; mystérieusement muesjusque vers le midi admirable de ma présence, où brûle, telle qu’elleest, la seule chose qui existe ; l’une quelconque” – è la conclusionedel frammento ooetico-narrativo Agathe del 1898 (un testo mai terminato da Valéry e che, con il titolo Manuscrit trouvé dans une cervelle, doveva costituire la continuazione di Monsieur Teste). Sulla fondamentale importanza di questo breve scritto per l’evoluzione del pensiero del poeta francese, cfr. P. VALÉRY, Oeuvres, I, Paris, Gallimard (Bibliothéque de la Pléiade), 19772, pp. 1388-1393 ; S. AGOSTI, “Pensiero e linguaggio in Paul Valéry”, Introduzione a P. VALÉRY, Varietà cit., in particolare alle pp. 14-15 ; M. BLANCO, “Ninfe su fondo nero. Note su Agathe e Cantate de Narcisse di Valéry” in Aa. Vv. Valéry : la philosophie, les arts, le langage,a cura di R. Pietra, in “Cahiers du groupe de recherche sur laphilosophie et le langage”, 11, Grenoble, Université de Grenoble, 1989,pp. 239-248 ; N. CELEYRETTE-PETRI, “Agathe” ou “Le manuscrit trouvé dans une cervelle” de Valéry. Genèse et exegèse d’un conte de l’entendement, Paris, Minard, 1981 ; M. TSUKAMOTO, “L’écriture et la simulation dans Agathe“, in Paul Valéry. L’Avenir d’une écriture,Atti del Convegno internazionale di Montpellier (2-4 novembre 1994), in“Rémanances”, 1995, 4/5 (numero speciale su Valéry), pp. 131-140 e,infine, M. HONTEBEYRIE, Paul Valéry. Deux projets de prose poetique: “Alphabet” et “Le manuscrit trouvé dans une cervelle”, Paris, Minard, 1999.

(16) Cfr. S. S. NIGRO, “Tra Montaigne, Valéry e Freud: la biografiaper paradossi”, in “Sigma”, (XVII), 1-2, 1984, pp. 112-115, cheaffronta il problema attraverso coordinate generali di indubbiaimportanza. Sempre su Valéry, cfr. il bel saggio di A. MAZZARELLA, La potenza del falso. Illusione, favola e sogno nella modernità letteraria(Roma, Donzelli, 2004) che contiene notevoli pagine proprio sul temadella soggettività e del sogno nel poeta francese (su di esso, mipermetto di rimandare alla mia nota di recensione apparsa su“Comparatistica. Annuario italiano”, (XIV), 2005, pp. 203-208.

(17) P. VALÉRY, Monsieur Teste, trad. it. di L. Solaroli, acura di G. Agamben, Milano, Il Saggiatore, 1980, p. 101. Sulla figuradi Monsieur Teste appare rilevante il saggio di J. STAROBINSKI,“Monsieur Teste face à la douleur”, in Aa. Vv. Valéry, pour quoi ? , Paris, Les Impressions Nouvelles, 1987, pp. 93-120.

(18) P. VALÉRY, Regards sur le mond actuel cit. , p. 149.Significativamente Walter Benjamin aveva già posto l’accento su questotesto di Valéry nel suo “Paul Valéry. Per il suo sessantesimocompleanno”, ora in W. BENJAMIN, Avanguardia e rivoluzione, trad. di A. Marietti Solmi, Torino, Einaudi, 19732, p. 46.

(19) P. VALÉRY, “L’anima e la danza”, in Poesie cit. , p. 173.

(20) Non a caso, Giorgio Agamben nella sua Introduzione (” L’Io, l’occhio, la voce”) all’ed. it. di Monsieur Teste già citata pone l’accento sull’importanza della Dioptrique cartesianaper i futuri sviluppi teorici dell’impresa intellettuale di Valéry. E,d’altronde, anche ne “L’anima e la danza” si legge: “Gli inganni, leapparenze, i giochi della diottrica intellettuale scavano e animano lamisera sostanza del mondo” (p. 193). Visione ed essere, immagine esostanza si inseguono continuamente nella ricerca valéryana dellatotalità.

(21) P. VALÉRY, Cahiers, II, Paris, Gallimard, 1974, p. 253.Sono debitore di questa citazione in relazione alla lettura dell’ottimosaggio del compianto G. GABETTA, “La costruzione dell’ “Immemoriale” inPaul Valéry “, in “Nuova Corrente”, (XXXII), 1985, pp. 485-510. DiGabetta va tenuto presente, inoltre, “La scepsi verso la storia. Sul Valéry diLöwith”, in “aut-aut “, 222 (1987), pp. 39-50, significativamentededicato alla rilettura del miglior libro finora dedicato a Valéry“filosofo” (cfr. K. LÖWITH, Paul Valéry, trad. it. di G. Carchia, Milano, Celuc Libri, 1986).

(22) P. VALÉRY, L’idea fissa cit. , pp. 63-64.

(23) Sul medico come “maschera” in Valéry, cfr. V. MAGRELLI, “Lafigura del medico nell’opera di Paul Valéry”, in “Saggi e ricerche diletteratura francese”, (XXIX), 1990, pp. 203-214. Interessanti anchegli spunti di riflessione contenuti in A. PIZZORUSSO, “Valéry e l’ideadi soggetto”, in Aa. Vv. Figure del soggetto, Pisa, Pacini, 1996, pp. 93-121.

(24) P. VALÉRY, “L’anima e la danza” cit. , p. 188.

(25) Sull‘ Implesso, cfr. G. GABETTA, “La costruzione dell’“Immemoriale” in Paul Valéry” cit. e R. VIRTANEN, “Valéry’s Reflectionson Discovery and Invention”, in “Kentucky Romance Quarterly “, (XXVII),1980, pp. 105-119. Buoni spunti anche in H. KAAS, “Der Dämon derMöglichkeit. Bemerkungen zui Methode Valérys”, in “Akzente”, (XXVII),1, 1980, pp. 47-56. Importante per l’insieme di tutta questatematizzazione nell’ambito della poesia di Valéry è il volume di N.BASTET, Valéry à l’extrême. Les au-de-là de la raison, Paris, L’Harmattan, 1999.

(26) P. VALÉRY, L’idea fissa cit. , pp. 78-79.

(27) V. MAGRELLI, Introduzione a P. VALÉRY, L’idea fissacit. , p. 16. Lo scritto introduttivo di Magrelli, pur essendo moltochiaro e spesso assai perspicuo nella ricostruzione storica e teorica,manca, tuttavia, il confronto “filosofico” (e decisivo !) con Il Cimitero marino.

(28) P. VALÉRY, L’idea fissa cit. , p. 64.

(29) Ibidem.

(30) P. VALÉRY, “L’anima e la danza”, in Poesie cit. , pp. 172-173.

(31) Ibidem.

(32) Per una buona introduzione all’opera di Degas, cfr. D. CATTON RICH, Degas,Milano, Garzanti, 1960 (con un’amplissima appendice iconografica). Peraneddoti e notizie biografiche su Degas, cfr. M. SÉRULLAZ, Degas. Donne, Milano, Mondadori, 1959 (che raccoglie tutti i ritratti di donna dipinti da Degas).

(33) Cfr. P. VALÉRY, Degas danza disegno, trad. it. e cura di B. Dal fabbro, Milano, Feltrinelli, 1980.

 
 
 

il Maestro

Post n°364 pubblicato il 26 Luglio 2009 da Hiram.sc



"Il Maestro credeva di avere
 il potere di essere utile a se stesso
e a tutto il genere umano, e , poichè così credeva, così era per lui.."

Un mugniaio parlò e disse:
<< parole facili per te, Maestro, poichè tu sei guidato mentre noi non lo siamo, e non devi faticare come noi fatichiamo.
L'uomo deve lavorare per vivere a questo mondo>>.

il Maestro rispose e disse:
<< .....


 
 
 

“Amerai il prossimo tuo come te stesso”

Post n°363 pubblicato il 20 Luglio 2009 da Hiram.sc



il cuore dell'uomo è nel cuore del mondo

 

 

 

il cuore dell'uomo è nelle sue verità

 profonde,

 

 

 

il cuore del mondo è un canto armonioso

con l'universo tutto

 

 

 

il cuore dell'uomo vibra tra le redini della

sua volontà e l'ipnosi del suo essere

 

 

 

il cuore dell'uomo si addormenta e

dimentica

 

 

 

il cuore dell'uomo riconosce il linguaggio

dell'universo

 

 

 

il cuore dell'uomo segue il sentire e non si

chiede il perché,

 

 essendo intriso del magma delle cose

 

 

 

il cuore dell'uomo cerca l'equilibrio

dell'anima per piani infiniti e mondi

paralleli

 

 

 

il cuore dell'uomo non si ferma

il suo centro rimane immutato.

 Hiram :.

 


sia motivo per ascoltare le melodie del vostro essere....ed amarvi.

 
 
 

"questo è il mio corpo"

Post n°362 pubblicato il 11 Luglio 2009 da Hiram.sc

La Nostalgia Gnostica
 

Filippo Goti



 

E' facile per il lettore esaltarsi nella meraviglia, o sprofondare nello sconforto, innanzi ai raffinati miti gnostici.Le elaborate teogonie, le machiavelliche cosmogonie, gli oscuri nomi, gli eoni infedeli, le suicide missioni salvifiche, sono gli ingredienti comuni ad ogni scuola e comunità gnostica, realizzando così un intricato, quanto raffinato, ordito per mente e anima.  All'estraneo, al curioso, potrebbe sembrare che nessuna di queste fratellanze gnostiche cristiane avessero pace, fino a quando non si differenziava rispetto alle altre per qualche peculiarità, per un nuovo estroso nome demoniaco, o per qualche particolare mitologico. Vi è però differenza fra ciò che appare all'estraneo, e la sostanza che coglie l'adepto, ed è proprio su questo binomio ( apparenza –sostanza) che si fonda l'intera speculazione gnostica cristiana.

 

Prima di proseguire nella trattazione, è però necessario ricordare come la comunicazione gnostica non ha mai avuto come finalizzazione l'universalità umana, ma bensì di trasmettere all'interno delle strette fratellanze nella luce, il verbo, i fondamentali, della scuola. Tale distinzione ragionevolmente ci porta a considerare che è l'uomo moderno, il non gnostico per eccellenza, che deve sforzarsi di comprendere, ciò che i pneumatici riservavano ai loro simili, e non stupirsi per la presunta incomunicabilità di questi ultimi, che certamente non volevano e non potevano parlare per colui che è esterno al cerchio.

 

Dobbiamo costatare come solitamente gli studiosi, i curiosi, gli esterni in generale, danno lettura del mito gnostico in chiave involutiva. Tale chiave discende dall'umana tendenza di ricercare ciò che è fuori, e non ciò che è dentro, l'esatto opposto dell'azione percettiva-cognitiva gnostica, che si muove dall’esterno verso l’interno.

 

La quiete del Pleroma è rotta dal desiderio di un Eone ( Sophia ), che in virtù della propria colpa lunare, crea un Dio inferiore che a sua volta plasma altre potenze psichiche, il mondo, e l'uomo. Nell'uomo è prigioniera una particola di pneuma, che anela a tornare al mondo celeste, sfuggendo dalla ferrea presa degli Arconti. Questo a grandi linee, salvo modifiche formali, è il tracciato del mito gnostico involutivo, com’è stato definito. Purtroppo tale lettura, o meglio la direzione della stessa, non corrisponde al moto iniziale, alla molla, della speculazione gnostica. Essa non è una nevrotica rappresentazione della Creazione, e della Genesi della Creatura per eccellenza innanzi ad un Dio prima di Dio, ma bensì, come mostreremo a breve, una risposta intimistica, e scevra dall'onnipresente fardello degli dei, sul perché pochi anelano a non essere, a liberarsi di ogni umano limite, di ogni imposizione posta dall’uomo a se stesso. 

 

Lo gnostico è l'unità di misura d’ogni fenomeno, e ogni fenomeno è esterno allo gnostico, in tale prospettiva intima è negata ogni sostanza, ogni assolutezza, ogni immutabilità a tutto ciò che lo circonda. Lo gnostico intuisce ( attraverso i doni divini, conseguenti alla propria naturale condizione di risveglio ), la profonda caducità della creazione, il vacillare della mente nel trovare giustificazione omnicomprensiva a quanto la circonda, la persistente insoddisfazione che le cose di questo mondo gli procurano e, di riflesso, l'incapacità di trovare nel mondo ristoro per l'anima. Leggiamo: 

 

<< L'anima erra in un labirinto, infelice, non c'è via di uscita davanti al male..... tenta di sfuggire al caos amaro, ma non sa dove dirigersi >> ( salmo Naaseni )

L’anima gnostica è racchiusa nel corpo fisico, e resa in catene dalla percezione dei sensi, incapace di trovare soddisfazione, appagamento, in quanto la circonda. Il mondo esterno  assume forma di intricato un intricato labirinto. Essa non trova linimento alcuno al dolore, che anzi è amplificato dalla constatazione che ad esso non vi è uscita. Questo salmo Naaseno rappresenta al meglio l'origine della speculazione gnostica, che non è riconducibile a  fenomeno depressivo, ammantato di retorica o aulico fraseggio, ma bensì attivo interrogarsi su di uno stato di disagio, di perenne insoddisfazione, d’intuizione che vi è altro oltre il fitto ordito della realtà. Lo gnostico riconosce un disagio intimo, non dettato dall’avere, ma dall’essere, ed ad esso vuole dare risposta e rimedio. Il primo atto dell'anima gnostica è rappresentato dal riconoscimento di una prigione, e dalla ricerca di una via verso la libertà. Non è, infatti, il primo atto di colui che desidera evadere, quello di rendersi conto della prigionia in cui versa ? Questa volontà di trascendenza non è forse ciò un attivo relarsi ?

 

<< questo fuoco è ingannevole, poichè dà agli uomini un'illusione di verità e li imprigiona in una dolcezza tenebrosa >> ( tratto dal Libro di Tommaso l'atleta )

 

Una sorta di profonda malinconia pervade tutto il pensiero gnostico, fino a prendere la forma della nostalgia che accompagna il pneumatico lungo il proprio viatico terreno. Se ogni aspetto di questo mondo è avvertito come estraneo ed alieno, è perché lo gnostico nella visione che incarna, è figlio di un'altra terra, di un reame lontano, e si trova per caso, capriccio o colpa, proiettato in una nazione lontana dagli usi incomprensibili. Attraverso i sensi l'anima è inebriata, portata a dimenticare una condizione di stato, precedente a questa in cui adesso si ritrova, ma che persiste a livello di rimembranza. Ecco che individuiamo nella nostalgia, la radice di ogni costruzione mitologica gnostica. E' la nostalgia, intesa sia come profondo lamento per ciò che fu, sia come, perenne, richiamo verso quella che sarà definito il Ritorno al Pleroma.        

 

<<1 Quand'ero un piccolo fanciullo dimoravo nel mio regno, nella casa di mio padre 2 lieto della ricchezza e del fasto dei miei nutritori. 3 Dall'Oriente, nostra casa, i miei genitori mi equipaggiarono e mi mandarono,.... (tratto dall'Inno della Perla)>>

 

Ritorno al Pleroma, o casa del Padre, è lo Zenit del percorso gnostico, la conclusione del sentiero di luce, e verso la luce, che l'anima deve compiere, guidata dalla voce della nostalgia, potente Koan interiore. La nostalgia è la creazione del mito dal mito, o per meglio dire la germinazione della mitologia e cosmogonia gnostica, dove il Nadir è rappresentato dalla condizione umana. Un mito titanico, per pochi eletti, che dal basso dalla prigionia, cercano di risollevarsi verso ciò che è perduto. E’ necessario rilevare come sia proprio la nostalgia, frutto della considerazione di ciò che si è, e di ciò che si prova a divenire, la pietra fondante di tutto il pensiero gnostico, il cardine attorno cui tutto ruota. E' nel dilemma dell'uomo, nel dramma di uno spirito incorruttibile in un corpo corruttibile che si forgia il pensiero gnostico. Un pensiero che si articola nel rapporto fra uomo e uomo, uomo e creazione e uomo dio.

 

Lo gnostico non trova risposte nella Creazione, nella ciclicità del tempo, nel deperimento della materia, alla propria condizione. Egli si pone domande, cerca risposte, che incarnano uno spirito antisociale, anticomunitario, in quanto non vede nella comunità, nel sociale, negli ideali, nella religione, soluzione al lamento, termine al movimento di ricerca.

 

L'unica soluzione ad un universo feroce, che divora la vita per donarsi la vita, è volgere lo sguardo interiore verso un Dio prima di dio, estraneo al dolore del cosmo. Se attorno all’uomo vi è disperazione, e morte, ciò non può essere frutto del vero Dio, ma di un Demiurgo, di una divinità inferiore e di maligna, che si manifesta nell'ordine costituito, nella catena degli eventi. Ecco quindi il Dio oltre Dio: Altissimo, luminosissimo, e assolutamente incomprensibile per l'uomo non gnostico. Un Dio così diverso e lontano dal carnale Dio del mondo monoteistico giudaico, circondato da un Abisso di Silenzio.  Come estremità opposta lo gnostico ha un'idea infima della materia e della Creazione, proprio in virtù di quanto esposto in precedenza: la non risposta che essa fornisce al dilemma umano.

L'indagare i costrutti gnostici attorno a questo tema, esulano l'attuale portata di questo lavoro, teso esclusivamente ad evidenziare la molla che tutto pone in movimento: la nostalgia.

 

<< Rifletto in che modo questo avvenuto. Chi mi ha trasportato in prigionia lontano dal mio luogo e dalla mia dimora, dalla casa dei miei genitori che mi hanno allevato ? >> ( G 328)

 

L'anima gnostica s’interroga sul come e sul perché è oggi relegata in un corpo. Ecco il punto fondamentale che allontana ogni ombra di depressione dall'universo gnostico. Il pneumatico si pone delle domande sulla sofferenza che attanaglia il cuore, ed ad essa cerca risposta, individuando una via di uscita:

 

<< O quanto mi rallegrerò allora, io che sono ora afflitta e paurosa nell'abitazione dei malvagi! O quanto si rallegrerà il mio cuore fuori delle opere che ho fatto in questo mondo! Per quanto tempo sarò vagabonda e per quanto tempo affonderò in tutti i mondi?>> (J 196)

 

L'anima gnostica non si lascia schiacciare dal peso della vita senza senso, ma anzi individua in essa un momento di purificazione, per quanto dolorosa necessaria alla risalita. Constata lo stato delle cose, comprende che deve darsi, e mantenere al contempo coscienza di se.

 

<<Sono una vite, una vite solitaria che sta nel mondo. Non ho un sublime piantatore, non ho un coltivatore, non un mite aiuto che venga ad istruirmi su tutte le cose>> (G.346)

 

L'anima gnostica è sola, ma questo non l'abbatte, non distrugge l'anelito salvifico. Nessuna indicazione “diretta e lineare” nella creazione, della via del ritorno, ma ciò non le impedisce di essere una pianta solare ( l'uva è un frutto cristico). Apprendimento, ecco la via di uscita. Attraverso il porsi nel mondo, nel trarre esperienza da ogni accadimento, vi è la risposta ad ogni quesito. Se manca l’istruttore, allora è lo gnostico che si istruisce.

 

I Sette mi hanno oppressa e i Dodici sono diventati la mia persecuzione. La Prima Vita mi ha dimenticato e la Seconda non si da pensiero di me>> (J 62)

 

Oltre alle considerazioni che hanno accompagnato il nostro percorso fino a questo momento, non possiamo disconoscere come emerga una triplicità di elementi, che nelle loro relazioni determinano e formano l'essere gnostico: il suo sentire. Spirito, Anima(gnostica) e Creato, dove la seconda sostanza è posta al centro, dilaniata, attratta, dall'uno e dall'altro polo. Un polo superiore che avverte, che intuisce, che anela, e un polo inferiore che la invade, la inebria tramite il desiderio, i sensi, i bisogni della materia. La nostalgia gnostica perdura per tutta la vita, durante il tragitto infinito nel labirinto dei sensi, delle ombre e luci della mente... Ad un passo dalla follia, ad un passo dalla santità. In quanto la gnosi salvifica e liberatoria non è un tendere, è un essere o non essere, e fino a quando non è raggiunta perdura lo stato nostalgico, che anzi tende a dilaniare con maggiore violenza l'animo dello gnostico che più si inerpica lungo la via senza ritorno.  Chi sono i sette se non i le pulsioni, i desideri dei sensi, e i dodici non sono forse la ciclicità del tempo attraverso il ripetersi dei giorni, dei mesi e delle stagioni ? Tempo e desideri ci legano a questo mondo.

 

Da questo straziante condizione di essere e non essere, da questa amara constatazione sulla natura umana, si determina  la convinzione nello gnostico, di essere diverso: straniero, in terra straniera.

 

Sulla nostalgia gnostica, la Mater del Mito, incontriamo la germinazione del mito gnostico, che oltre gli Arconti, i bisessuati, la Sophia, la Zoe, gli Eoni Incorruttibili, la Barbelo e il Pleroma, trova conclusione nel ritorno, dopo l'epica lotta dei pochi, del solo, contro la moltitudine delle cose tutte. In un titanico sforzo di ricomposizione di ogni porzione psicotica dispersa, di ogni brandello di memoria, in quel mosaico chiamato Uomo, in un anelito sussurrato del Dio prima di Dio: dell'Uomo prima dell'Uomo. 

 

99 Chinai il capo e adorai la maestà del padre mio che mi aveva mandato:

100 io avevo adempiuto i suoi comandamenti ed egli mantenne quanto aveva promesso

101 alla sua porta mi associai con i suoi principi:

102 egli si rallegrò di me e mi accolse ed io fui con lui, nel suo regno,

103 mentre lo lodava la voce di tutti i suoi servi.

104 Promise che anche alla porta del re dei re sarei andato con lui

105 con la mia offerta e con la perla mi sarei, con lui, presentato al nostro re.

Sicuri che vi è altro oltre i sensi, la carne e la mente, e che vive in noi attraverso il ricordo di un Ideale Superiore. Questa reminescenza ci anima, e ci guida nella follia di un mondo che muore ad ogni istante, per poi rinascere, come un Dio cannibale che si nutre dei figli che ha creato, per poi crearne di nuovi. Se questa molla fa difetto, se questo ricordo è assente, se questa volontà è un fuoco fatuo o spento, allora la nostra vita non sarà altro che un non senso, che un'occasione sprecata, che un servire da pasto alla Luna vorace e famelica. La nostalgia non come rammarico e fuga, ma come pallido ricordo di ciò che fu, e che può tornare ad essere: peso insostenibile per alcuni, via di redenzione per altri.

 

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mi sveglio

Post n°361 pubblicato il 04 Luglio 2009 da Hiram.sc



mi sveglio

nel sogno ...
prendo a camminare
non mi fermo..
faccio capriole lungo le onde del mare
nuoto tra le dune del deserto..
volo tra le radici degli alberi
annuso l'ebrezza dell'aria
nel mio dondolarmi
tra sogno e realtà..

 
 
 

SCAGLIA PURE LA PRIMA PIETRA

Post n°360 pubblicato il 25 Giugno 2009 da Hiram.sc

“Allora gli Scribi e i Farisei gli menarono una donna colta in adulterio; e fattala stare in mezzo. Gli dissero: Maestro, questa donna è stata colta in flagrante adulterio. Or Mosè, nella legge, ci ha comandato di lapidare queste tali; e tu che ne dici? Or dicean questo per metterlo alla prova, per poterlo accusare. Ma Gesù, chinatosi, si mise a scrivere col dito per terra. E siccome continuavano a interrogarlo, egli, rizzatosi, disse loro: Chi di voi è senza peccato scagli il primo la pietra contro di lei. E chinatosi di nuovo, scriveva in terra. Ed essi, udito ciò, e ripresi dalla loro coscienza, si misero ad uscire ad uno ad uno, cominciando dai più vecchi fino agli ultimi; e Gesù fu lasciato solo con la donna che stava là in mezzo. E Gesù, rizzatosi e non vedendo altri che la donna, le disse: Donna, dove sono quei tuoi accusatori? Nessuno ti ha condannata? Ed ella rispose: Nessuno, Signore. E Gesù le disse: Neppure io ti condanno; va’ e non peccare più” (Giovanni 8:3-11).

PERCHE' SIAMO SEMPRE PRONTI

A GIUDICARE

A CONDANNARE

A PARL MALE....

PERCHE'?????

 

 
 
 

la distanza dei cuori....

Post n°359 pubblicato il 24 Giugno 2009 da Hiram.sc

Se un uomo parla bene di un altro,

quel buon apprezzamento gli ritorna indietro: in realtà è se stesso che loda e che approva. quell'uomo semina nel giardino intorno a sè fiori ed erbe aromatiche:

dovunque guardi si sente in paradiso,

poichè vede solo fiori e piante profumate,

e ciò solo per l'abitudine di parlare bene degli altri.

.... ama ogni uomo, perchè tu possa sempre abitare fra i fiori e i prati.

Jalà al-Din Rumi

 
 
 

Itaca

Post n°358 pubblicato il 20 Giugno 2009 da Hiram.sc
Foto di Hiram.sc

Itaca

Se per Itaca volgi il tuo viaggio,
fa voti che ti sia lunga la via,
e colma di vicende e conoscenze.

Non temere i Lestrìgoni e i Ciclopi
o Poseidone incollerito: mai
troverai tali mostri sulla via,
se resta il tuo pensiero alto, e squisita
è l'emozione che ti tocca il cuore
e il corpo. Né Lestrìgoni o Ciclopi
né Poseidone asprigno incontrerai,
se non li rechi dentro, nel tuo cuore,
se non li drizza il cuore innanzi a te.

Fa voti che ti sia lunga la via.
E siano tanti i mattini d'estate
che ti vedano entrare (e con che gioia
allegra) in porti sconosciuti prima.
Fa scalo negli empori dei Fenici
per acquistare bella mercanzia,
madrepore e coralli, ebani e ambre,
voluttuosi aromi d'ogni sorta,
quanti più puoi voluttuosi aromi.
Rècati in molte città dell'Egitto,
a imparare e imparare dai sapienti.

Itaca tieni sempre nella mente.
La tua sorte ti segna quell'approdo.
Ma non precipitare il tuo viaggio.
Meglio che duri molti anni, che vecchio
tu finalmente attracchi all'isoletta,
ricco di quanto guadagnasti in via,
senza aspettare che ti dia ricchezze.

Itaca t'ha donato il bel viaggio.
Senza di lei non ti mettevi in via.
Nulla ha darti più.

E se la trovi povera, Itaca non t'ha illuso.
Reduce così saggio, così esperto,
avrai capito che vuol dire un'Itaca.

Poesie (C. Kavafis, Arnoldo Mondadori editore, 1961)

 
 
 

Orientamenti

Post n°357 pubblicato il 13 Giugno 2009 da Hiram.sc

«Ciò che vi è di "universale" in un essere sarà considerato come il meno, come quel che in esso vi è di meno reale, di più astratto, di incompiuto;

 nell'"individuale" si intenderà invece ciò che ha valore,

ciò che va voluto, ciò che è più reale,

la perfezione, o fine (τελoς), di un essere.

Ma, com'è noto, è esattamente questa la veduta di uno dei massimi esponenti dell'antica nostra cultura, di Aristotele, il quale contro Platone affermò che i "generi" e le "idee" in tanto hanno realtà, in quanto si incarnino e si attuino negli individui.

Questa veduta generale antimistica e antiuniversalistica, nel caratterizzare esattamente lo spazio del mondo occidentale in opposto a quello orientale, non esprime, anch'essa, che l'opposizione che in questo piano è determinata dal duplice riferimento a "verità guerriere" e "verità contemplative".»

J. Evola

Julius Evola: Per una difesa romana dell'Occidente, in "Vita Nova", ottobre 1931,
ora in Vita Nova (1925-1933), Roma 1999.

 
 
 

domani domani

Post n°356 pubblicato il 01 Giugno 2009 da Hiram.sc

"...tra le nuvole e il mare

si può fare

e rifare..."

 
 
 

non si respira

Post n°355 pubblicato il 31 Maggio 2009 da Hiram.sc

 
 
 

la fine è il mio inizio

Post n°354 pubblicato il 30 Maggio 2009 da Hiram.sc

"bisogna sapere

accettare la morte

come parte della vita

stessa" t.t.

 
 
 

credere oltre

Post n°353 pubblicato il 24 Maggio 2009 da Hiram.sc

 
 
 

Altus

Post n°352 pubblicato il 23 Maggio 2009 da Hiram.sc

" MUTUS LIBER,  IN QUO TAMEN

tota Philosophia ermetica figuris hierogliphicis depingitur,

ter potimo maximo Deo misericordiconsecratus,

solisque filiis artis dedicatus,

autore eius nomen est Altus.

21.11.82. Neg:

93.82.72. Neg:

82.81.33. Tued."

 
 
 
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PREGHIERA ETERNA

 

Per trasformarsi in libere sorgenti
bisogna prima diventare
righelli, squadre e compassi

 

L'AMORE VUOLE SOLO AMARE

 

LIBERI TUTTI

 

AVATAR

"Sono viaggiatore e navigatore. E tutti i giorni scopro un nuovo continente nelle profondità della mia anima"   Kahlil Gibran

"Tu non sei un essere umano che sta vivendo un'esperienza spirituale ma un essere spirituale che sta vivendo un'esperienza umana" Wayne W. Dyer

 

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LA VERITÀ .:.

tutti rincorriamo una verità... tutti ne possediamo una

 

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VISIONE DI SAGGEZZA T.Y.S. LAMA GANGCHEN

LA PACE INTERIORE E' NELLE NOSTRE MANI,

DOBBIAMO SOLO SCEGLIERE SE SEGUIRE I BUONI SENTIMENTI

O RIMANERE INTRAPPOLATI IN QUELLI NEGATIVI.

 

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IPSE DIXIT

sono sicuro che la reincarnazione esiste veramente,

che essa trae la sua origine dalla morte,

e che le anime dei morti continuano a vivere.  

SOCRATE

...Nè vi fu tempo mai in cui IO non fossi, nè tu,

nè questi dominatori d'uomini,

nè quindi innanzi cesseremo di Esistere mai più.

BHAGAVAD-GITA- Canto 2°-12

L'idea della mentempsicosi è forse il dogma più antico dell'universo conosciuto

VOLTAIRE

 

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