Dialoghi musicali

LA DEMAGOGIA


Questa mattina, spulciando tra vecchi documenti salvati nel secondo disco rigido del mio processore, nel tentativo (è follia, ma ogni tanto mi prende)) di mettere un po' di ordine, ho ritrovato un (interessante?) epistolario.Tra le tante cose scritte ho trovato una lettera che inviai qualche anno fa agli studenti del mio conservatorio il cui contenuto ritengo sempre attuale.Il titolo che ho dato a questo post non è casuale: l'ho scelto perché più volte il termine "demagogia" compare nel mio scritto di allora, sollecitato dall'uso che parecchi studenti del conservatorio ne fecero in quel momento, pronunciandosi in merito a problematiche che ancora oggi sono all'ordine del giorno nel mondo accademico.Ecco la lettera:Cari lettori,elimino malvolentieri il "cari ragazzi", poiché potrebbe sembrare "demagogico".Personalmente quando mi rivolgo ai miei coetanei, ultracinquantenni ed oltre, dico: ragazzi ascoltate questo, oppure, facciamo quello, e così via.Quindi, il termine ragazzi non è un modo paternalistico di rivolgersi a chi ha un'età anagrafica, e sottolineo anagrafica, inferiore, ma, almeno per quel che intendo (e con me un sacco di gente normale), un verso colloquiale che, in questo caso, vuole mettere a proprio agio chi legge, da parte di chi scrive.Come avrete modo di verificare, con il passare degli anni, non muterete il modo di rivolgervi agli altri, quando questo vorrà essere amicale, o informale, e scoprirete di utilizzare il termine ragazzi.Ho sottolineato età anagrafica, poiché ci sono spesso, troppo spesso, persone che, pur essendo giovani, con il loro modo di fare e di esprimersi, rivelano fin da subito l'intolleranza che li caratterizzerà più o meno pesantemente nel futuro.Non mi soffermo sui toni. Anch'io sono piuttosto colorito nelle espressioni. La fortuna è riuscire a capire quando si sta rischiando di eccedere, cadendo nel puro manierismo , perdendo di vista il fine della comunicazione e trasformando il discorso in uno sfoggio grossolano.Non so se debba sentirmi chiamato in causa ed accusato, quindi di demagogia. Personalmente ho maturato una particolare antipatia verso quella pratica, lontanissima dalla mia ideologia. Non sono solito, infatti, mettere in atto lusinghe, che solletichino l'amor proprio dei miei interlocutori, allo scopo di ottenerne il consenso, né sono solito promettere ciò che non posso mantenere.Non vado in cerca di voti (le ultime vicende che mi riguardano ne sono la dimostrazione più veritiera) per raggiungere incarichi politici, attraverso i quali, magari, deformare per obesità il mio portafoglio.Quello dell'assessore è un abito che non mi si addice minimamente, vista la mia sindrome pragmatica.Vorrei aggiungere che dire cose giuste, belle e, per giunta razionali, è contraddittorio con la pratica demagogica. A meno che non vogliamo considerare demagoghi: Gesù, Maometto, Gandhi e tutti quegli uomini e donne che hanno fatto della loro esistenza terrena (se vogliamo ammettere anche un'idea dell'ulteriore, metafisico e trascendentale) un luogo per dire e fare cose giuste, belle e razionali, a costo proprio della loro vita "terrena".Nessuna sicumera, da parte mia, sul linguaggio politichese da adottare all'uopo. Nessuna discesa dal Castel del Monte con il decalogo fresco fresco, contenente le regole del buon studente, professore, ausiliario.Il bravo Cofferati lasciamolo dov'è. Quando si ha la mia età, se si impiega parte del proprio tempo a cercare di coniugare la materia con lo spirito, pensando, si matura l'idea di non voler essere paragonati a nessun coetaneo, per quanto attiene alla capacità di affermare e difendere con dignità, ed in piena autonomia, le proprie idee ed i propri princìpi.Piuttosto, mi meraviglia, l'ideologia che si paventa, quasi una condizione di antitesi tra Professori e Studenti, alla stregua di Classi, Stati Antagonisti, ripresi in un luogo ed in un momento storico, per fortuna lontani, seppur rimasti vivi ed indelebili nella nostra memoria, ad indicarci la sostanza di quella parola, fin troppo usata ed abusata che è proprio: Democrazia.No. La Democrazia è o non è.Non esiste una declinazione soggettiva della Democrazia, che possa permetterne l'insegnamento ad uso e consumo dei personalistici comodi di chicchessia.La Democrazia non la si insegna se non la si pratica.Ed uno dei modi di praticarla è quello, difficilissimo, di imparare a rispettare gli altri.Senza travestimenti, o maschere, sotto cui celare l'intolleranza in tutte le sue molteplici facce. Aspetti che portano verso la dittatura, bianca, gialla, nera, o rossa che sia.Firmo sempre i miei scritti, per essere identificabile a chiunque voglia dialogare con me anche in altre sedi.Lo facevo anche nel '68 (e ho pagato un conto salato, proprio perché 37 anni fa le cose andavano diversamente).Dopo quel momento mi sono ripromesso che, se fossi diventato professore, mi sarei comportato con i miei studenti come mi sarebbe piaciuto che i miei professori si fossero comportati con me.E' stata una delle tensioni che mi hanno animato. Un principio al quale mi sono sempre sforzato di attenermi.Ottenere il rispetto degli studenti, rispettandoli e comprendendoli.Il che non significa venire meno (perdonami Antonio) ai doveri deontologici, etici e morali di chi insegna, che devono essere diretti anche verso il Sapere e la Materia che s'insegna.Mi dispiace, che un giovane, del quale non mi è dato di conoscere l'identità (visto che firma con uno pseudonimo orografico), dica cose che possono sembrare pesanti, con un tono che sembra ignorare quanto è avvenuto, proprio 37 anni fa, con il Sessantotto.Allora cercavamo il dialogo con i Professori, la maggior parte dei quali (chissà per quali problemi psicologici ed ambientali) sembravano avere dimenticato di essere stati a loro volta studenti.Oggi, ironia della sorte, con i mezzi di comunicazione multimediale, che dovrebbero abbattere differenze e distanze, ci sono Professori che cercano il dialogo, e Studenti che, per uno strano gioco del contrappasso, glielo negano.Domenico Molinini