Dialoghi musicali

Ma che Musica... (2)


E veniamo alle dolenti note.I protagonisti della cultura e della politica italiana del secondo '900 sono stati prevalentemente persone che non hanno mai saputo cantare decentemente neppure l'inno nazionale. Se fossero stati in grado di farlo, allora sarebbero stati in condizione di scoprire e comprendere se l'inno di Mameli abbia o non abbia  effettivo spessore musicale (cosa non da poco visto che di polemiche al riguardo ce ne sono state e ancora ce ne sono).Nel bene o nel male, fino al dopoguerra governanti e ministri italiani un'educazione o un'esperienza musicale l'hanno avuta.Giuseppe Mazzini, ad esempio, ebbe una solida preparazione chitarristica; possedeva tra l'altro una chitarra costruita nel 1821 da Gennaro Fabbricatore (i Fabbricatore sono stati una  famiglia napoletana di liutai  d'eccellenza ). Buon cultore della musica, Mazzini citò, nelle lettere che spedì alla madre dagli esili svizzeri ed inglesi, numerosi compositori per il suo strumento prediletto. Della sua passione per la musica restano alcuni cimeli e la sua Filosofia della Musica scritta nel 1836.La maggior parte dei politici italiani, ministri compresi, fino al fascismo suonava uno strumento o aveva studiato canto. Tutti, in ogni caso, erano assidui frequentatori del teatro d'opera.Anche Mussolini fece studi di violino, pare per 8 anni, e mi viene da pensare che se  avesse continuato a dedicarsi a quegli studi, forse avremmo avuto un concertista in più e, chissà, magari nello stesso tempo avremmo evitato la catastrofe che tutti conosciamo.Nell'Italia repubblicana nessun presidente del consiglio è stato un fruitore abituale di musica; a parte De Gasperi, nato austriaco, a Pieve Tesino, in Trentino, un'area compattamente italiana, ad eccezione di alcune isole linguistiche tedesche, dell'Impero austro-ungarico ed eletto parlamentare a Vienna nelle file del Partito Popolare.A proposito dell'Austria, se l'Opera di Stato di Vienna scioperasse si rischierebbe una crisi di governo (come avvenne negli annni '90). Non così in Italia dove se scioperassero tutti gli enti lirici la notizia  non desterebbe più clamore di tanto e probabilmente finirebbe nelle pagine interne di qualche quotidiano.Essendo questo il profilo musicale della classe dirigente, l'ignoranza musicale ha potuto attecchire ben coltivata dal mondo politico che ha gestito la musica sostanzialmente in maniera clientelare: dapprima, ai tempi delle vacche grasse, foraggiando acriticamente a pioggia, allo scopo di raccogliere una messe di voti; dopo, tagliando indiscriminatamente, per ostentare "adamantini" rigori di bilancio e magari incassare un ritorno elettorale. Nell'un caso e nell'altro, l'hanno fatta franca i furbetti, ossia quelli che, invece che per fare musica, hanno allenato le articolazioni a portare borse, le lingue a leccare quel che sappiamo ed il cervello a non pensare.(continua)