Dialoghi musicali

Ma che musica (4)


Laddove ci fosse la possibilità di approfondire certi assunti, si paleserebbe come tanti "professionisti" della musica siano in realtà "suonatori" che, privati dello strumento su cui esercitano l'atto pratico del suonare, non sono minimamente in grado di concettualizzare i suoni. Insomma, posti davanti ad uno spartito, non canticchiano autonomamente in qualche modo ciò che è scritto (a guisa di un dattilografo che scriva una tesi su un qualsiasdi argomento senza capire un'acca di ciò che stia scrivendo).A questa categoria di professionisti (sic) manca la capacità di cantare in anteprima ciò che sono in procinto di suonare.  In tal caso l'atto di suonare rimane nei limiti di una pratica meccanica (secondo un processo detto "ad espansione") ed è solo dopo aver suonato che  si può scoprire, attraverso l'udito, il contenuto musicale dello spartito. Qualora non si possegga la capacità della lettura musicale intonata, e tutte le abilità ad essa correlate, non si è in grado di leggere mentalmente ciò che è scritto, ossia di tradurre in suoni, ossia in significati sonori, i significanti segnici scritti sulla pagina dello spartito. Mi riferisco, quindi, ed è bene segnalarlo a caratteri cubitali, al possesso di un tipo di abilità che non si ottiene con l'inutile e spesso dannosa pratica del solfeggio, bensì con la pratica di discipline sinergiche che nei paesi anglosassoni prendono il nome di ear training e che consistono nell'educazione della percezione auditiva, ritmica, motoria, melodica e via dicendo fino a quella relativa all'ascolto musicale: alla piena comprensione del discorso musicale.Ed è anche opportuno, a scanso di equivoci, sottolineare che, essendo la musica una forma di linguaggio, per ascoltarla e "comprenderla" non occorre assolutamente conoscerne la grammatica e la sintassi. La musica si ascolta come si può ascoltare un notiziario. La comprensione delle notizie è determinata dalla conoscenza degli antefatti, ma prim'ancora dalla comprensione della lingua con cui essi sono riferiti ed ancorpiù dal grado di conoscenza del lessico.Tranquilli, quindi. Ci sono "suonatori" che non comprendono la musica ed "ascoltatori" che, invece, non conoscono la grammatica musicale, ma capiscono la musica, sanno valutarla e distinguono quella buona da quella mediocre o pessima.Buona, mediocre, pessima non significano assolutamente la becera distinzione che certuni fanno tra la musica cosiddetta "classica" e quella cosiddetta "leggera" (aggettivazioni a mio sommesso parere filologicamente poco corrette). Difatti, negli ambienti cosiddetti accademici si sono scritte e si scrivono composizioni  (colte?) che sono delle vere e proprie ciofeche (come avrebbe detto Totò), mentre ci sono delle pagine stupende di musica (incolta?) scritta per vestire mirabilmente canzoni, colonne sonore cinematografiche,  musica jazz, senza dimenticare la musica popolare, linfa che ha alimentato tante mirabili pagine di musica sublime dei più grandi compositori.Quindi, c'è musica e musica.C'è musica e musica come c'è vino e vino, ma non secondo le superficiali distinzioni che si fanno solitamente riferendosi all'una o all'altro.(continua)