Dialoghi musicali

Rai, “Rigoletto a Mantova”, presentato il kolossal Tv (suggerito dal post di Ilike)


Non so cosa mi stia succedendo: me ne frego!Sì. Me ne frego di quello che faranno a Mantova o all'Arena di Verona o in tutti i templi dell'arte oramai da tempo sconsacrati e profanati da operazioni che spesso sono più realizzazioni di processi raccomandatari ed economici che artistiche e culturali. Mi viene da pensare che tanta gente sbagli a fare di conto, eppure i professori di aritmetica non sembra stiano a strapparsi i capelli o, peggio, a farsi il sangue marcio.Tutti, nessuno escluso, sappiamo che esistono valori assoluti e acquisibili, riferiti ad ogni forma del sapere.Tutti, ciò non di meno, li riconosciamo solo alle categorie del sapere di cui abbiamo reale contezza, svilendo spesso le altre con giudizi fondamentalmente acritici. Si sono vendute milioni di enciclopedie mediche ad uso e consumo di soggetti ipocondriaci, malati immaginari quindi, i quali si sono messi a dissertare, novelli Azzeccagarbugli, su malattie e relative terapie da adottare. Non per questo i medici e la medicina ufficiale hanno levato alti lai.E che dire dei nostri connazionali, in gran parte sovrappeso se non obesi, con i propri culetti ben piazzati sulle poltrone, ma ugualmente tutti commissari tecnici della Nazionale di calcio e in grado di criticare le scelte di sportivi veri e per giunta di rango?Non parliamo, poi, della capacità, o dovrei dire volontà, d'intendere la politica. Che l'acume della maggior parte dei votanti è tale che se continuiamo di questo passo, da residenti nella repubblica delle banane, quale sta diventando la nostra, andremo a fare compagnia alle bertucce.Allora, forse, sarebbe il caso che noi (musicisti) ce ne fregassimo un pochino.Vogliono fare l'ennesima porcata? La facciano. Tanto a nulla serve che noi si stia a voler spiegare le ragioni, linguistiche, sintattiche, grammaticali, lessicali, semantiche, estetiche, e chi più ne ha più ne metta, nel tentativo di fare in modo che tutti sappiano distinguere il grano dal loglio, l'oro dalla mica, lo smeraldo dal fondo di bottiglia.E' doloroso, ma, vedi cosa accade, e più particolarmente mi accade: ogni qual volta cerco di essere "illuminista" sulla lingua musicale e quindi sulla sua dimensione qualitativa, direi merceologica, faccio la fine di Carlo Pisacane: la maggior parte tace e non chiede ulteriori lumi; qualcuno obietta, chiudendosi ad un discorso analitico e chiarificante; qualcuno addirittura si offende.Facciano pure il loro Rigoletto. Magari alla fine risulterà anche una eccellente produzione, e allora tanto meglio. Tuttavia il sugo, per dirla con Manzoni (del quale Verdi era un fanatico ammiratore al punto da dedicargli la Messa di Requiem), è quello che ho commentato con amarezza.La musica è troppo presente e "scontata" nella quotidianità della gente. Ciò distrae e non rende per nulla facile che si accetti di riconoscerne la giusta dimensione, sottoponendo ad un processo analitico ognuna delle poliedriche sfaccettature con cui essa si manifesta. Per cui in tanti si soffermano alle forme musicali che sono più diffuse e finiscono col ritenerle le uniche e le migliori in grado di soddisfare il loro bisogno di musica.A parte che bisognerebbe fare un grosso distinguo tra il sentire e l'ascoltare, la problematica, com'è evidente, è complessa e investe aspetti sociologici, psicologici e, naturalmente, politici.A qualcuno fa evidentemente comodo che i gusti di una popolazione in fatto di istruzione e cultura in generale, e quindi di musica in particolare, siano improntati ad un livello di mediocrità.