Dialoghi musicali

SINE NOMINE


Qualche giorno fa, dopo aver letto e commentato il post scritto da Red_Lady sulla vicenda di Franco Califano, avrei voluto scrivere un post sulla legge Bacchelli. L'avrei scritto dal mio punto di osservazione delle cose nazionali, poiché quella vicenda, emblematicamente, mostra ancora una volta che di musica, in questo paese, non capisce un'acca se non pochissima gente.Ritenevo e continuo a pensare che la pensione Bacchelli fosse e dovesse essere destinata a figure di reale spessore culturale, ma probabilmente mi sbagliavo e continuo e continuerò a sbagliare fino a che in questa nazione, che è in fondo alla graduatoria mondiale per la cultura musicale, si continuerà a scambiare il grano col loglio. Sono rimasto stupito, perplesso e perché no, indignato nel leggere che riferendosi al signor Califano, qualcuno ha usato il termine "maestro". Il termine "maestro" è fin troppo abusato e, come tutte le cose abusate si è svalutato. Una volta si dava del maestro a figure come Toscanini, più recentemente Rota, oppure a Picasso e Guttuso, o ancora Bergman e Fellini e via dicendo su questi piani.So bene che tra i lettori del mio blog ci sono stati parecchi ai quali non è andata giù la mia disponibilità a fare chiarezza su aspetti sintattici, grammaticali e lessicali della musica, prima ancora che estetici: è sembrato (ovviamente mi riferisco solo ad alcuni lettori di passaggio e non ai, seppur pochi, lettori fedeli) che essi si siano sentiti lesi nella loro presunzione di sapere.Sotto quest'aspetto l'obiettivo che questo blog pretendeva (non so più se usare il presente) di raggiungere non è stato neppure sfiorato. Ho scoperto che anche su quelle cose che sono marginali (parlo della musica per la maggior parte della gente) solo in pochi sono disponibili ad aprirsi alla conoscenza fondata su processi epistemologici. Al momento ad alcuni ho risposto in maniera lieve, accorgendomi che il solo fatto di aver tentato di dimostrare tutta l'insipienza di cui sono pieni certi personaggi che hanno raggiunto fama, notorietà e successo economico del tutto immeritati, poiché in realtà sono re nudi, ha disturbato non poco. Mi sarei aspettato delle richieste "in-formative": ad un  fisico, ad uno specialista e via dicendo, non ci si sognerebbe (almeno nel 2010) di confutare una dottrina che il fisico e lo specialista in genere non si sono inventata e della quale sono portatori. Ad un musicologo, invece, sì. Questo accade poiché la musica, bella, brutta, comprensibile o incomprensibile che sia, l'ascoltiamo tutti. E tutti ce ne facciamo un'idea soggettiva che deriva dai processi percettivi che mettiamo in atto. Perché la nostra soggettività, pur rimanendo tale, si muova in un ambito oggettivo, occorre, quindi, ascoltare la musica. Ascoltare, tuttavia, non significa sentire, poiché l'ascolto implica una serie di processi analitici che significano un percorso (ear training) che non tutti sono allenati a compiere, per carenze non dipendenti dalla propria volontà. Tali carenze, di fatto, fanno sì che il gusto comune, in ossequio al detto "non è bello ciò che è bello, ma è bello ciò che piace", diventi un metro assoluto di giudizio, alla faccia di tutta una dottrina plurimillenaria e dei dibattiti sull'estetica della musica degli ultimi due secoli. E così accade che chi voglia portare avanti la conoscenza musicale si trovi, oggi, confutato così come, tre secoli fa, è accaduto a chi ha detto che la terra è rotonda. Questo e altro avrei voluto scrivere sollecitato dal caso Califano. Che, poi, il signor Califano ha ammesso che ogni semestre la SIAE gli versa 10.000 euro ed io aggiungo che, e mi meraviglio se il signor Califano non lo sappia, tutti noi che prendiamo diritti d'autore, godiamo di un'assicurazione gratuita (ne ho esperienza diretta) che ci riconosce, per ogni giorno di eventuale ricovero ospedaliero, una diaria di alcune decine di euro, fino ad un massimo di oltre 20.000 euro annui. Ma non starò a scrivere ancora di questo personaggio che tra l'altro, come dicevo da red_lady, ha fatto uso veramente irresponsabile  dei suoi più che lauti guadagni, senza fermarsi un attimo a pensare,  ostentando con fierezza lo stendardo dello "sciupafemmine" ammirato da tutta una categoria di uomini che spesso mostrano di avere il cervello sufficiente per le stesse attività che svolgono gli abitanti dei pollai. Cionondimeno continuerò ad insistere per evidenziare la differenza che c'è tra un Do di petto e un pernacchio.