AGRI FOR DUMMIES

Carne più cara fino al 570%Meno soldi a chi la produce


I consumi di carne sono in diminuzione
Mister Prezzi assicura: cali in vista per pollo e tacchinoLUIGI GRASSIAROMA Dalla stalla al bancone della macelleria il prezzo della carne si moltiplica fino a 5 o 6 volte, e di conseguenza i consumi crollano, ma per quanto si cerchi di stringere la cinghia la spesa degli italiani continua a salire, per questa voce come per tante altre. Per affrontare l’emergenza ieri la Cia (Confederazione italiana agricoltori) ha incontrato a Roma «Mister Prezzi», cioè il Garante per la sorveglianza dei prezzi Antonio Lirosi, il ministro delle Politiche agricole Paolo De Castro e le associazioni dei consumatori, e ha fatto presente che gli allevatori non hanno colpa per i super-rincari, anzi hanno dovuto farsi carico di un forte aumento dei costi di produzione (+8,5% nel 2007 rispetto al 2006) mentre i loro introiti sono calati (in media -5,5%). Tanto più assurdi e ingiustificati risultano allora gli aumenti dal macellaio. La colpa è, dice la Cia, della filiera del commercio. Dal produttore alla tavola la carne bovina rincara del 450 per cento, quella suina del 570%, il pollame del 415%, i conigli del 430%. Ancora più insensata la moltiplicazione media dei prezzi per 10 volte dei salumi, con una punta di 20 volte per i prosciutti. Gli aumenti ingiustificati e speculativi, denuncia la Cia, hanno provocato nel 2007 una drastica diminuzione dei consumi: la carne bovina registra un calo del 4,5%, quella suina -4,6%, i conigli -3,8%, i salumi -1,5%. A crescere sono solo gli acquisti di pollame (più 6,2%) ma per una situazione particolare: il settore è uscito infatti nel 2007 dalla catastrofe dell’influenza aviaria che, a suo tempo, aveva provocato una flessione delle vendite prossima al 30 per cento. Gli aumenti dei prezzi della carne non sono in linea con il mercato, perché alla produzione i prezzi, nel 2007, sono diminuiti costantemente: per la carne bovina -6,4%, per i suini -10,5%, per i conigli -10,2%, per l’agnello -3,6%. In crescita soltanto i prezzi dei polli (+4,3%), ma anche qui l’eccezione si spiega con i motivi citati sopra. Gli acquisti dei vari tipi di carne incidono per circa un quarto della spesa mensile alimentare delle famiglie italiane (470 euro). Nel 2007 il consumo pro-capite di carni è stato pari a soli 88,5 chili mentre nel 2005 era di 91,3 chili. Gli allevatori sono stretti da una tenaglia, perché i costi di produzione aumentano a dismisura. Lo scorso anno i mangimi sono rincarati oltre il 15 per cento mentre il costo del gasolio è cresciuto del 38 per cento. La Cia, quindi, richiama l’attenzione delle autorità sulla «necessità di una maggiore trasparenza nella formazione dei prezzi» e invita a «intervenire con tempestività e fermezza contro gli squilibri del mercato». Il ministro De Castro ha detto che qualche segnale positivo c’è già stato: «I prezzi cominciano a calare», ma «è bene ricordare che fenomeni di questo tipo non generano immediatamente risposte positive sui consumi». Il ritardo nella flessione dei prezzi, ha aggiunto il ministro, «è un problema che purtroppo si verifica spesso, non solo nei prodotti alimentari ma anche ad esempio nel petrolio». Il Garante dei prezzi Lirosi ha aggiunto che «ci sono tutte le condizioni, sia dal lato della produzione che dell’ingrosso, per un raffreddamento in tempi brevi dei prezzi di pollo e tacchino».