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AIPA erga pueros

Adozione Internazionale - AIPA onlus

 

 

Una casa per Angelica

Post n°13 pubblicato il 06 Dicembre 2019 da AIPA_onlus

Vi ricordate il nostro incontro con le famiglie che hanno adottato in Brasile? Quello del 18 settembre? 

La giudice Monica Labuto, al centro, durante il nostro incontro di settembre 2019

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Era presente la giudice Monica, di Rio de Janeiro, alla quale avevamo chiesto di segnalarci un progetto cui poter partecipare, perché il nostro obiettivo, oltre a trovare una famiglia per i molti bambini che si trovano davanti un futuro troppo incerto, è quello di riuscire a lasciare qualcosa nei paesi in cui operiamo, perché il nostro lavoro non sia solo "prendere", ma anche "collaborare" con i paesi. Non pretendiamo, naturalmente, di essere risolutivi in qualcosa, siamo un Ente piccolo (e anche abbastanza squattrinato), ma cerchiamo comunque di essere presenti attivamente, per quanto ci è possibile.

Angelica, 18 anni

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Monica ci ha parlato di una ragazza che oggi ha 18 anni e che vive in Istituto; la ragazza si chiama Angelica,  e quando era piccola, mentre giocava sopra un albero è caduta ed è rimasta paraplegica; arrivata ai 18 anni di età, la legge impone che debba uscire dall'istituto, ma non avendo nessuno, orfana e disabile, rischiava di trovarsi in mezzo alla strada; i servizi le hanno trovato una casa molto vecchia, quasi diroccata e hanno cercato di renderla abitabile, con contributi raccolti in molti modi diversi. La ristrutturazione ha riguardato principalmente l'interno, e l'abitazione è stata resa fruibile in tutti i suoi ambienti anche da parte di chi utilizza la sedia a rotelle; naturalmente resta ancora molto da fare, soprattutto all'esterno, e anche il pavimento è irregolare; inoltre la casa è ancora completamente vuota.

La casa per Angelica, prima e dopo la ristrutturazione

La casa per Angelica, prima e dopo la ristrutturazioneL'esterno ha bisogno di molte modifiche, prima di tutto serve la rampa per facilitare l'accesso all'abitazione

L'esterno ha bisogno di molte modifiche, prima di tutto serve la rampa per facilitare l'accesso all'abitazione

Noi abbiamo già contribuito con alcune somme raccolte nel tempo, ma abbiamo preso a cuore questa situazione, e vogliamo cercare di fare qualcosa in più, con il vostro prezioso aiuto. Nel video, il lavoro fatto all'interno dell'abitazione.

[youtube https://www.youtube.com/watch?v=V31zHtkuTTU&w=560&h=315]

 

Questo il messaggio di Monica:

Angelica è stata istituzionalizzata all'età di 9 anni. E' rimasta orfana, e all'età di 11 anni, ha avuto un incidente all'interno dell'istituto "Aldeias SOS" (è caduta da un albero) ed è rimasta paraplegica. Successivamente, ha vissuto per 7 anni all'istituto "Lar Dona Meca" e ha raggiunto la maggiore età nel mese di luglio del 2019.Nel mese di gennaio 2020, Angelica dovrà lasciare l'istituto e tutti gli amici stanno aiutando a ristrutturare la casa in cui andrà a vivere. Abbiamo ancora bisogno di aiuto per ristrutturare tutta la parte esterna e la costruzione della rampa d'accesso per una maggiore accessibilità all'appartamento.Angelica ha due fratelli adottati nel sud Italia, Damião (16 anni) e Ana Carolaine (20 anni).

Aiutaci a rinnovare la casa di Angelica.

COME CONTRIBUIRE:

Qualsiasi cifra puo' essere d'aiuto, l'obiettivo non è troppo lontano, e speriamo di poter regalare un futuro meno difficile a questa ragazza.

Il versamento potrà essere effettuato secondo uno delle seguenti modalità:

   c/c postale N° 60702008 intestato a A.I.P.A. (causale: Una casa per Angelica)

   Bonifico BancoPosta: IBAN: IT 46 D 07601 03200 000060702008 (causale: Una casa per Angelica)

   con carta di credito tramite PayPal (cliccare sull'immagine): paypal_sure

Chiederemo a Monica Labuto di tenerci informati sui lavori in corso, e vi faremo sapere. Grazie a tutti!

www.aipaweb.it

 
 
 

“Digli di non aver paura”: la memoria dei figli come dono

Post n°12 pubblicato il 06 Ottobre 2018 da AIPA_onlus
Foto di AIPA_onlus

Giornata di studio e riflessione sul tema:


Custodire la memoria dei figli come dono

(Ti ritrovo in me come un ricordo senza origine)

Chissà quante volte avrete sentito parlare e avrete parlato in famiglia delle difficoltà che hanno incontrato i vostri figli già dall'inizio della loro vita. Oggi abbiamo pensato di iniziare l'incontro proprio ascoltando le nostre tre relatrici Milly Gambirasio, Lilly Galli e Shanti Mignani che hanno accettato subito l'invito dell'AIPA, ci racconteranno la loro esperienza e ci porteranno lontano. Penso che dovremo ascoltare con la massima attenzione quanto ci racconteranno e per questo lasceremo tutto il tempo che riterrete necessario per continuare ad avvicinarvi sempre più al mondo dei vostri figli e a quelli che dovranno diventare vostri figli.
Lasciate emergere senza timori quanto i racconti potranno far emergere in voi, le preoccupazioni, le paure di fronte all'ignoto, le speranze e, speriamo, anche la gioia.
Vi porterò la mia esperienza accumulata in tanti anni di lavoro con questi bambini e ragazzi adottivi e con le loro famiglie e vorremmo poi fare con voi, in gruppo,una riflessione che ci porti a rispondere sempre più approfonditamente alle domande:
Quale profondo significato ha per i miei figli la loro origine e l'abbandono legato alla loro origine?
Cosa significa per me genitore avere un figlio che ha vissuto questa esperienza?
Cosa si aspettano loro da noi? Di cosa hanno bisogno?
Cosa ci aspettiamo noi da loro? Di cosa abbiamo bisogno come papà, come mamme e come coppie.
Inoltre vorremmo riuscire,sempre insieme a voi, a riflettere sull'adozione anche come cura del dolore provato da questi bambini focalizzandoci sulla comprensione dei bisogni loro e vostri. Tutto questo ripensando alle storie dei vostri figli che sono tutti diversi anche se hanno vissuto un'esperienza per molti aspetti simile. Sono sicura che se riusciremo ad affrontare questi temi parlando dei sentimenti che vi evocano faremo un buon lavoro.
Bene, cominciamo. Le cose sulle quali riflettere sono tantissime, ma molto interessanti.


Come vi ho detto vi porterò quello che mi sembra di aver capito in tanti anni di lavoro nel campo dell'adozione.
Ho risposto subito con grande piacere all'invito di Gabriella perché, come abbiamo cominciato a vedere anche questa mattina, riflettere sul tema delle origini è fondamentale: significa proprio farsi carico della intera esperienza esistenziale di questi bambini.
L'amore che voi date loro è, naturalmente, essenziale. Ma loro hanno anche un altro profondo bisogno. Quello di essere accompagnati lungo un percorso di elaborazione che li aiuti a riallacciare i fili del pensiero, a rimettere insieme tutti i loro frammenti di vita al fine di raggiungere un'integrazione del proprio se' (vedremo che sono legati al loro passato, al loro Paese di origine, anche se adottati piccolissimi, molto più di quanto noi potremmo immaginare).
L'impossibilità di rispecchiarsi, di identificarsi nei genitori di origine comporta una difficoltà. Voi genitori adottivi avete quindi non solo il compito di fornire loro le buone cure genitoriali, ma anche quello di fare in modo che si sentano integrati e si rispecchino nella vostra mente; di più, devono rispecchiarsi in voi e in due culture così diverse. E' necessario e molto bello riuscire a creare una storia comune tra genitori e il bambino che deve diventare figlio. E questo è più agevole se non dimenticate la necessità di recuperare la storia dei vostri figli per non dimenticare nulla di loro e come fattore di stabilizzazione del loro sviluppo psicoaffettivo.
Sono bambini "feriti dentro" è anche il titolo di un bel libro che li presenta così: "Si tratta di bambini che provengono da contesti in cui hanno vissuto esperienze traumatiche multiple quali l'abbandono, maltrattamenti, abusi di ogni tipo, che nella loro crescita hanno fronteggiato una genitorialità fragile e inadeguata". Si trovano inseriti in strutture che naturalmente non possono dare loro quelle attenzioni individualizzate necessarie a nutrire la mente e il corpo di qualsiasi essere umano.
La loro origine è caratterizzata dall'abbandono. I riflessi dell'abbandono hanno a che fare con un sentimento profondo che coinvolge anche l'immagine di sé: "Mi hanno abbandonato perché brutto?... ero cattivo? Non valevo niente?" Ripetono spesso quando sono piccoli. Sono bambini che, nella migliore delle ipotesi, hanno vissuto l'indifferenza da parte degli adulti che avrebbero dovuto prendersi cura e stare loro vicini in modo protettivo. Nessuno ha spiegato loro il mondo, come si vive nel mondo. Sono stati profondamente feriti nella fiducia e nell'amore, sentimenti di delusione molto duri da reggere anche per noi adulti. Proviamo a pensare come ci sentiremmo noi adulti se non fossimo mai guardati da nessuno, se nessuno ci desse mai un apprezzamento per come siamo o per qualcosa di buono che abbiamo fatto. Anche la nostra autostima vacillerebbe, ci sentiremmo invisibili.
E allora questi bambini, che certo non hanno le sicurezze che più o meno tutti abbiamo acquisito nel corso della vita, come fanno a dare a se stessi un valore se non hanno mai avuto riconoscimenti da nessuno? Rinforzare la loro autostima è un compito molto importante per voi genitori, siete le figure più adatte per poterlo fare.
Pensate cosa può succedere a un bambino, che è una creatura completamente dipendente dagli adulti che ha intorno, quando comprende che qualsiasi cosa faccia o dica viene maltrattato, trascurato, se non violentato. Non ha nessuno di veramente importante, solo per lui, al quale rivolgersi, non può chiedere a nessun adulto quegli infiniti "perché" che tutti conosciamo, non ha fiducia in nessuno, è diffidente perché non ha mai fatto l'esperienza di un adulto amorevole accanto a lui. Ha ragione a diffidare, non potrebbe sentire diversamente perché questa è la sua esperienza di vita. Hanno vissuto in uno stato continuo di solitudine affettiva. Come può fidarsi degli adulti se è da loro che deriva tutto il proprio malessere? Quindi è la relazione che hanno instaurato gli adulti con loro che sviluppa la loro diffidenza.
Il loro mondo interiore è in parte popolato dal caos. Cerchiamo di capire questo caos interiore che li rende tanto complicati: a volte appaiono più maturi di un quarantenne e un momento dopo sono bisognosi delle attenzioni tipiche dei bimbi piccoli. E' difficile per loro integrare in modo armonico quelle parti di sé che costituiscono proprio le loro radici, le fondamenta della loro vita che loro non conoscono o, se conoscono, hanno provocato loro solo molto dolore. (Quelle parti che vengono integrate naturalmente nascendo in famiglia e facendo un percorso di vita, diciamo, affettivamente positivo).
Un libro molto interessante per comprendere proprio questo loro "caos"(che è illustrato in modo molto efficace da un quadro di Kandinski "ammasso regolato" che non a caso è la copertina del libro) è scritto da una psicoanalista che aveva una straordinaria e lunga esperienza nel campo adottivo e che dopo una malattia gravissima "encefalo mielite acuta disseminata" che le aveva assolutamente tolto la memoria, ha dovuto a sua volta adottare una parte di sé che sentiva estranea, portatrice delle "non memorie"e articolarla con l'attualità della propria esistenza. Come gestire "lo straniero" con cui entriamo in contatto, sia esso un estraneo o siano parti di noi di cui non abbiamo consapevolezza, e che a volte rifiutiamo quando ci vengono segnalate da altri. Essere stranieri a noi stessi, cioè avere una parte di noi non conosciuta, è fonte di sofferenza fino a quando non riusciamo a riarticolare e riaggregare almeno alcun nostri pezzi, e questo è il lavoro che questi nostri bambini e ragazzi dovrebbero fare, ed è loro richiesto in tutti i passaggi di vita, in tutti i cambiamenti esistenziali significativi. Naturalmente sono fonte di dolore, ma anche di crescita.
L'autrice osserva nel suo libro che col passare degli anni si resa conto che per occuparsi di adozione e comprendere i sentimenti di questi bambini è necessario andare molto in profondità nel nostro rapporto con loro, ma con tutte le parti di noi, e così diventiamo capaci di svelare anche a noi stessi mondi poco conosciuti, ricchi di immagini, colori, emozioni.
E' necessario andare a cercare il "diverso da noi", che è in ognuno di noi, la nostra parte nascosta, "l'ombra" come dice un'altra autrice, che si chiama Zanuso, parlando proprio di un mondo che non conosciamo perché nasce da un insieme di sensazioni/percezioni differenti da quelle che ci sono familiari".
Vi porto alcuni esempi sia della letteratura, sia ascoltati nei colloqui che ho avuto che mi sembra illustrino bene la confusione che hanno in testa questi bambini e le loro angosce che possono emergere di colpo in vari momenti della loro vita:
" Ma tu dov'eri quando mi han fatto questo?" diceva una bambina adottiva mostrando alla mamma delle cicatrici. In quel momento cercava di integrare la mamma adottiva nella sua vita passata.
"Ma tu eri la mamma che mi ha lasciato qui tanto tempo fa?... Ma perché mi hai lasciata e perché non sei più venuta? E perché vieni solo ora?"
Queste domande possono mettere i genitori in difficoltà perché non sanno cosa rispondere.
Lorenzo, è un ragazzo di sedici anni adottato quando aveva due mesi dal Messico. Per sedici anni, a detta dei genitori, procede tutto bene. Scoppiano i problemi quando al liceo spiegano le leggi dell'ereditarietà (piselli di Mendel). Il non sapere nulla delle sue origini lo porta a ingigantire anche i più semplici disturbi di salute: "... e se ci fosse qualche tara ereditaria di cui non potrò mai sapere? Potrò avere una ragazza? E se fossi ammalato senza saperlo?"
Come vedete per Lorenzo un'esperienza scolastica ha slatentizzato in età evolutiva un nodo non risolto. Sono momenti legati a dinamiche antiche da tenere molto presenti e a cui dare tutta l'attenzione dovuta, ma senza lasciarsi prendere dal panico.
Paloma, una giovane donna di 24 anni, nata in America Latina adottata a sette mesi, è mamma di un bimbo di pochi mesi avuto con un ragazzo che conosceva da sei anni e con il quale conviveva in apparenza felicemente. I genitori del ragazzo arrivano da un Paese Arabo per conoscere il nipote... apparentemente tutto bene, ma il papà del bambino torna improvvisamente in nel suo Paese d'origine con i suoi, senza farsi più vivo. Si suppone che avessero già trovato una moglie per lui, e non torna più né da più sue notizie. Questa giovane donna soffre un secondo abbandono che la manda in una depressione molto forte. Sembra senza speranza. Ritorna a nutrire una notevole sfiducia in tutte le persone che conosce. Non dice che è mamma, non si fida di nessuno. Quando le faccio notare durante i mesi di terapia che questo modo di pensare è distruttivo per lei un giorno si spiega così: "quando aspettavo mio figlio ero molto felice, mi sentivo amata e aspettavo il mio bimbo con gioia e gli ho trasmesso questa mia gioia, e lui sarà sempre felice (in effetti è un bimbo impastato di gioia di vivere). La mia mamma biologica doveva essere disperata quando mi aveva nella pancia e mi ha trasmesso tutta la sua tristezza, e io so che sarò sempre così". Questo secondo abbandono l'aveva buttata nel famoso caos del quale parlavamo e aveva riattivato tutta l'angoscia legata al suo abbandono, alla sua origine. Era congelata lì.
Elia è un ragazzino di undici anni adottato quando aveva quindici giorni in un Paese che è da sempre in guerra. Ovviamente non ricorda nulla della sua origine e quando, a dieci anni, incontra la suora dell'istituto dove era rimasto quei pochi giorni prima dell'adozione le chiede notizie della sua mamma di origine. La suora risponde che lui è l'unico che si è salvato durante un bombardamento che ha distrutto la casa, e tutti i suoi parenti sono morti. Questo racconto naturalmente lo turba molto e sviluppa una paura diffusa verso l'ambiente che lo circonda. Non rimane mai più a casa da solo, è terrorizzato proprio quando passano gli aerei, se sente un'ambulanza si rifugia sotto il letto. Ha spostato il letto in modo da vedere la porta della stanza e dorme tutto coperto solo un occhio fuori per vedere se arriva un assassino... Poi inizia a fare un sogno ricorrente: Dice che è sotto le bombe, riesce a prendere una liana e a salvare la mamma e poi da solo scappa dalla finestra .Ogni razionale tentativo della madre adottiva, che gli fa presente che è stato adottato a quindici giorni e non può essere vero quello che ha sognato, cade nel vuoto. Lui ha bisogno di dire che la sua mamma di origine è viva e lui può vivere tranquillamente la sua vita in quella che è la sua famiglia a Milano.
Vi porto un esempio un po' più leggero: una coppia racconta ad un loro amico che ha fatto domanda di adozione. Questo amico, che loro conoscono da sempre, è un giovane affermato in tutti i settori della vita esprime molta emozione quando gli danno questa notizia e dice: "ma io sono un bambino abbandonato"! Loro non lo sapevano, lui non lo aveva mai detto, ma in quel momento il ricordo della sua nascita "diversa" ritorna con molta forza.
Forse queste storie ci aiutano a capire come è complesso questo rapporto con le proprie origini.
Andiamo oltre, vediamo quando crescono e focalizziamo l'attenzione sugli adolescenti adottivi in generale. Parlando con loro ho avuto modo di osservare degli aspetti psicologici che ritornano in quasi tutti sia pure con sfumature diverse. Hanno la consapevolezza, a livello molto profondo, ma neanche tanto profondo perché lo dicono apertamente, che avrebbero potuto essere uccisi: "Avrei potuto essere ucciso... Potevo morire... mi sento di usurpare il mio posto al mondo..." Non deve essere semplice vivere con questi sentimenti legati all'inizio della propria vita.
Quattro anni fa circa dovevo incontrare per un fine settimana dei genitori adottivi di ragazzi nati in Bielorussia e allora ho chiesto di poter parlare separatamente con i ragazzi per capire cosa avrei potuto dire ai genitori per aiutarli eventualmente nel rapporto con i figli. Vi riporto brevemente quanto hanno detto. Questi ragazzi, ormai sui vent'anni comunicano con disappunto che, secondo loro, negli istituti non vengono adeguatamente informati sulle loro origini, e loro vorrebbero essere informati. Osservano che i genitori adottivi dovrebbero avere notizie sull'origine dei bambini che adottano, dovrebbero sapere dove sono nati, e perché sono stati abbandonati e chi erano i genitori. Il discorso sui genitori di origine è un tema importantissimo che richiede di essere affrontato con molta delicatezza e non può essere liquidato ricordando i crudi dati di realtà (es. padre alcoolista, madre prostituta, ecc. o frasi del tipo " la tua mamma ti ha voluto bene e ti ha lasciato perché sapeva che saresti stato meglio" ecc.). Ho letto una frase su un libro che mi sembra sia una possibile pista da seguire: "dobbiamo aiutarli nella loro crescita a trovare la risposta all'angosciosa domanda sul perché, nella vita, a loro è andata in questo modo." Se riusciamo ad approfondire con loro questo pensiero li aiutiamo proprio ad integrare la loro doppia identità e questa è la cosa più importante per loro.
Vi porto un ultimo esempio che mi sembra ci aiuti a capire proprio il loro bisogno di sapere e di comporre il loro puzzle. Uno di questi ragazzi, ventiduenne attualmente, prima di venire in Italia dove ormai vive, sapeva il nome del paese dove era nato e ha scritto alla Polizia per avere notizie. Gli hanno risposto dandogli l'indirizzo di una "zia". L'ha conosciuta e quando le ha chiesto notizie sulla sua famiglia, lei ha risposto solo: "E' una brutta storia... lascia perdere..." e non ha aggiunto nulla. Lui ha continuato la sua ricerca, stava per venire in Italia e non voleva "partire senza sapere". Trova il fratello del nonno che gli dice che era bruciata la casa ed erano morti tutti, genitori e parenti... lui vuol vedere cosa è rimasto della sua casa, e il fratello del nonno lo accompagna sul posto. Trova solo il camino in pietra. Tutto il resto è bruciato. Questo ragazzo era stato messo in Istituto piccolissimo e riconosce che l'istituto era la sua famiglia, dove era stato anche bene, ma prima di lasciare il suo paese ha "voluto sapere".
A questo punto partecipa alla nostra conversazione anche un altro adolescente che era fino ad ora rimasto silenzioso, ma molto attento. Riconosce, e tutti gli danno ragione, che non avevano, e ancora a volte non hanno, la minima idea di cosa significhi vivere in una famiglia, i vari ruoli che si giocano all'interno delle famiglie. Un ragazzo racconta di essersi molto stupito quando un capodanno è rimasto a dormire da un amico e non ha pensato ad avvisare i genitori adottivi che, naturalmente, hanno telefonato a polizia, carabinieri, ospedali ecc. lui osserva: "ma nessuno si è mai preoccupato di quello che facevo, non ho neanche pensato che potessero essere preoccupati, mi è molto dispiaciuto quando l'ho capito".
Ripetono che non sanno proprio muoversi sia all'interno della famiglia sia nel contesto sociale. Questi aspetti li segnalano come grosse difficoltà: "non sappiamo le cose più semplici, non sappiamo le cose che i bambini nati in famiglia imparano già da piccolissimi, e questo per noi è motivo di sofferenza e di vergogna".
Questa difficoltà è da tenere molto presente perché voi potreste chiedere loro di far cose che non sanno assolutamente fare, che non sanno neppure da dove cominciare a fare e loro hanno paura di esser considerati stupidi se spiegano queste cose.
Descrivono la vita in istituto come se avessero vissuto in un mondo "sospeso" dove le giornate si ripetevano sempre uguali. Una mamma riferisce che non aveva notato neppure un orologio in tutto l'istituto. I ragazzi osservano che si muovevano al suono delle varie campanelle. Prima campanella li svegliava, seconda per lavarsi, poi per la colazione, poi scuola e così via. E' un'esperienza anonima, non possono relazionarsi con una campanella! Non avevano una voce che li svegliava, qualcuno che chiedeva come avevano dormito. Erano educati con riflessi condizionati di Pavlov.
Pensano tutti i giorni alla Bielorussia, alle loro maestre. Conservano una buona immagine delle loro maestre e anche dell'Istituto; "E' grazie a loro che siamo venuti in Italia". Esprimono proprio molta gratitudine per queste persone; "Non avremmo avuto vita fuori dall'Istituto". Ho chiesto se pensavano di tornare in Bielorussia: "Si, certo, per vedere come stanno le maestre, e per far vedere come stiamo noi." Ho domandato ancora se qualche volta pensano di tornare a vivere in Bielorussia. La loro risposta è stata la seguente: "No, perché in Italia abbiamo la nostra vita e i nostri affetti profondi."
Erano molto seri e mi sembravano anche un po' commossi mentre dicevano queste parole. Infine, al termine dell'incontro, ho chiesto loro se c'era qualcosa che volevano che dicessi ai genitori che avrei visto presto.
Li ho trovati veramente formidabili, mi hanno detto: "digli di non aver paura".



Tre libri interessanti:"Feriti dentro" di Louise Michelle Bombèr. Ed Italiana a cura di Francesco Vadilonga - Franco Angeli ed."Adozione e oltre" di Claudia Artoni - Slesinger, Ed. BorlaAlessandra Zanuso: "La nostra parte nascosta: l'ombra" - Ed Baldini Castaldi Dalai. 

 
 
 

Adozioni Internazionali: Incontri informativi: 13, 21 e 28 aprile 2018

Post n°11 pubblicato il 26 Marzo 2018 da AIPA_onlus
 

Gruppo bimbi

Gli incontri di informazione sui modelli operativi dell'Ente sono a titolo gratuito e sono aperti a tutte le coppie che intendono acquisire informazioni sull'Ente; per parteciparvi non occorre essere in possesso del Decreto di Idoneità; al termine dell'incontro, le coppie che hanno già terminato il loro percorso istituzionale con i Servizi Sociali ed il Tribunale per i Minorenni, potranno richiedere un incontro individuale  con gli operatori dell'Ente, allo scopo di approfondire la propria disponibilità all'adozione in relazione all'operatività dell'Ente nei Paesi con i quali si opera. Chi è quindi già in possesso del Decreto e della Relazione psico sociale può depositarne una semplice fotocopia unitamente alla richiesta di incontro individuale di coppia.


L'incontro informativo ha la durata massima di circa 3 ore e sarà così articolato:
1) Presentazione dei relatori e delle coppie presenti;
2) Percorso dettagliato offerto dall'AIPA a chi intende conferire incarico;
3) Presentazione dei Paesi con i quali AIPA collabora nel settore dell'adozione internazionale, con particolare riferimento a: normative dei Paesi esteri, disponibilità dei minori per l'adozione internazionale, procedure, assistenza offerta dall'AIPA all'estero; costi delle procedure all'estero; previsioni tempi di attesa per ogni singolo Paese.
4) Interventi delle coppie partecipanti.


**

Modalità di iscrizione per gli incontri di AIPA Roma:
- richiesta scritta a mezzo mail: info@aipaweb.it;
- a mezzo telefono: 06.39030374 oppure 327.0478266.
oppure
Modalità di iscrizione per gli incontri di AIPA Nord (Piacenza):
- richiesta scritta a mezzo mail: nord@aipaweb.it;
- a mezzo telefono: Tel 0523 715321 - cell. 345 9376011.
oppure
Modalità di iscrizione per gli incontri di AIPA Lombardia (Monza):
- richiesta scritta a mezzo mail: lombardia@aipaweb.it;
- a mezzo telefono: Tel 039 8943928 - cell. 345 9376011.
Nel confermare la partecipazione agli incontri, fornire i propri nominativi completi insieme ad un recapito telefonico.

**

N.B. Le coppie che sono già in possesso dell'idoneità all'adozione possono chiedere, se lo desiderano, un incontro individuale, alle stesse condizioni di gratuità, per un percorso personalizzato.
www.aipaweb.it
Aiuta le attività dell'A.I.P.A.:
I corsi sono gratuiti ma puoi aiutarci a sostenerli tramite una DONAZIONE

donazione

 
 
 

Contributo regionale per le coppie della Sardegna che intendono adottare

Post n°10 pubblicato il 10 Giugno 2017 da AIPA_onlus
Foto di AIPA_onlus

Le coppie che intendono adottare bambini che vivono all’estero devono conferire l’incarico ad un ente autorizzato, che ha il compito di affiancare i futuri genitori nel percorso di adozione e di facilitare il rapporto con le autorità estere. Per assicurare una maggiore vicinanza territoriale alle coppie sarde di questi enti autorizzati, la Regione Sardegna concede contributi a quelli che abbiano sede operativa nel territorio regionale.

Anche quest’anno l’A.I.P.A. rientra tra gli Enti che potranno usufruire di questo contributo erogato a favore delle coppie, che andrà a coprire in parte o totalmente le spese necessarie per i corsi formativi, per il supporto psicologico in tutte le fasi del percorso pre e post adottivo, per le quote richieste dall’Ente.

Considerata l’onerosità nella predisposizione delle pratiche di adozione, intendiamo utilizzare i fondi messi a disposizione anzitutto verso l’abbattimento delle spese che le coppie devono sostenere nel loro percorso adottivo. Intendiamo dunque ridurre sensibilmente le quote dovute all’Ente, sia quelle relative all’iscrizione sia le altre quote stabilite. Tutte le coppie che conferiranno mandato potranno dunque beneficiare di un significativo taglio delle spese previste e utilizzare tale quote per il benessere e la crescita dei loro bambini. È noto purtroppo che per molte coppie, le spese da sostenere sono un ostacolo temuto che spesso vincola l’intraprendere l’adozione. Potremo incrementare le iniziative a favore delle coppie, offrire una maggiore facilità di incontro come ad esempio rinforzando le ore di apertura presso la sede di Cagliari e programmare corsi, seminari, sportelli d’ascolto a cui poter accedere agevolmente.

L’associazione è presente in Perdasdefogu dal 2004 e si trova in via Bacaredda n°1, presso i locali della Biblioteca Comunale. Prima di stabilirsi a Perdasdefogu, l’A.I.P.A. ha operato per diversi anni a Quartucciu (CA). Presso la sede operativa di Perdasdefogu lavora, da 10 anni, Manuela Deiana, psicologa e psicoterapeuta familiare, impiegata come responsabile per supportare le coppie in tutte le fasi dell’iter adottivo; la sede garantisce un servizio continuativo dal martedì al venerdì seguendo questi orari: martedì dalle 9 alle 14 e dalle 15 alle 18; il mercoledì dalle 15 alle 19; il giovedì e il venerdì dalle 9.30 alle 13.30

Dal luglio del 2012, inoltre, l’A.I.P.A. per avvantaggiare le coppie ha deciso di offrire un ulteriore servizio ed è aperta anche a Cagliari, uno o due lunedì al mese, con orario variabile, molto spesso stabilito in base alle richieste delle coppie

Aipa Sardegna

www.aipaweb.it

 
 
 

Il tuo 5×1000 all’A.I.P.A.

Post n°9 pubblicato il 26 Maggio 2017 da AIPA_onlus

L'Associazione A.I.P.A. ERGA PUEROS - o.n.l.u.s. - è un'associazione di volontariato, attiva dal 1984 nel campo delle adozioni internazionali, senza fini di lucro, formata da famiglie adottive ed esperti. L'A.I.P.A. è stata eretta Ente Morale, con Riconoscimento Giuridico n° 2234 nel 1993 ed inserita nell'Albo degli Enti Autorizzati pubblicato dalla Gazzetta Ufficiale del 31 ottobre 2000, con competenza per tutto il territorio italiano.

Ha ottenuto Autorizzazione Interministeriale per il suo programma di solidarietà e per lo svolgimento di pratiche di adozione internazionale, con i paesi: India, Messico, Brasile, Romania, Moldavia, Bielorussia, Nepal, Kenia, Cambogia, Congo.

info: www.aipaweb.it
facebook: https://www.facebook.com/AIPAadozioni

La legge 27 dicembre 2006, n. 296, ha riproposto la possibilità per i contribuenti di destinare una quota pari al 5 per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche a finalità di interesse sociale.In particolare sono previste le seguenti possibilità di destinazione:


1) sostegno delle ONLUS del decreto legislativo 460 del 19972) finanziamento degli enti della ricerca scientifica e dell'università3) finanziamento agli enti della ricerca sanitaria
Vi comunichiamo la possibilità di destinare il 5 per mille all'AIPA Erga Pueros Onlus, specificando nel rigo apposito della dichiarazione dei redditi (sostegno volontariato e non profit) il codice fiscale:

96173520584


 

 
 
 
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