QUESTO SONO IO

Inizierei questa mia lettera chiamandoti Amore, se non temessi di sollevare in te un sorriso prematuro a sconfiggere, incredulo, i primi battiti del tuo cuore verso di me.

Ci sono frasi tue che leggo e rileggo, sospeso, così che a volte debbo ricordarmi di respirare.

Quindi mi fermo, e tiro un gran respiro cercando di immaginare quanta di quest’aria possa essere uscita dalla tua bocca, e quanta io possa riuscire a catturarne.

Posso vivere soltanto dell’aria che tu respiri.

Non sono io che aspetto te, è questo tempo che aspetta noi.

Nel mio cammino, e nel tuo, c’è un incrocio che non possiamo eludere, al quale dobbiamo giungere insieme, in un caldo giorno d’estate. Quando la verità avrà trafitto i nostri occhi potremo sederci sull’erba senza bisogno di riassumere risposte ad una vita che fino ad ora ci ha tenuto lontani, perché tu vedrai in ogni mio gesto e sguardo come questa attesa sia stata bella e giusta.

Se hai nel cuore l’immagine di un uomo che ti aspetta, ti prego, confronta con attenzione quel ritratto con il mio volto, i miei capelli e la mia bocca, e distruggimi se devi, ma non illudermi.
Potrò accettare l’indifferenza negli occhi e nelle parole, ma non il falso sorriso e la pantomima crudele.

Io assaporo questo vento, del quale mi parli, ed ogni più leggera brezza mi porta le immagini di te, i ricordi delle piccole cose, e le notti trascorse ad accendere bisogni contro i vetri delle finestre a illuminare la notte gelida e lasciarla fuori.
Il mio sguardo ti cercava contro un orizzonte che si dilatava e si allontanava, quasi a schernirmi, mentre comunque un senso di possibilità si riversava in me dalla fonte più remota e dolce dell’universo.
Che tu esistevi me lo dicevano le stelle, e il mare dolcemente lo confermava. Solo per la tua bocca maturavano i frutti, cresceva il grano e la speranza. Non era possibile tanta perfezione, non poteva esistere l’avvicendarsi del giorno e della notte, se non per portarmi da te, in questo spazio che sento senza tempo, adesso che ti ho trovata.

Dovrai essere capace di scoprire il coraggio per affidarti alle mie braccia, che saranno pronte ad evitare ogni tua caduta, e saranno presenti nel sostenerti.

Non chiederti se ti sto spingendo in un salto nel vuoto. Affidati.

Piangerai soltanto per ogni tramonto che guarderemo insieme, pregandomi di non lasciarlo morire. Io non potrò, ma nel mio sorriso ne troverai altri ancora.

I nostri giorni rispecchieranno l’ortografia del nostro amore, dove i punti non fermano, le virgole non irridono e gli interrogativi nascono già con la loro risposta.

E io voglio, davvero, camminare vicino a te con i miei passi di bambino, per giungere a diventare l’uomo che sarò per te.

Perché ci sono.

Perché se sono un mago, l’unica magia che conosco, è amarti.

Toni Pennacchia