AMARE DAVVERO

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Post N° 98

Post n°98 pubblicato il 09 Luglio 2006 da Amaredavvero

Dipendenza affettiva e spettro impulsivo-compulsivodi Luigi Janiri e Sergio de Risio


Istituto di Psichiatria e Psicologia, Università Cattolica del S. Cuore, Roma

Il tema della dipendenza affettiva o relazionale è quanto mai attuale per motivi sia psicopatologici che culturali, prima di tutto perché la dipendenza è una condizione mentale tipica del nostro tempo, in cui rappresenta una importante fonte di sicurezza sostitutiva rispetto alle certezze dei valori in crisi, e poi perché l’instabilità o la precarietà delle istituzioni relazionali tradizionali (coppia, famiglia) tende a selezionare stili di attaccamento ambivalenti o conflittuali, e a favorire la formazione di legami affettivi incostanti o deboli. Ne deriva, a livello intrapsichico profondo nei partner di coppie cosiddette “disfunzionali”, una labilità dell’oggetto d’amore che entra in risonanza con fattori della personalità e con elementi di vulnerabilità spesso dovuti a traumi pregressi. Inoltre, dato che la dipendenza è un tratto strutturale, le diverse forme che essa può assumere in uno stesso soggetto sono a stento contemplate dai sistemi nosografici, come il DSM-IV, e variamente rubricate in esso, e possono pertanto condurre a registrare più disturbi mentali forse solo apparentemente comorbili, quando invece una dimensione di spettro psicopatologico sarebbe più appropriata per inquadrare e descrivere la continuità e la contiguità di dette forme di dipendenza. Lo spettro impulsivo-compulsivo (Skodol e Oldham, 1996) si conferma come il più adeguato per accogliere la problematica dei disturbi correlati alla dipendenza in generale, e a quella affettiva in particolare. Sintomatica della considerevole estensione di quest’area di disagio è la costituzione di sempre più numerosi gruppi di auto-aiuto che, partendo dalla consolidata esperienza di Alcolisti Anonimi (AA), hanno in seguito allargato il repertorio dei target di loro competenza: Narcotici, Overeaters, Gamblers e, buoni ultimi in Italia, i gruppi Sex and Love.

Co-Dipendenza

Proprio in ambiente AA (Johnson, 1973) prende origine e si sviluppa un concetto che si situa preliminarmente a quello di dipendenza affettiva: la co-dipendenza, definita essenzialmente come una condizione multidimensionale manifestata da ogni disfunzione o sofferenza, associata con o dovuta a una focalizzazione su bisogni o comportamenti altrui. L’osservazione che nelle coppie formate da un alcolista e dal suo partner, quest’ultimo spesso presenta inconsciamente aspetti di morboso accentramento intorno alle problematiche dell’altro, risultando ciò nell’alimentazione di dinamiche interpersonali anomale e quindi nel mantenimento dello stato patologico del paziente “designato”, ha stimolato i ricercatori a generalizzare il costrutto di co-dipendenza e a tentare di reperirne i fondamenti psicodinamici (Vaillant, 1977).
Passando in rassegna i concetti nucleari che sono alla base di alcune definizioni e teorie della co-dipendenza, troviamo linee interpretative diverse ma non per questo necessariamente divergenti. Nei soggetti co-dipendenti che si sono sottoposti a un trattamento psicoterapeutico si mette in evidenza, in età infantile, un’esposizione nell’ambiente familiare a regole oppressive che sono state in grado di coartarne un’aperta espressione dei sentimenti (Subby, 1987). Tale osservazione è del tutto congruente con la teoria del Falso-Sè di Winnicott, intorno alla quale ruota la maggior parte delle concettualizzazioni in questa particolare area della dipendenza. Nella medesima direzione si muovono altre osservazioni: i co-dipendenti tendono a trascurare i propri bisogni e desideri e, nella negazione di essi, a mettere da parte, più in generale, se stessi, situazione che è stata anche denominata “malattia del Sé perduto” (Whitfield, 1997). Analoga a questa è la cosiddetta “sindrome del bambino adulto” (adult child sindrome), in cui si verificano i seguenti accadimenti psicopatologici: 1) blocco nello sviluppo dell’identità personale, 2) iperreattività al mondo esterno, alle cui esigenze ci si conforma ansiosamente e indiscriminatamente per mantenere un adeguato livello di autostima e, 3) iporeattività al mondo interno, per l’appunto trascurato e disatteso, per certi versi negato e quindi coartato (Friel e Friel, 1988).
Secondo un’altra linea interpretativa la forma di dipendenza che si instaura nei soggetti co-dipendenti è del tutto simile alle caratteristiche del disturbo borderline di personalità e nella fattispecie ne condivide gli aspetti di: 1) dispersione o diffusione dell’identità, 2) sensazioni e vissuti di vuoto cronico e 3) impulsi e compulsioni, sullo scenario di un Io debole strutturalmente (Cermak, 1986). Dal punto di vista dei rapporti interpersonali significativi, viene sottolineata in questi soggetti la necessità di esercitare un controllo sul partner problematico e l’assunzione su di sè, graduale ma inesorabile, delle funzioni dell’Io dell’altro (Wright e Wright, 1990). Tale operazione di spoliazione ed appropriazione di funzioni egoiche è da considerare come un vero e proprio fenomeno di parassitismo psichico-relazionale, in cui la debolezza dell’Io del co-dipendente è il prerequisito, e quindi il dato di vulnerabilità, per comprendere la motivazione inconscia ab origine nei confronti del coinvolgimento in un rapporto con un partner disfunzionale e nel mantenimento di esso come elemento di sopravvivenza per sè.
Nel tentativo di delimitare le caratteristiche psicopatologiche della co-dipendenza e di tracciarne pertanto un profilo diagnostico clinicamente percorribile, Cermak (1986) ha proposto alcuni criteri diagnostici in stile DSM per il Disturbo Co-dipendente di Personalita’:

A. Continuo investimento dell’autostima nella capacità di controllare sé e gli altri nonostante l’evenienza di serie conseguenze negative;
B. Assunzione di responsabilità per venire incontro ai bisogni degli altri fino ad escludere il riconoscimento dei propri;
C. Ansia e distorsioni del confine di sé in situazioni di intimità e di separazione;
D. Coinvolgimento in relazioni con soggetti affetti da disturbi di personalità, dipendenza da sostanze, altra co-dipendenza o disturbi del controllo degli impulsi.

Definiti questi come criteri maggiori, l’autore ne aggiunge altri in funzione di criteri minori, che come tali implicano una loro presenza “a scelta”, cioè secondo il principio della loro equivalenza in ordine al raggiungimento di una soglia diagnostica:

E. Tre o più dei seguenti:
1. Eccessivo ricorso alla negazione;
2. Costrizione delle emozioni;
3. Depressione;
4. Ipervigilanza;
5. Compulsioni;
6. Ansia;
7. Abuso di sostanze;
8. Condizione attuale o pregressa di ricorrenti abusi fisici o sessuali subiti;
9. Malattie da stress;
10. Permanenza in una relazione primaria con un soggetto abusatore di sostanze per almeno 2 anni senza richiedere un aiuto esterno.

Questo set di criteri fa evidentemente riferimento all’origine della co-dipendenza dall’alcolismo e alla sua iniziale limitata generalizzazione ai disturbi da uso di sostanze, ma essa verrà applicata successivamente anche ad altre tipologie di partner problematici (caratteriali, multi-impulsivi, borderline, schizofrenici, depressi, etc.)
Coerenti con la dimensione di continuità di spettro della co-dipendenza e dell’ansia come sua caratteristica elettiva sono i dati sulla comorbilità psichiatrica che segnalano, come più frequentemente associati ad essa: i disturbi di personalità di cluster C secondo il DSM-IV, la distimia, i disturbi d’ansia, il disturbo post-traumatico da stress, altre forme di addiction (Whitfield, 1997). Come meno frequenti nella comorbilità con co-dipendenza sono segnalati: alcuni disturbi di personalità (borderline, istrionico, paranoide), la depressione maggiore, il disturbo bipolare. E’ pertanto abbastanza coerente con quanto sopra riportato la coesistenza della co-dipendenza essenzialmente con disturbi d’ansia, dell’umore, della personalità, e con altre forme di dipendenza, sempre ammesso che, considerate le incertezze di definizione e di classificazione del disturbo-indice, non si tratti di una comorbilità spuria.
Tra le caratteristiche cardinali della co-dipendenza le seguenti sembrano dotate di maggiore valore euristico e di una certa validità predittiva: 1) essa è appresa inconsciamente e acquisita, attraverso un processo che è stato chiamato di “ferimento” psichico, nel corso dell’infanzia a seguito di abusi o di maltrattamenti ambientali, 2) è evolutiva, nel senso che i traumi subiti dal bambino, la cui elaborazione è ostacolata dal conflitto tra Vero- (nascosto) e Falso-Sé, ne bloccano e danneggiano il normale sviluppo, 3) è cronica, progressiva e maligna, in quanto può sfociare in comportamenti autolesivi, violenti verso gli altri, in abuso/dipendenza da sostanze, in malattie da stress, 4) è trattabile psicoterapeuticamente, 5) può essere primaria, quando si verifica fin dall’infanzia, o secondaria, se si sviluppa a seguito del coinvolgimento con un partner fortemente disturbato o nel contesto di un’altra primaria alterazione psichica (distimia, ansia, disadattamento psico-sociale) (Whitfield, 1997).

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Commenti al Post:
aironeazzurrochevola
aironeazzurrochevola il 11/07/06 alle 20:24 via WEB
Consiglio di leggere il libro "e, liberati dagli altri" di Melody Beatty ed. Mondadori
 
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