Anilina days

Ciao Capitano


*La domenica mio padre mi portava, alternativamente, in barca sul Po o alla partita della Juve. Dai cinque agli undici anni, le gare al vecchio Comunale le ho viste tutte. Ho visto Sivori (portavo i calzettoni ammucchiati alla caviglia come lui), Salvadore, Mattrel, Emoli, Nicolè, Stacchini, Càstano...ma mentre cresceva il mio amore per carpe e anatroccoli di fiume, smorto vegetava l'attaccamento alla squadra bianconera. Parlando di futbal qualcuno disse che magari avevo anima torinista, indolenza, sfrontatezza e genio granata (!). Mio padre era scettico, ma soprattutto deluso. Poi mi capitò di vedere una partita e, al minuto qualchecosa del primo tempo, un fallo, tra Sivori e un giocatore che dicevano bravo: Bulgarelli. Alto, capelli chiari, occhi azzurri, corsa elegante, gioco fatto in mezzo al campo, correttezza e lealtà attaccamento alla squadra. Non so dire se mi colpì di più il modo di giocare o lui, semplicemente. *Insomma, l'età era ..primaverile, il cuore aperto&incerto, da quel momento cominciò una rincorsa affettiva che ancora ricordo come maniacale, tenace, irriducibile appresso a quel numero 8. In breve seppi tutto del calciatore e dell'uomo. Vennero i poster in camera, l'autografo in cornice, i ritagli del quotidiano sportivo, la maglia, autentica, e mai lavata, ripiegata nel primo cassetto, il cuore tachicardico per il capitano e per quei colori, quella squadra, mia, non bianconera, non granata, la sua. Mio padre non ci pensò più.*Me lo ricordo. Anche se stavo su spalti distanti, ricordo. Era riconoscibile da lontano appena usciva dal tunnel. Elegante e intelligente, dicevano, non smaniava in gesti esagerati, non sputava sull'erba, non urlava quasi mai. Indicava col braccio teso il passaggio, disponeva la difesa o l'attacco con lo sguardo, calciava di piatto, non entrava duro mai. Più vigoroso di Rivera, più leader di De Sisti, prodromo di Antognoni. Correva a fronte alta, guardando il gioco e il piazzamento dei compagni, smarcava con facilità, dribblava saggio, tiro e ripartenza abbastanza veloce a riprendere la posizione in mezzo al campo. Mezzala atipica, moderna, mai fuori ruolo, capace di raffinare quel ruolo e quel gioco, sviluppando l'autorevolezza e la responsabilità di legare la manovra e di dare profondità alle triangolazioni. Dalla tribuna lo chiamavano "Onorevole Giacomino" perchè si occupava anche dei diritti dei calciatori, in quell'epoca naif , molto distante dai giochi nababbi d'oggi. Mentre io adoravo, in video in bianco e nero, il dribbling il lancio e i lombi, lui divenne protagonista del risveglio del calcio italiano degli anni '60-'70, grande talento di una nuova generazione di talenti che restituivano lo sport nazionale a un livello importante, risorgendo dagli anni bui del dopoguerra segnati dalla tragedia del Grande Torino. Questo era il giocatore, questo e sicuramente di più l'uomo, innamorato della sua terra e del calcio, senza speculazioni e senza troppo fine di lucro. Così era il mio primo amore fantasticato, rossoblu, coraggioso, che giocava "come si gioca in paradiso"... Ciao Capitano