anima blu

Le ali implose........


Un inizio sembra imporre una fine. Splendido è quel libro che sa illuminare nuove libertà oltre ogni indiscutibile evidenza.   …..scrivere un libro…..scrivere un libro….scrivere un libro…..queste tre parole echeggiano in una partizione virtuale di me durante un giorno qualsiasi di una stagione chiamata inverno, ormai solo per convenzione.  Un asettico “scrivere un libro” mi tiene compagnia da qualche tempo. Nessun dramma, nessuna ossessione, solo l’insistente rincorrersi di una immagine neutra ma evocativa di per sé, fra le tante altre cose, di ricordi, ex sogni, false illusioni, speranze, incredulità.  Solo tre parole, un verbo all’infinito, un articolo indeterminativo e un sostantivo maschile, ma in grado di trasformare nell’ essenza l’intera partizione, che in questo tempo umano si chiama Francesco. Si tratta di solo un predicato verbale e un complemento oggetto, ma in grado purtroppo ( parla lo scrittore rimasto embrione ) di sconvolgere, quindi degne dei più perfidi atti di boicottaggio, mascherati da razionale pigrizia. “Scrivere un libro”…rimbomba tra la folla di pensieri, con vaghe sembianze umane, che affollano la mia mente: “perché farlo?”, grida il bambino annoiato; “Cosa scrivere?”, esclama laconico e soddisfatto il ragioniere, consapevole di aver centrato il bersaglio con le sue rassicuranti convenzioni; “Per chi scrivere ?”, bofonchia l’intellettualoide, nell’atto di distinguersi dalla mediocrità, restandone comunque dipendente. In tanti momenti della mia esistenza ho amato scrivere, anche perchè farlo era l’unica via di evasione dai soffocanti confini di quello che io, per trent’ anni, ho immaginato fosse il mio unico mondo possibile. Si è trattato di una amore non corrisposto, come quasi tutti nella mia esistenza. Penso alle costanti e inappellabili stroncature delle mie varie docenti liceali. Penso alle centinaia di lettere, teneramente melense e demagogiche, che ho scritto in soccorso di chi in realtà mi aiutava a non affogare. Penso ai miei diari, testimoni e attori solinghi di un disagio arrendevole e rassicurante spesso unico maestro di vita, nella speranza assurda e inconsapevole di sedurre, attraverso la pietà, la mia redenzione.