Un blog creato da loneblizzard il 21/03/2009

L'ANIMALE E L'UOMO

NATURA, SCIENZE, LETTERATURA...

 
 
 
 
 
 

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TANTE CASE PER LE FARFALLE

CERVIA - La Casa delle Farfalle, inaugurata nel 2003, è un originale e innovativo centro di educazione ambientale, nato sull'onda di un movimento mondiale a sostegno delle farfalle come insetti deboli, delicati e soggetti a gravi crisi ecologiche.

BORDANO (Udine) -Un angolo di lussureggiante natura esotica con piante ed animali dalle forme e colori sorprendenti. Migliaia di farfalle, libere di volare, vi accompagneranno lungo un percorso che vi farà visitare l'Amazzonia, le ricche foreste pluviali asiatiche e le misteriose jungle africane.

MONTEGROTTO TERME (Padova) - Nella "Casa delle Farfalle", prima in Italia dal 1988,  ci sono dei bellissimi giardini esotici dove giornalmente si corteggiano, si nutrono sui fiori e si riproducono, oltre 400 tra le più belle farfalle del mondo.

VIAGRANDE (Catania) - Alle pendici dell'Etna, il Parco Monte Serra ospita, unica in tutto il Sud Italia, una voliera con farfalle, piante e fiori tropicali.

COLLODI (Pistoia) -La Collodi Butterfly House  è uno splendido edificio-serra in pietra e cristallo autoportante, che ospita un lussureggiante giardino tropicale contenente un migliaio di farfalle provenienti da tutto il mondo. All'interno una presentazione audiovisiva, preparerà il visitatore alla comprensione della vita animale e vegetale che potrà ammirare all'interno della Casa delle Farfalle.

GIULIANUOVA (Teramo)  - Nel Parco Giochi La Fattoria si può visitare la Casa delle Farfalle Il percorso si apre con un video che narra la vita delle farfalle. Si possono condividere alcuni dei momenti più significativi, come la trasformazione da bruco a farfalla, esempi di colorazione e trucchi di sopravvivenza. Entrando poi nella serra dove le farfalle sono inserite e a loro agio, in un ambiente ricreato appositamente per loro, troviamo il baco da seta.

MILANO - nei giardini Indro Montanelli  apre a marzo l'«Oasi delle Farfalle», un angolo di foresta pluviale, dove vivono oltre trecento esemplari di lepidotteri provenienti da Africa, Sud America e Sud-Est Asiatico., che volano tra bellissime piante esotiche.

 

 
 
 
 
 
 
 
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CICOGNE BIANCHE

Post n°22 pubblicato il 07 Luglio 2009 da loneblizzard
 

CICOGNA

 

 

La Cicogna bianca è inconfondibile per le sue grandi dimensioni, il piumaggio bianco e nero ed il becco lungo e appuntito che, come le lunghe zampe, ha una colorazione rosso-arancio. In piedi ha un'altezza superiore al metro ed un'apertura alare che supera il metro e mezzo. Il lungo collo presenta le piume anteriori particolarmente lunghe, che conferiscono al petto un aspetto disordinato. Gli occhi grigi sono circondati da pelle nuda scura e sembrano quindi tagliati a mandorla. Il becco, lungo fino a 20 centimetri, è forte ed appuntito e risulta così particolarmente adatto alla caccia di prede medio-piccole (insetti, piccoli mammiferi, anfibi, rettili e piccoli uccelli) sul terreno, nell'erba alta o nell'acqua. ... Le ali, in cui spiccano le penne remiganti nere che contrastano con le copritrici candide, sono lunghe, larghe e con la punta sfrangiata, simile a quella dei grandi rapaci. Infatti anche la Cicogna bianca è un'ottima veleggiatrice: sfruttando correttamente le correnti d'aria calda, le cosiddette "termiche", che si producono al suolo per azione dei raggi solari, le cicogne sono in grado di alzarsi di quota con un limitato dispendio di energie, scivolando via seguendo un percorso rettilineo e perdendo quota lentamente fino a raggiungere un'altra termica o raggiungendo un posatoio.

CICOGNA

 

 

Il declino della Cicogna bianca, che ha interessato non solo l'Italia ma tutta Europa, è imputabile alla distruzione e al degrado degli ambienti di alimentazione ed alla persecuzione da parte dell'uomo. Altre cause del sensibile calo verificatosi negli ultimi decenni sono le modificazioni ambientali sopravvenute anche nei quartieri di svernamento africani, con la diminuzione delle precipitazioni, soprattutto in Africa occidentale, ed i programmi di contenimento delle locuste, che costituiscono gran parte della dieta africana delle cicogne. In Italia, dove la specie è protetta, il bracconaggio assume un'incidenza non trascurabile: ancora oggi molte cicogne vengono abbattute illegalmente sullo Stretto di Messina durante la migrazione primaverile. Un'altra importante causa diretta di mortalità è rappresentata dall'impatto e dalla folgorazione sui fili delle linee elettriche.

CICOGNE

 

 

 

Dopo l'estinzione, avvenuta intorno al XVII secolo, il nostro Paese è stato costantemente interessato dalla presenza di cicogne, sia durante la migrazione primaverile, sia durante quella autunnale. A partire dagli anni cinquanta sono stati registrati alcuni spontanei tentativi di nidificazione nel settore occidentale della Pianura Padana, nella maggior parte dei casi con esito infausto a causa dell'intervento dell'Uomo. Solo a partire dal 1985, anno di attivazione del primo Centro LIPU di riproduzione della Cicogna bianca, si è potuto assistere ad un lento ma costante incremento della popolazione nidificante.

(dal sito della LIPU)

 

 
 
 

TIGRE IN ESTINZIONE?

Post n°21 pubblicato il 17 Giugno 2009 da loneblizzard
 

Un vero e proprio grido di allarme per la salvezza di uno dei simboli della fauna da proteggere, la tigre, il felino più grande del mondo. La più importante campagna di conservazione, una vera sfida per la salvezza della tigre, fu lanciata dal WWF all'inizio degli anni '70, periodo in cui in India si stava perpetuando lo sterminio di centinaia di tigri ogni anno. L'obiettivo era quello di provocare un'inversione di rotta, facendo crescere nei governi il senso di responsabilità verso questo simbolo dell'Asia. Fino al secolo scorso le tigri erano diffuse dalla Turchia verso est fino all'oceano Pacifico, dal sud dalla Cina meridionale al sub-continente indiano, e in tutto il Sud-est asiatico fino alle isole di Sumatra, Giava e Bali. Oggi questa specie è scomparsa dall'Asia occidentale e da Giava e Bali, ed è a un passo dall'estinzione in Cina. In tutte le regioni in cui è ancora presente, le popolazioni sono piccole e frammentate al punto che l'integrità genetica ne è minacciata. Vi sono 5 sottospecie di Tigre tuttora viventi: la tigre siberiana o dell'Amur, la tigre cinese o della Manciuria, la tigre indocinese, la tigre di Sumatra e la tigre del Bengala. Altre 3 sottospecie sono scomparse negli ultimi 50 anni: la tigre di Bali, la tigre di Giava e la tigre del Caspio.

 

TIGRE


La Tigre del Bengala è oggi la sottospecie di gran lunga più numerosa con una popolazione stimata in circa 4.000 esemplari negli anni '90. L'areale comprende 4 regioni distinte dell'India e parte del Nepal, Bhutan, Bangladesh e Myanmar (Birmania).
La tigre cinese o della Manciuria è la sottospecie che rischia maggiormente l'estinzione, essendone rimasti 30-80 esemplari diffusi in Cina meridionale nelle province di Guangdong, Hunan, Fujing e Jiangxi.
La tigre indocinese è diffusa dal Myanmar occidentale fino al Vietnam con una popolazione stimata in 1.100-1.700 esemplari alla metà degli anni '90, ma vi sono pochi dati a supportare questi numeri.
La tigre siberiana o dell'Amur si trova ormai soltanto nell'Estremo Oriente russo, con circa 300-350 esemplari stimati alla fine degli anni '90, più qualcuna sul confine con la Cina e forse in Corea del Nord.
La tigre di Sumatra vive sull'isola omonima con circa 400 - 600 esemplari, di cui circa 400 concentrati in 5 grandi riserve e gli altri dispersi in popolazioni più piccole. La tigre del Caspio era diffusa in Asia Centrale e occidentale ed è scomparsa all'inizio degli anni '70. Le ultime testimonianze dell'esistenza della sottospecie risalgono a due abbattimenti avvenuti in Turchia orientale nel 1970 e al confine afgano-turkmeno-uzbeco, antica roccaforte della specie in quella regione, nei primi anni '70. In Iraq l'ultima tigre conosciuta fu uccisa nel 1887, in Iran nel 1959. Della tigre di Giava non si hanno notizie dal 1976, data dell'ultimo avvistamento di un esemplare nell'attuale Parco Nazionale di Meru Betiri. Si ritiene che sia estinta dall'inizio degli anni '80. La tigre di Bali era caratterizzata da una taglia corporea molto ridotta, circa la metà di una Tigre siberiana. E' scomparsa alla fine degli anni '40.
La tigre (Panthera tigris), tra tutti i grandi vertebrati che popolano le foreste dell'Indocina, occupa un posto particolare: come tutti i predatori riveste un importante ruolo nel mantenimento della biodiversità delle foreste asiatiche. Allo stesso tempo la tigre è una specie fragile in grado di risentire rapidamente delle alterazioni e della frammentazione dell'habitat. ... La situazione della tigre in Indocina è abbastanza complessa con un areale che comprende sei paesi: Myanmar, Tailandia, Repubblica Democratica Popolare del Laos, Cambogia, Malesia e Vietnam. Le conoscenze su questa specie sono molto limitate anche perché molti dei suddetti paesi sono stati coinvolti nel recente passato in guerre, scontri interni e colpi di stato politici. La tigre indocinese è, comunque, tra le sottospecie ancora viventi, una di quelle con le maggiori speranze di sopravvivenza per i prossimi decenni, a patto di intervenire in tempo.
(dal web)

TIGRE SIBERIANA

 
 
 

TORNANO LE API

Post n°20 pubblicato il 20 Maggio 2009 da loneblizzard
 

ape

 

 

Quest'anno i laboriosi insetti sono tornati copiosi in California. In molti si sono domandati il perché della loro scomparsa prima e del loro inaspettato ritorno adesso. C'è chi ha messo sul banco degli imputati gli ogm, chi l'inquinamento, chi l'effetto serra, chi ha dato la colpa ai pesticidi utilizzati e chi ai cellulari. Ma la vera ragione è sconosciuta. Molto probabilmente la causa è da ricondurre a molteplici fattori. E forse potrebbe aver centrato il punto chi ha ricondotto il problema all'insorgere di alcune epidemie negli alveari, o al fatto che in California le api si nutrono sempre degli stessi nettari (mandorle e grano), cosa che con il tempo le avrebbe debilitate.

Se si dimostrerà fondata, la notizia che le api sono tornate a ripopolare i nostri campi restituirà ottimismo agli agricoltori e a chi ama la natura, confermando il nostro buon operato. Se l'evidenza scientifica darà prova certa del loro ritorno, sarà la vittoria delle api sui giganti delle multinazionali". Con queste parole il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali Luca Zaia ha commentato la notizia che le api sono tornate nei campi del nostro Paese. Nei mesi scorsi, il Ministero, per frenare la preoccupante diminuzione di questi insetti essenziali per la conservazione degli ecosistemi e per l'agricoltura, decise di sospendere temporaneamente l'utilizzo dei neonicotinoidi, utilizzati per la concia delle sementi e considerati i più probabili responsabili della moria.

(dal Web)

"Se l'ape scomparisse dalla faccia della terra all'uomo non resterebbero che quattro anni di vita"... così disse Einstein, perciò il ritorno delle api non può che rallegrarci. (mariselene)

 
 
 

La misteriosa scomparsa delle api

Post n°19 pubblicato il 20 Aprile 2009 da loneblizzard
 

 

Entomologi e apicoltori l'hanno chiamato il «collasso delle arnie». Negli Stati Uniti fra il 50 e il 90% delle api in 30 stati sono scomparse: circa mezzo milione di colonie con circa 50.000 api ciascuna. In Argentina e Uruguay le autorità agricole segnalano che il 30-40% delle arnie sono vuote. Le api abbandonano le arnie e non ritornano. Una delle cose più sorprendenti è che le operaie sciamano fuori dagli alveari lasciandovi le regine. L'altra è che i resti mortali delle api non si trovano.
Il fenomeno si estende. In Inghilterra e Scozia gli apicoltori affermano di aver perso più del 10% delle colonie che normalmente muoiono durante l'inverno. Secondo il presidente degli apicultori John Chapple, nelle zone intorno a Londra le perdite di api sarebbero fra il 50 e il 75% della popolazione totale. In Spagna si segnala la scomparsa di 300.000 arnie (circa 9 milioni di insetti) in Estremadura, Castilla-Leon e in varie zone dell'Andalusia. In Svizzera l'associazione «Amici delle api» chiede alle autorità sanitarie di intervenire, perché i primi monitoraggi segnalano scomparse massicce in numerosi cantoni; il che mette in pericolo la fiorente apicoltura svizzera, che dà lavoro a 19.000 addetti e registra(va) un fatturato di circa 222 milioni di euro annuali. Sono segnalati casi di api che non tornano alle loro arnie anche in Polonia, Grecia, Portogallo, Repubblica Ceca e Italia.
Diverse commissioni multidisciplinari si sono occupate della misteriosa sindrome delle api, ma nessuna finora ha trovato una causa certa. I ricercatori svizzeri attribuiscono il fenomeno a un virus, pare veicolato da un acaro d'origine asiatica. In America Latina le cause sarebbero da ricercarsi nel cambiamento climatico e nelle colture transgeniche. In Spagna e in Inghilterra i rispettivi ministeri agricoli danno la colpa, oltre al cambio climatico, anche ad alcuni pesticidi usati nelle coltivazioni di mais, girasole e barbabietola. Negli anni '90 le api inglesi furono attaccate da un acaro parassita che deprimeva il loro sistema immunitario e le rendeva vulnerabili a vari virus; un'ipotesi è che l'acaro sia diventato ora resistente ai prodotti, naturale e non, usati per combatterlo.
In California e New Mexico vari ricercatori elencano tra le cause anche l'inusuale siccità e le onde elettromagnetiche emesse da cellulari e apparati elettronici che, combinati all'azione di alcuni pesticidi, provocherebbero turbe neurologiche nelle api, alterando il senso dell'orientamento. Alcuni gruppi e sette religiose poi parlano di castigo divino, dove la morte delle api sarebbe un primo pallido segnale dell'apocalisse futura.
Alcuni ricercatori nordamericani ricordano quanto avvenne nel 1956, quando un centro di ricerche importò dall'Africa alcune api regine che furono modificate geneticamente per ottenere un'ape più resistente ai climi tropicali. Le api modificate fuggirono e in pochi anni invasero tutta l'America Latina e il sud degli Stati Uniti, eliminando le popolazioni di api esistenti e modificando allo stesso tempo il proprio comportamento, producendo meno miele e sviluppando un comportamento aggressivo.
La ricerca delle cause di questo inquietante fenomeno è ancora aperta. Alcuni ricercatori dell'Università di Columbia hanno rilevato la presenza di diversi microrganismi e funghi parassiti nelle arnie in declino, suggerendo che qualcosa stia debilitando il loro sistema immunitario. È probabile che l'estinzione massiccia delle api domestiche sia dovuta a diversi fattori, che soprattutto in alcune regioni si sommano creando questo disastro ecologico ed economico. Non è solo l'apicoltura a risentirne. Le api impollinano gli alberi da frutto e varie altre colture agricole, e la loro scomparsa può avere conseguenze disastrose per le economie agricole. Nei soli Usa le perdite potenziali legate a questo collasso ecologico sono già state valutate in 8.000 milioni di dollari.

di Fulvio Gioanetto - 25/05/2007   Fonte: Il Manifesto [scheda fonte]

Tante altre notizie su www.ariannaeditrice.it

 

 

 
 
 

la danza delle api

Post n°18 pubblicato il 20 Aprile 2009 da loneblizzard

ape

 

 

Danza dell'ape è un termine usato in apicoltura e in etologia per una particolare danza a forma di otto delle api. Con l'esecuzione di questa danza, i cui movimenti sono perfettamente codificati, l'ape operaia può comunicare alle compagne preziose informazioni sulla direzione e distanza a cui si trovano fiori, nettare, polline e sorgenti d'acqua. Tale danza è quindi il meccanismo con il quale le api possono reclutare altre api del loro alveare per la raccolta di risorse. Si pensava che le api avessero due distinte danze di reclutamento, la danza circolare e la danza dell'ape propriamente detta, per indicare rispettivamente obiettivi vicini e lontani, ma si sa adesso che la danza circolare è semplicemente una danza dell'ape ad "onda" con un ondeggiamento molto piccolo.
L'etologo austriaco Karl von Frisch fu uno dei primi a interpretare il significato della danza dell'ape.
Tale danza consiste in un numero da uno a cento o più circuiti, ciascuno dei quali consta di due fasi: la fase di ondeggiamento e la fase di ritorno. Per analizzare la comunicazione delle api mediante le danze, è necessario seguire il comportamento di un'ape al suo ritorno da una nuova e abbondante fonte di cibo. Eccitata dalla scoperta, si precipita all'entrata dell'alveare, mettendosi  a brulicare sopra uno dei favi verticali. Qui, in mezzo ad uno sciame ammassato di compagne, esegue la danza, tracciando una figura a forma di otto: una corsa ondeggiante (nota anche come fase di ondeggiamento), seguita da una svolta a destra per ritornare al punto di partenza (la cosiddetta fase di ritorno). Si hanno poi un'altra fase di ondeggiamento, seguita da una svolta a sinistra, e così in alternanza regolare tra destra e sinistra dopo le fasi di ondeggiamento. La fase di ondeggiamento della danza è la parte più importante e ricca di informazioni di tutta l'esecuzione dell'ape indicatrice.
La direzione e la durata delle fasi di ondeggiamento sono strettamente correlate alla direzione e alla distanza della fioritura indicata dall'ape danzante. La distanza tra l'alveare e l'obiettivo di reclutamento è contenuta nella durata delle fasi di ondeggiamento. Tanto più lontano è l'obiettivo, quanto più lunga è la fase di ondeggiamento.
Sorprendentemente, le api danzanti che sono state in alveare per molto tempo correggono le angolazioni delle loro danze in modo da adattarle al cambio di direzione del sole. Per questo motivo, le api che seguono la fase di ondeggiamento della danza continuano ad essere condotte in modo corretto alla fonte di cibo sebbene l'angolazione del sole sia mutata.

 

 
 
 

impollinazione

Post n°17 pubblicato il 20 Aprile 2009 da loneblizzard

 

 

 
 
 

TERREMOTO: APPELLO ANIMALISTI

Post n°16 pubblicato il 10 Aprile 2009 da loneblizzard
 

cane

Il terremoto ha colpito anche gli animali: cani e gatti sotto le macerie, oppure feriti oppure che vagano senza meta. La Lega Nazionale per la difesa del Cane e l'associazioe degli Animalisti Italiani Onlus stanno  attivando centri di racolta e di accoglienza anche per cani, gatti e altri animali domestici rimasti soli.

Chiunque volesse aiutare contribuendo all'acquisto di cucce, box, recinzioni, mangime, nedicinali, trasportini, soprattutto considerando le difficolta' che si possono incontrare inviando cibo e farmaci direttamente sul posto, potra' effettuare la propria donazione tramite: conto corrente postale 14046676 intestato a Lega Nazionale per la Difesa del Cane Sez. L'Aquila; conto corrente bancario ''Un cuore grande batte per l'Aquila e per l'Abruzzo'', intestato a Lega Nazionale per la Difesa del Cane, Iban IT16 Y 082143404 00000000 25899 Paypal che si trova sul sito www.cuccefelici.com.


Peri inviare materiale chirurgico e medicinali: Lega Nazionale per la Difesa del Cane, sezione di L'Aquila S.S. 17 Bis n* 49; 67100 Paganica (AQ) tel.: 329.9064860.

Per qualsiasi comunicazione contattare la Sig.ra Caterina Fagioli - Resp. Abruzzo LNDC 329.9064859
www.cuccefelici.com.

 
 
 

IL PASTORE TEDESCO

Post n°15 pubblicato il 08 Aprile 2009 da loneblizzard

cane pastore

 

Non si contano più le vite che sono  state salvate dal fiuto degli agenti a 4 zampe delle unità cinofile. Generosi cani che a muso basso rovistano fra le macerie del terribile terremoto che ha colpito l'Abruzzo e, accompagnati dai loro addestratori, stanno dando il meglio di sé per salvare vite umane in pericolo. Sono circa 50 le unità cinofile giunte sul luogo del disastro. Provengono dalla Lombardia, dal Lazio, dalla Toscana dal Veneto e da altre regioni, e sono organizzate dall'Ucis, Unità Cinofile Italiane da Soccorso.
"Sono unità che subiscono un addestramento particolare che va dai 18 ai 20 mesi - ha spiegato Albino Tomaselli segretario nazionale dell'Ucis all'Adnkronos - e viene effettuato sia dal conduttore, proprietario del cane, che dall'amico a quattro zampe e comincia sin da quando il cane è un cucciolo. Si comincia con i corsi di ubbidienza e la palestra, per poi arrivare a quello specifico volto alla ricerca delle persone rimaste sotto le macerie".
"Si comincia con mettere vicine delle casse - ha continuato a spiegare Tomaselli - e si fa cercare al cane un figurante nascosto. Dopo gli esercizi tra le casse si passa alle macerie vere e proprie, allestite in campi organizzati appositamente per gli addestramenti, dove sempre un figurante si nasconde e attraverso il gioco, una pallina o anche un alimento particolarmente caro all'animale, si induce l'amico a cercare la persona".
"L'animale non si fermerà finché non l'avrà trovata - assicura il segretario dell'Ucis - e comincerà così ad abbaiare per segnalare al proprio conduttore la presenza di un disperso, appunto. L'animale viene, poi, gratificato con carezze e complimenti". Alla fine dell'addestramento sia conduttore che animale devono passare una prova di idoneità che li abilita a cercare vittime sotto macerie.
"Le razze più utilizzate sono i pastori tedeschi, il pastore australiano, i border collie, labrador e golden retriver - ha aggiunto Tomaselli - e da tempo vengono utilizzati anche i meticci, che hanno un grande fiuto e sono molto duttili all'addestramento".
La ricerca di dispersi tra le macerie dopo un terremoto o altre catastrofi naturali è una fra le tante specializzazione delle unità cinofile. Ci sono anche i cani addestrati per la ricerca di dispersi sulla neve, dopo le valanghe, quelli per il salvataggio in mare, oppure i cani poliziotto, specializzati nel trovare la droga o nell'aiutare gli agenti nell'ordine pubblico. E ancora i cani allenati a ispezionare zone impervie, boschi, anfratti, grotte o per la ricerca di latitanti.
liberamente tratto da http://petclub.animali.tiscali.it/articoli/2009/aprile/07/unita_cinofile_terremoto_123.html

 

 

 
 
 

ER GATTO E ER CANE

Post n°14 pubblicato il 05 Aprile 2009 da loneblizzard
 

 

 

 

Un Gatto soriano                     cane gatto
diceva a un Barbone:
- Nun porto rispetto
nemmanco ar padrone,
perchè a l'occasione
je graffio la mano;
ma tu che lo lecchi
te becchi le bòtte:
te mena, te sfotte,
te mette in catena
cor muso rinchiuso
e un cerchio cor bollo
sull'osso del collo.
Seconno la moda
te taja li ricci,
te spunta la coda...
Che belli capricci!
Io, guarda: so' un Gatto,
so' un ladro, lo dico:
a me nun s'azzarda
de famme 'ste cose... -
Er Cane rispose:
- Ma io... je so' amico!

(Trilussa)

 
 
 

ODE AL CANE

Post n°13 pubblicato il 31 Marzo 2009 da loneblizzard
 
Tag: cane, neruda, ode

Il cane mi domanda
e non rispondo.
Salta, corre pei campi e mi domanda senza parlare
e i suoi occhi sono due richieste umide,
due fiamme liquide che interrogano
e io non rispondo, non rispondo perché non so,
non posso dir nulla.
In campo aperto andiamo uomo e cane.
Brillano le foglie come se qualcuno le avesse baciate a una a una,
sorgono dal suolo tutte le arance a collocare piccoli planetari
su alberi rotondi come la notte, e verdi,
e noi, uomo e cane, andiamo a fiutare il mondo, a scuotere il trifoglio,
nella campagna cilena, fra le limpide dita di settembre.
Il cane si ferma, insegue le api, salta l'acqua trepida,
ascolta lontanissimi latrati, orina sopra un sasso,
e mi porta la punta del suo muso, a me, come un regalo.
E' la sua freschezza affettuosa, la comunicazione del suo affetto,
e proprio lì mi chiese con i suoi due occhi,
perchè e' giorno, perchè verrà la notte, perchè la primavera
non portò nella sua canestra nulla per i cani randagi, tranne inutili fiori, fiori, fiori e fiori.
E così m'interroga il cane
e io non rispondo.
Andiamo uomo e cane uniti dal mattino verde,
dall'incitante solitudine vuota nella quale solo noi esistiamo,
questa unità fra cane con rugiada e il poeta del bosco,
perchè non esiste l'uccello nascosto,
ne' il fiore segreto, ma solo trilli e profumi per i due compagni:
un mondo inumidito dalle distillazioni della notte,
una galleria verde e poi un gran prato,
una raffica di vento aranciato,
il sussurro delle radici,
la vita che procede,
e l'antica amicizia,
la felicità d'essere cane e d'essere uomo trasformata in un solo animale
che cammina muovendo
sei zampe e una coda
con rugiada.

 (Pablo Neruda)

 
 
 
 
 
 
 
 
 

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NO ZOO A RAVENNA

Lac, Lav, Movimento Antispecista, Oipa, Oltre la Specie, Una Ecoanimali, Vita da Cani, ma anche movimenti locali come Clan Destino, Ravenna Viva e Glizoobastardi, confermano l'opposizione alla costruzione di un nuovo zoo a Ravenna, in località Scandiana.

 
 
 
 
 
 
 

 

 L'ippopotamo Farasi con la madre Helvetia

Se Farasi, 4 mesi di età e già 100 chili di peso,   non troverà una nuova casa, dovrà essere soppresso. La sua unica colpa è di essere stato concepito in cattività dove, finito l'allattamento, diventerà una minaccia per l'equilibrio di coppia dei suoi genitori: a Wilhelm, il papà, non farà certo troppo piacere accorgersi che il figlio cercherà di prendere il suo posto accanto ad Helvetia, la mamma. Un complesso edipico ingestibile che negli Stati Uniti viene evitato attraverso un rigoroso controllo delle nascite, mentre nei  4.000  zoo europei si tende a lasciare piena libertà sessuale agli animali. Con il risultato di dover poi risolvere il problema della prole in eccesso: o si trova una un'altra struttura, oppure si ricorre all'iniezione letale. Nel caso che il piccolo ippopotamo rimanesse orfano, a Basilea non usano troppi giri di parole: «La nostra politica è eliminare gli animali di troppo e darli in pasto ai carnivori ».

 

 

 
 
 
 
 

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