A.S.D. POMIGLIANO SC

Lacrime che hanno visto


Sul tetto della casa di Naema il confine israele palestinese è mai stato così rimarcato. Da una parte le colline verdeggianti costantemente irrigate dei Kibbutz israeliani, dall'altra l'arsura di una terra saccheggiata di sorgenti e pascoli. Naema mi ha voluto raccontare dei suoi ultimi giorni, una testimonianza olfattiva, tattile e uditiva del massacro, non oculare perché Naema è non vedente. I soldati hanno intimato l'evacuazione del suo villaggio solo una manciata di minuti prima dell'incursione. Gli uomini si sono caricati sulle spalle i bambini piccoli e con le donne sono fuggiti via. Noema ha scelto di restare per non rallentare la loro fuga, si è rifugiata nella sua casa credendosi al sicuro, ed ha accolto con sè i suoi vicini di casa che non sapevano dove rifugiare: tre donne, un'anziana, e un vecchio paralitico. Tank e bulldozer hanno sconfinato e iniziato a seminare morte, divorandosi ettaro per ettaro, sino ad arrestarsi dinnanzi all'abitazione di Noema. L'edificio in cui vive è il più alto del villaggio perché posto sopra una collinetta, i soldati di Tshal ritenendolo strategicamente posizionato sono entrati e lo hanno occupato per due settimane. "Sono entrati e puntandoci le armi addosso ci hanno spinto in una piccola stanza, dove ci hanno tenuti rinchiusi  a chiave per undici giorni." Noema continua il racconto: "Durante tutto questo tempo solo due volte ci hanno portato da bere, e il cibo era rappresentato dall'avanzo del rancio dei soldati. Non ci hanno mai consentito di andare in bagno e abbiamo dovuto fare i nostri bisogni in un angolo della stanza. Non ci consentivano di parlare, e venivano a malmenarci quando la notte in cerchio cercavamo di pregare per darci coraggio. A volte venivano a minacciarci facendoci sentire sul corpo le fredde canne delle loro armi, ci intimavano a confessare la nostra alleanza ad hamas altrimenti ci avrebbero ucciso. Ho dato loro il mio telefono cellulare, affinché potessero controllare la mia agenda e le telefonate effettuate. Anche questo gesto non ha arrestato la loro collera." Al termine dell'undicesimo giorno di prigionia la croce rossa internazionale è finalmente riuscita ad arrivare sul luogo e a trarre in libertà i sei palestinesi dai loro carcerieri. "Non ci hanno permesso di raccogliere niente, a me neanche gli occhiali da sole", conclude il suo racconto Noema, aggiungendo che una volta tornati a riprendere possesso della loro abitazione, si sono resi conto del furto dei soldati: si sono portati via tutto il loro oro e i soldi nascosti, dopo avere distrutto i loro pochi beni, due di televisori, una radio, un frigorifero, i pannelli solari sul tetto. Ho visto lacrimare gli occhi di quella donna nascosti sotto i suoi nuovi occhiali scuri e mi sono parsi i più vividi che abbia mai veduto. In realtà Noema ha scorto coi suoi spenti molte più cose che una giovane della sua età avrà mai l'occasione di vedere, se non ha la cattiva sorte di nascere sopra questa terra martoriata. Restiamo umani. Vik