Le caravelle

Un semplice pensiero


 Un giorno, sento squillare il telefonino. Penso istintivamente: “Qualcuno rompe nuovamente le palle”. Guardo lo schermo del cellulare e leggo il nome di mia madre. Allora in silenzio ritratto da buon figlioletto i cattivi pensieri, come se lei mi avesse ascoltato.Cerco di purificare il mio animo sperando di espiare questa ennesima colpa. Rispondo rimuginando ancora una volta a ciò che avevo pensato in precedenza.La sua voce debole e commossa mi chiede se sapevo ciò che era accaduto. Ignaro di tutto, provo a pensare per qualche secondo cosa poteva essere avvenuto di tanto drammatico.La sento nuovamente ripormi la domanda, questa volta aggiungendo il pianto alla fine della frase. Innervosito, le chiedo di darmi una spiegazione, di porre fine a quell’inutile agonia. Fu in quell’istante che venni a sapere che mio zio Gennaro, o come voleva farsi chiamare Rino, era morto la mattina per infarto. Le forze mi vennero meno, ma stranamente rimasi in silenzio senza versare lacrima e senza dire una parola. Pensai soltanto: “Il secondo zio nell’arco di pochi anni ad avere abbandonato questa terra per infarto”. Struggente, la sofferenza mi morse il cuore. Il silenzio mi avvolse l’anima e la tristezza comparve all’improvviso lasciandomi senza fiato. Fu un attimo, realizzai il tutto e mossi i miei passi verso mio figlio che mi guardava aspettandosi un gesto verso di lui, magari una carezza, un abbraccio o semplicemente una risposta alla sua richiesta di venire in braccio. Il mio sguardo allora cambiò, mi promisi di non piangere dinanzi a lui, avrebbe compreso dal mio volto una sofferenza che ancora non poteva comprendere. Lasciai per un secondo il ricordo lontano, ripresi a giocare con mio figlio, aspettando l’attimo adatto per piangere la morte di mio zio. Pochi comprendono quali volti può assumere il dolore. Molti osservano e pochi meditano, il dolore è parte di te e se lo lasci trapelare come fosse niente, vuol dire che non lo senti intimo. Non lasci a nudo nessuna parte del tuo corpo senza provare imbarazzo, non esprimi i tuoi pensieri privati senza essere certo che chi li ascolti sia un tuo sicuro amico, non scopri la tua anima di fronte a tutti certo che alla fine questi la giudichino.Piansi mio zio soltanto quando mio figlio si addormentò due ore dopo. Soltanto allora chiuso nella mia profonda intimità, pensai a quanto era avvenuto. Fu solo allora che le lacrime scivolarono sul mio volto e la forza irrompente del pianto usci con foga dal mio animo. Rimasi in silenzio per diversi minuti, scossi il capo e decisi che avrei dovuto riprendermi. Guardai per qualche secondo delle foto che avevo di lui nel cassetto.Visitai il suo Blog, leggendo accuratamente i suoi pensieri. Provavo a comprenderli meglio, leggerli diversamente da come avevo fatto fino ad ora. Sentivo che in quei righi si nascondeva la sua anima, il suo pensiero. Portai le mani al volto nascondendo la maschera della sofferenza, piangevo e tanto. La mia collera divenne sempre più forte. Ancora una volta questo dannato “tempo” aveva portato via una parte della mia famiglia. Inesorabile mi aveva lasciato più di una volta nel dolore e nell’afflizione. Questo dannato susseguirsi di secondi, minuti, ore avevano ancora una volta trascinato il mio dispiacere verso un orizzonte irraggiungibile se non con la mente. Ripresi il controllo della mia vita, anche se sapevo con esattezza che questa non sarebbe più stata la stessa. Ora il mio animo agirà diversamente sapendo che ancora una volta il “tempo” doloroso avversario di questa mia battaglia, sta lentamente scavando le trincee attorno al mio schieramento. Sì perché sento che alla fine, ancora una volta, questo strapperà un’anima dalla mia famiglia portandola via da me, se non addirittura porterà via me stesso. E allora, soltanto in quel preciso istante, quando danzerò con i miei avi nel limbo dell’aldilà, potrò finalmente stringerli forte tra le mie braccia senza temere alcuna forma di separazione perché questa volta saremo insieme in eterno. L. & C.