La riva dei pensieri

Sosta della mente


Tardo pomeriggio di questo tepente giorno di novembre: cammino lentamente sulla rena calda e soffice del Poetto con i piedi scalzi.  Il vento col profumo del mio adorato mare s'intrufola tra i ricci dei capelli provocandomi un brivido, che come una coccola sale dalle gambe lungo la schiena fino alla nuca, e mi fa sentire spensierato e vivo. Le onde alte non celano i colori tenui che prefigurano il vespro con le nebule che giocherellano a rimpiattino con i raggi dorati di elios. Agevolo lo sguardo infantile e lascio che la mente segua la fantasia ma anche il sentiero della memoria. Gioco con la sabbia tra le dita, la sento calda e sfuggente. Sento il libeccio sulla parte del viso che rimane scoperta dal velo di lana che come le spire di un serpente dal collo risale provando a proteggerne uno scampolo dal mondo. Ora il mio corpo sosta, incerto, in silenzio. Rifletto su quel che sono stato, che attualmente sono, che gradirei essere. Lo percepisco, lo avverto, lo vivo, lo sento. Tutto come un cortometraggio proiettato su schermi che mulinano intorno e dentro di me. Sono attonito, inconcluso; eppure un  tenue sorriso che sale da dentro pare increspare le labbra.Lo schema musicale che segue il contenuto di questa settimana è una composizione raffinata ed elegante, di proclività mondana e leggermente frivola. Brano articolato in due movimenti: un conciso andante introduttivo in mi maggiore di ventisei misure (spero di non aver errato il conteggio) non privo di riferimenti al virtuosismo pianistico di Weber che approda in uno splendente e trasparente presto in mi minore in 6/8, che pare richiamare talvolta una frizzante e scanzonata coreografia di folletti, da cui risalta occasionalmente una lirica idilliaca e colma di passione. L' esecuzione pianistica sollecita l' interprete ad una percussione sui tasti netta e incisiva e nello stesso tempo delicata e brillante accompagnata da una tecnica molto curata (staccato, arpeggi, terze, ottave spezzate), nonostante la giovane età dell' artista concertista.                                           Appendice mendacePatire oggi per festeggiare il Natale. Sei lemmi densi di speranza: penare in terra per fare festa nei cieli. Frase dal sapore escatologico, che sintetizza il destino ultimo e felice dell'individuo e dell'umanità. Non l'ha pronunciata solennemente un porporato dell'alta curia romana per dare conforto alla paura dell'uomo davanti all'ignoto. È la conclusione dell'omelia, prima dell'amen, del nostro amato premier "Giuseppi". Un modo paterno d'infondere coraggio ai figli spaventati dall'incubo. La frenesia di esternazione lo porta a non dare peso a ciò che dice. Come quando, più di un anno fa nel luglio del 2019, spergiurò: "Io l'ho detto: non ho la prospettiva di lavorare a una nuova esperienza di governo; la mia esperienza di governo termina con questo". Per confermare il suo proponimento di uomo che ha una parola sola e irreversibile, due giorni dopo, parodiando il mago Houdini, annunciò: "Se cade il governo sparisco»". Il governo gialloverde cadde sotto il solleone di ferragosto, ma il sortilegio non gli riuscì. E non sparì. Assunta una dose equina di “Vitamina del Colle”, la sua carica virale aumentò e contagiò, oltre al già positivo Di Maio, anche Zingaretti, Renzi e Speranza. Con i quali risalì sull'ottovolante di Palazzo Chigi. Altro giro, altra corsa, altre minacce, altre promesse. Altre bugie.