Non sono 1 scrittore

FATTI ATTORNO AD UN ASCENSORE - NONO: "Sono cinquanta, amico"


Il ciccione del sedicesimo piano aveva chiamato la polizia. Ancora quel condominio? Che due coglioni Cristo Dio. Aveva pensato il ciccione che i poliziotti avessero pensato. Dopottuto: la tipa suicida, lo scrittore, l'attore pazzo che stermina la famiglia e ammazza, appunto, lo scrittore. Poi chi ancora.. ah giusto, quello che si era buttato dall'attico (che non si era ancora capito se si era trattato di suicidio o di un incidente .. ). Per non parlare del camionista che mi era venuto addosso ... che posto di merda stava pensando il ciccione.Siamo tutti condannati. L'esistenza è una realtà, che definiamo noi tale, circolare e manovrata dal fato. Se non sono io a completare il cerchio lo farà qualcun altro. Un interscambio di azioni, fatti, parole. Chi inizia, non finisce, chi finisce, non ha mai finito, tutto ricomincia, tutto riparte da capo e da un punto, lo stesso, o da altro punto a caso; ogni azione è un cerchio infinito e si inspessisce su se stesso o si evolve in una spirale crescente o decrescente. Pensava il ciccione.Sembravano parte degli effetti sonori del videogioco al quale era solito giocare da tempo immemore, ingollando birra; l'impossibilità che fossero quelli venne compresa quando smise per un attimo di giocare ma gli effetti sonori stavano continuando. E non erano effetti sonori. Il ciccione del sedicesimo aveva udito i rumori delle percosse e le urla di coloro che furono trovati o morti o agonizzanti. Ancora schiavo del suo essere pavido, non si era mosso dalla sedia e con il cellulare aveva chiamato la polizia, una volante era fortunatamente da quelle parti e gli agenti avevano raggiunto il piano e l'appartamento da dove provenivano i rumori e le urla.Non erano proprio amici, ma si erano scambiati poche parole in alcuni momenti di alcune giornate trascorse e al ciccione dispiaceva che lo scrittore fosse stato ammazzato. Il buon padre di famiglia autore di quella che fu definita una strage della follia, era colui che lo scrittore soleva definire l'attore. L'attore fallito per la precisione. Lo scrittore aveva confidato al ciccione che spesso doveva inventarsi degli stratagemmi per evitare di incontrare quella persona la quale si era assurdamente convinta che egli sarebbe stato in grado di fargli ottenere una parte in un qualche spettacolo. Ma lo scrittore era solo uno scrittore di romanzi brevi e racconti, non uno sceneggiatore di teatro. Ma l'attore era folle e i fatti di quel giorno l'avevano dimostrato tragicamente.Mentre i paramedici portavano via l'attore, in quanto ferito da due proiettili, egli gemeva in lacrime, invocava lo spirito della tragedia, chiedeva del suo pubblico e del teatro, farneticava di spirali prosaiche, dell'importanza del protagonismo e della gloria, piangeva e gridava finchè l'anestetico non lo mise a tacere.Ecco che il ciccione si era messo a pensare come non faceva da tempo. Pensava alle farneticazioni dell'attore. Pensava alla concatenazione di eventi che l'avevano portato ad essere l'unico abitante del sedicesimo piano. Ora che lo scrittore era morto, che l'attore avrebbe passato il resto della sua vita in carcere e che l'unica sopravvissuta, la figlia bambina, sarebbe stata affidata a qualcuno o, intanto, ad un qualche centro (mi sa che non stava mica tanto bene psicologicamente) e che quella ragazza si era impiccata, il sedicesimo piano era vuoto tranne che per la sua presenza. Pensava, con fatica perché una parte di volontà lo spingeva a non farlo, che ci faccio ancora qui? Ho anche vinto quella lotteria. Che ci faccio ancora qui? Quand'è, nel mio passato, che ho deciso di annullare un'esistenza viva per un'esistenza stagnante, fredda, nebulosa, consuetudinaria, inutile? Un giorno aveva creduto ancora possibile costruire un rapporto umano con un amico. Ma lo scrittore era morto. Aveva anche letto (aveva letto!) uno dei suoi racconti. Lo scirttore si era ispirato al suicidio del commesso viaggiatore per costruire la storia di un fantomatico mondo senza acqua. Ci aveva messo un finale provvisorio, goliardico, mentre cercava di costruire il resto dell'intreccio, così tanto perchè potesse avere da leggere qualcosa di completo anche se in realtà non lo era. E il ciccione si era divertito. Mentre leggeva aveva pensato che avrebbe potuto incontrarsi con lo scrittore, bere qualcosa assieme, parlare del racconto, disquisire varie ipotesi su come costruire tutto il libro. E invece niente. Gli eventi si erano mossi in modo da togliergli anche quello. Poteva essere l'ottima scusa per lasciarsi andare, tornare alle vecchie abitudini, spendere tutto in birra e porcherie, tornare ad essere un ciccione di merda, affanculo.E difatti era quello che stava già facendo, giocava e beveva quando aveva sentito le urla.Il ciccione pensava e realizzò che la tragedia di quel giorno rappresentava una scelta. Riabbracciare il passato o costruire un futuro nuovo. Quella tragedia aveva creato un riferimento circolare e lui aveva la chiave per saltare fuori dal cerchio o farsi inghiottire.In bilico tra il fare e il non fare il ciccione del sedicesimo piano, immerso nella spirale dei suoi pensieri, non si era accorto che aveva preso il denaro, alcuni vestiti, pochi effetti personali, era sceso per le scale evitando l'ascensore, era salito in macchina ed era partito."Sono cinquanta amico"Come quando la nebbia si dirada, gli occhi dell'ex ciccione (non sei più ciccione da un po' renditene conto!) furono abbagliati dalle luci della realtà, le luci del tardo pomeriggio, le luci di un futuro che sarebbe stato. Non capì se furono date dall'abbaglio o dalla commozione della perdita o da quella dell'incertezza, ma le due lacrime che scorsero sulle sue gote lo fecero sorridere stupidamente. La dolce stupidità di un ritrovato spirito adolescenzilale.Porse il denaro al benzinaio. "Dove va di bello?"L'ex ciccione ripartì, anzi partì e se ne andò. Finalmente.THOalex