L'Acchiappa Guru

Premanand: Santoni nel mirino


Il mago Premanand da 50 anni gira tutta l'India smascherando i guru che spacciano per miracoli abili trucchi da prestigiatore. Grazie alle sue denunce molti impostori sono finiti in tribunale. E nell'anno del Kumbh Mela dichiara guerra alla credulità. In nome della ragione. Prossimo bersaglio, il potente Sai Baba.Ha 71 anni, dirige la rivista Indian Skeptic e più volte hanno cercato di ucciderlo. Porta ancora sul volto i segni dei sassi scagliati contro di lui dai seguaci di un santone che diceva di camminare sulle acque: «Finché quel giorno io non l'ho fatto affondare».Con un rullo di tamburi il sipario improvvisato si apre per far entrare il primo mago. In frac, camicia verde pistacchio e lunghi guanti neri tempestati di diamanti di plastica, il giovane indiano ha già l'aria accaldata. È il classico mezzogiorno di fuoco, nell'India meridionale. Il mago inizia a nascondere con destrezza alcune palline sotto tre minuscole tazzine, assestando su ognuna alcuni colpetti con la sua bacchetta magica. «È il famoso numero delle tazze e delle palline di Kerala», mormora il mio vicino.È il primo giorno dell'International Brotherhood of Magicians' Magic Fiesta, che si tiene in una sala fatiscente di Kannur, una cittadina nel nord del Kerala. I membri indiani dell'associazione aspettavano da settimane questa speciale kermesse che andrà avanti per tre giorni. Ovunque si respira un'atmosfera di allegria e divertimento; dopo cinque esibizioni da parte di altrettanti giovani dilettanti dei gruppo è il momento della pausa pranzo. I maghi si riversano per le strade ridendo e chiacchierando a gran voce. «Lascia che ti presenti un mangiatore di fuoco proveniente dal Karnataka», esclama B. Dayanand, vice-presidente dell'associazione. «È anche capace di guidare una moto con una benda sugli occhi». Per dargli retta sono costretta a distogliere lo sguardo da un ragazzo che si sta infilando nel naso alcuni chiodi
lunghi una decina di centimetri. Alla fine riesco ad individuare l'uomo che stavo cercando, il fratello maggiore di Dayanand che, con la sua lunga barba grigia, ricorda molto Dumbledore, il simpatico mago di Harry Potter.Si chiama Basava Premanand e si sta producendo in un'improvvisata imitazione di Uri Geller, piegando un cucchiaio dopo l'altro con la sola forza del pensiero. «Ma come fa?» chiedo mentre l'ennesimo cucchiaio fa capolino, piegato in due, fra le dita dei mago. Lui ammicca. «Facile. Come per tutti i miracoli, è solo una questione di trucco».Con i suoi 71 anni, B. Premanand è il membro più anziano del gruppo, anche se il più giovane di spirito. «Sono già stato omaggiato di 9 anni», spiega ridendo, «visto che la durata media della vita in India è di 62». E questo nonostante i diversi attentati alla sua vita compiuti nel corso degli anni, il che la dice lunga sul tipo di magia proposta da Premanand. Perché se gli altri esponenti dell'India's lnternational Brotherhood of Magicians sono solo dilettanti, il suo obiettivo è decisamente più ambizioso: smascherare chiunque tenti di spacciare per miracoli quelli che sono solo semplici trucchi. Per portare avanti la sua missione Premanand ha trascorso quasi 50 anni in giro per i villaggi indiani, dimostrando alle grandi folle radunate nelle piazze in che modo avvengano questi fantomatici "miracoli". «Vedi queste cicatrici?», dice mostrandomi alcuni segni sul naso e sulle labbra. «Sono stati i sassi lanciati dai seguaci di un guru che ho smascherato come un volgare imbroglione. Era famoso perché camminava sull'acqua fin quando non sono arrivato io a farlo affondare». Fra i suoi bersagli più recenti figurano anche un uomo vecchio di 600 anni, uno yogi rimasto a digiuno per 45 anni e un tizio secondo il quale anche i fiori si inchinerebbero al suo passaggio; alla fine sono risultati tutti degli impostori, anche se l'ultimo della lista meriterebbe un applauso solo per la fantasia: spruzzava infatti un potente anestetico sui fiori per farli piegare. Secondo Premanand i santoni hanno tutti un unico obiettivo: fare soldi con l'inganno. E in questi giorni, durante la celebrazione dell'immenso raduno induista dei Kumbh Mela ad Allahabad, stanno davvero facendo gli straordinari, inscenando davanti a una folla di settanta milioni di persone i pezzi migliori di un repertorio vastissimo. «Ricordo un guru che andava di villaggio in villaggio accendendo enormi falò. Invitava tutti a gettare alcune monete d'oro nel fuoco, poi ci infilava le mani e tirava fuori una grossa statua d'argento di Ganesh. La gente gridava al miracolo ma era ovvio che si trattava di un trucco, usato per convincere i più ignoranti a buttare i propri averi».Secondo la mitologia indù, gli dei mandano sulla terra le proprie reincarnazioni: «La gente è convinta che ogni tanto gli dèi possano assumere delle sembianze umane», spiega Premanand. «Ed è per questo che, fin da bambini, ci insegnano a nutrire il massimo rispetto per questi santoni dotati di poteri sovrannaturali. Così, non appena un tipo dall'aria spiritata comincia a rompersi noci di cocco sulla testa proclamando le proprie capacità ultraterrene, tutti tendono a credergli. Persino
primi ministri si sono inginocchiati per toccare i piedi sudici di questi individui». Tale è l'influenza che i miracoli hanno sull'immaginario collettivo, che la Coca-Cola ha recentemente lanciato una campagna pubblicitaria nella quale viene offerta una grossa somma a chiunque riuscirà a trasformare il Gateway to India di Nuova Delhi in bottigliette di Coca-Cola.Dopo lo spettacolo dei pomeriggio usciamo tutti a cena e visioniamo alcuni video presso il Kannur's Chinese Roof Garden. Premanand racconta la storia della sua vita, guidata da un'energia unica, che l'ha portato in giro per tutta l'india tenendo oltre 7.000 discorsi, a scrivere 36 libri, visitare 27 paesi e addestrare migliaia di giovani maghi. Tanto dinamismo gli è valso la nomina a presidente della Indian Rationalists Society, oltre che a presidente del Committee for the Scientific Investigation of Claims of the Paranormal (CSICP, Comitato per le indagini scientifiche sui fenomeni paranormali) e a direttore dell'Indian Skeptic. «La mia missione è iniziata quando ho scoperto di essere stato raggirato io stesso dai santoni», spiega. A 18 anni, lasciò la sua famiglia per andare alla ricerca di un maestro: «Ho cercato ovunque, dai templi indù ai monasteri buddisti. Ho seguito un sacco di guru e ho praticato tutti e 300 i sidha yoga». Malgrado lo zelo, però, Premanand non riesce a trovare una guida spirituale sufficientemente convincente, anche se tutti i guru da lui interpellati sono famosi per la loro santità e per la capacità di operare miracoli. Il primo si chiamava Aurobindo e viveva in un ashram a Pondicherry. Poi è stata la volta di Ramana Maharisha, che sosteneva di essere "atma", cioè anima. Il terzo era Rama Krishna Paramahansa. «Di lui apprezzavo l'impegno a livello sociale. Era convinto che fossimo tutti dèi e aveva 13 discepoli. Molti anni dopo, ho incontrato per caso l'ultimo dei discepoli, l'unico ancora in vita, che mi ha confessato che era tutto un imbroglio». Il quarto guru è stato Shiva Nanda, maestro di yoga kundalini e malato di diabete: «Un giorno gli chiesi come fosse possibile che un santone si ammalasse. Si limitò a rispondere: non fare domande».Alla fine Premanand si trasferì nell'ashram di Swami Narai Naryananda. Si era rivolto a lui per chiedere consiglio sulla meditazione. Il santone scrisse la parola Om su un pezzo di carta, che poi portò con sé al tempio. Quando ne uscì, incendiò il bigliettino. Davanti agli occhi sbigottiti di Premanand. Il fuoco bruciò la carta tutto attorno alla parola sacra, lasciando quest'ultima intatta. «Quando avrai meditato a sufficienza su questa parola, anche tu riuscirai a farlo», spiegò il santone. Premanand passò mesi meditando e provando, ma alla fine l'impazienza ebbe la meglio: sbirciò all'interno dei tempio mentre il guru pregava: «Lo vidi versare una sostanza chimica sul pezzo di carta. Così è cominciata la mia carriera di scettico».
Fin da bambino Premanand aveva ricevuto un'istruzione decisamente originale: il padre aveva un laboratorio in giardino dove preparava misteriosi intrugli per le fabbriche di inchiostro e di sapone. «Un giorno ruppi il termometro di mio padre, così decisi di nasconderlo su un piatto di alluminio, sotto il mio letto. Quando lo scoprì, mio padre mi ordinò di lavare il piatto. Ma non appena iniziai a farlo apparve una strana sostanza grigia». Più tardi Premanand avrebbe capito che è in questo modo che Sai Baba produce il "vibhuti", o cenere sacra, partendo dalle sue fotografie. In realtà nasconde del mercurio dietro le cornici di alluminio, innescando una reazione chimica che crea una perfetta cenere sacra di ossido di alluminio. Col tempo Premanand imparò altri trucchi: «Arrivato nel primo villaggio, sono saltato sul cofano di una macchina, ho chiamato un uomo del pubblico, gli ho acceso un fuoco sulla testa e ho fatto bollire l'acqua per il tè. Sono rimasti a bocca aperta ma non appena ho spiegato il trucco è aumentato il baccano e per farmi sentire ho dovuto urlare».Oggi, come presidente dei CSICP, Premanand può addirittura intentare causa ai santoni colti a infrangere la legge. «in India abbiamo delle buone leggi», sostiene. «il Magical Remedies Objectionable Advertisement Act, il Consumer Production Act e il Monopoly Restriction of Trade Practice Act ci hanno indubbiamente aiutato a incastrare tanti truffatori». C'è però una certa riluttanza a opporsi ai santoni da parte delle autorità preposte a far rispettare la legge. «Spesso i politici sfruttano il potere dei guru, come nel caso di Sai Baba. Nessun funzionario della polizia o del governo può chiedergli di rendere conto delle sue azioni. È lo stesso governo a garantirgli l'immunità». Per il 2001 Premanand ha due guru nel mirino: innanzi tutto Shri Maraji Nirmala Devi, capo dello Sahaja Yoga, che il mago scettico è convinto di poter trascinare in tribunale grazie al Foreign Exchange Regulation Act. E poi Sai Baba, la sua bestia nera di sempre. «È la più grossa battaglia della mia vita», esclama convinto, «e ne uscirò vincitore». (Di Beatrice Newbury - Tratto da "D", inserto del quotidiano "La Repubblica", 30 gennaio 2001, riportato da Alessia Guidi Provocation)