Creato da Acchiappa_Misteri il 19/01/2008

L'Acchiappa Misteri

La scienza dei misteri svelati e le favole create dalla fantarcheologia

 

 

Atlantide, l'origine del mito: il Crizia .. parte 2

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Come si è detto prima, a proposito del sorteggio degli dèi, che si spartirono tutta la terra, in lotti dove più grandi dove più piccoli, e istituirono in proprio onore offerte e sacrifici, così anche Poseidone, che aveva ricevuto in sorte l'isola di Atlantide, stabilì i propri figli, generati da una donna mortale, in un certo luogo dell'isola. Vicino al mare, ma nella parte centrale dell'intera isola, c'era una pianura, che si dice fosse di tutte la più bella e garanzia di prosperità, vicino poi alla pianura, ma al centro di essa, a una distanza di circa cinquanta stadi, c'era un monte, di modeste dimensioni da ogni lato. Questo monte era abitato da uno degli uomini nati qui in origine dalla terra, il cui nome era Euenore e che abitava lì insieme a una donna, Leucippe. Generarono un'unica figlia, Clito. La fanciulla era ormai in età da marito, quando la madre e il padre morirono. Poseidone, avendo concepito il desiderio di lei, sì unì con la fanciulla e rese ben fortificata la collina nella quale viveva, la fece scoscesa tutt'intorno, formando cinte di mare e di terra, alternativamente, più piccole e più grandi, l'una intorno all'altra, due di terra, tre di mare, come se lavorasse al tornio, a partire dal centro dell'isola, dovunque a uguale distanza, in modo che l'isola fosse inaccessibile agli uomini: a quel tempo infatti non esistevano né imbarcazioni né navigazione.
Egli stesso poi abbellì facilmente, come può un dio, l'isola nella sua parte centrale, facendo scaturire dalla terra due sorgenti di acqua, una che sgorgava calda dalla fonte, l'altra fredda; fece poi produrre dalla terra nutrimento d'ogni sorta e in abbondanza. Generò cinque coppie di figli maschi, li allevò e dopo aver diviso in dieci parti tutta l'isola di Atlantide, al figlio nato per primo dei due più vecchi assegnò la dimora della madre e il lotto circostante, che era il più esteso e il migliore, e lo fece re degli altri, gli altri li fece capi e a ciascuno diede potere su un gran numero di uomini e su un vasto territorio. Diede a tutti dei nomi, a colui che era il più anziano e re assegnò questo nome, che è poi quello che ha tutta l'isola e il mare, chiamato Atlantico perché il nome di colui che per primo regnò allora era appunto Atlante; il fratello gemello nato dopo di lui, che aveva ricevuto in sorte l'estremità dell'isola verso le Colonne di Eracle, di fronte alla regione oggi chiamata Gadirica dal nome di quella località, in greco era Eumelo, mentre nella lingua del luogo Gadiro, il nome che avrebbe appunto fornito la denominazione a questa regione. Ai due figli che nacquero nel secondo parto Poseidone diede, al primo, il nome Amfere e al secondo il nome Euemone; ai figli di terza nascita diede nome Mnesea, a quello nato per primo, Autoctone a quello nato dopo; dei figli di quarta nascita Elasippo fu il primo e Mestore il secondo; ai figli di quinta nascita fu dato il nome di Azae al primo, di Diaprepe al secondo. Tutti costoro, essi stessi e i loro discendenti, per molte generazioni abitarono qui, esercitando il comando su molte altre isole di quel mare, ed inoltre, come si disse anche prima, governando regioni al di qua, fino all'Egitto e alla Tirrenia ...

Platone, Crizia

 
 
 

Atlantide, l'origine del mito: il Crizia .. parte 1

Foto di Acchiappa_Misteri


CRIZIA: [..] Questo dunque è ciò che bisogna fare e non indugiare oltre. Per prima cosa ricordiamoci che in totale erano novemila anni da quando, come si racconta, scoppiò la guerra tra i popoli che abitavano al di là rispetto alle Colonne di Eracle e tutti quelli che abitano al di qua; e questa guerra bisogna ora descriverla compiutamente.
A capo degli uni dunque, si diceva, era questa città, che sostenne la guerra per tutto il tempo, gli altri invece erano sotto il comando dei re dell'isola di Atlantide, la quale, come dicemmo, era a quel tempo più grande della Libia e dell'Asia, mentre adesso, sommersa da terremoti, è una melma insormontabile che impedisce il passo a coloro che navigano da qui per raggiungere il mare aperto, per cui il viaggio non va oltre. Quanto ai numerosi popoli barbari e a tutte le stirpi greche che esistevano allora, per ciascuna lo sviluppo del discorso nel suo svolgersi mostrerà ciò che accadde; quanto invece alla stirpe degli Ateniesi di allora e degli avversari contro i quali guerreggiarono, è necessario innanzi tutto esporre da principio la potenza di ciascuno e le loro costituzioni.
E tra questi stessi popoli dobbiamo dare la priorità, nel racconto, a quelli che abitarono qui. Gli dèi infatti un tempo si divisero a sorte tutta quanta la terra secondo i luoghi - non per contesa: sarebbe difatti un ragionamento non giusto pensare che gli dèi ignorino ciò che conviene a ciascuno di loro e che poi, conoscendo ciò che conviene meglio ad altri, avessero cercato di procurarselo per se stessi a forza di contese - ottenendo dunque con sorteggi di giustizia ciò che era loro gradito, prendevano dimora in quelle regioni e, dopo esservisi stabiliti, come i pastori le greggi, ci allevavano beni propri e proprie creature, senza usare violenza sul corpo con la forza fisica, come i pastori che conducono al pascolo le bestie sotto i colpi della sferza, ma nel modo in cui, in particolare, si tratta un animale docile, guidando da poppa, attaccandosi all'anima con la persuasione come un timone, secondo il loro disegno: in questo modo guidavano e governavano tutto il genere umano.
Gli dèi, avendo dunque ottenuto in sorte chi questi luoghi chi altri, li amministravano.
Efesto e Atena, che hanno una natura comune, sia in quanto fratello e sorella nati dallo stesso padre sia in quanto pervenuti al medesimo fine per il loro amore della sapienza e dell'arte, così ricevettero entrambi un unico lotto, questa regione, come congeniale e naturalmente adatta per la virtù e il pensiero, e avendovi fatto nascere come autoctoni uomini virtuosi, stabilirono nella loro mente l'ordinamento politico; i loro nomi sono conservati, ma le loro opere a causa delle distruzioni dei successori e per la lunghezza del tempo trascorso, sono svanite. Infatti la stirpe che sempre sopravviveva, come si è detto precedentemente, rimaneva montanara e illetterata, e conosceva solo per sentito dire i nomi dei signori di quella regione e, oltre a questi, poche delle loro opere. Essi dunque, si accontentavano di assegnare questi nomi ai figli, ma ignoravano le virtù e le leggi dei predecessori, tranne alcune oscure informazioni su ognuno di loro e trovandosi, essi e i loro figli per molte generazioni, sprovvisti dei beni di necessità, rivolgendo la mente a ciò di cui mancavano, e a questo dedicando inoltre i loro discorsi, non si curavano dei fatti avvenuti nei tempi precedenti e anticamente. Il racconto e la ricerca degli avvenimenti antichi infatti entrano nelle città insieme con il tempo libero, quando si comincia a vedere qualcuno già rifornito dei beni necessari per vivere, prima no. Così i nomi degli antichi si sono conservati, senza il ricordo delle loro opere. Dico questo basandomi sul fatto che tra le moltissime imprese che appunto si ricordano associate ai nomi di ciascuno, di Cecrope, Eretteo, Erittonio, Erisittone e degli altri eroi anteriori a Teseo, tra queste imprese Solone dice che i sacerdoti, menzionando per lo più i nomi di quei personaggi, raccontarono la guerra che si combatté a quel tempo, e allo stesso modo per i nomi delle donne. Quanto poi all'immagine e alla statua della dea, dal momento che a quel tempo le occupazioni militari erano comuni sia alle donne sia agli uomini, così, conformemente a quella consuetudine, essi avevano una statua votiva della dea armata, prova che tutti gli esseri viventi che vivono associati, femmine e maschi, sono per natura capaci di esercitare in comune la virtù che compete a ciascun sesso.
Tali dunque essendo questi uomini e in tal modo sempre amministrando secondo giustizia la propria città e la Grecia, erano stimati in tutta l'Europa e in tutta l'Asia per la bellezza del corpo e per ogni tipo dì virtù dell'animo, ed erano fra tutti gli uomini del loro tempo i più famosi.
Quanto poi ai loro avversari, quali fossero le loro condizioni e come andassero le cose in origine, se in noi non è spento il ricordo di ciò che udimmo quando eravamo ancora bambini, ve lo spiegheremo: e ciò che sappiamo sia in comune con gli amici, è d'uopo tuttavia, prima di iniziare il discorso, fornire ancora una breve chiarificazione, perché non vi sorprendiate di sentire pronunciare nomi greci per uomini barbari: ne apprenderete la causa. Solone, poiché aveva in mente di usare questo racconto per la sua poesia, cercando informazioni sul senso di questi nomi, trovò che quegli Egiziani che per primi avevano scritto questi nomi, li avevano tradotti nella propria lingua, e di nuovo egli, a sua volta, recuperando il significato di ciascun nome, li trascrisse trasferendoli nella nostra lingua. E questi scritti appunto si trovavano in possesso di mio nonno, attualmente sono ancora in mio possesso, e me ne sono molto occupato quando ero un ragazzo.
Se dunque udrete tali nomi, simili a questi nostri, non vi sembri strano: ne conoscete la ragione. Ed ecco dunque qual era pressappoco l'inizio di questo lungo racconto ...

Platone, Crizia

 
 
 

Atlantide, l'origine del Mito: il Timeo

Foto di Acchiappa_Misteri


CRIZIA: Ascolta dunque, Socrate, un racconto piuttosto strano, ma assolutamente vero, come disse una volta Solone, il più sapiente dei Sette. [..] A mio nonno Crizia raccontò dunque, e il vecchio a sua volta narrò a noi, che grandi e straordinarie imprese compiute anticamente da questa città (Atene, n.d.r.) erano state cancellate dal tempo e dalla morte degli uomini; e fra quelle ce n'è una, la più grande di tutte, che forse è giusto ricordare per contraccambiare te e per elogiare in modo veramente degno la dea nel giorno della sua festa pubblica come cantando un inno.
SOCRATE: Hai ragione. Ma qual è, insomma, questa antica impresa che Crizia raccontava per averla udita da Solone non come un'invenzione ma come effettivamente compiuta da questa città?
CRIZIA: [..] «Riguardava» rispose il vecchio «l'impresa più importante e più degna di diventare famosa che la nostra città avesse mai compiuto, sebbene non sia giunta a noi per il tempo trascorso e per la morte di coloro che l'avevano compiuta.» [..]
«C'è in Egitto, nel Delta, là dove al vertice si divide il corso del Nilo, la provincia detta Saitica, e di questa provincia è capitale Sais: da lì provenne anche il re Amasi. Secondo gli abitanti, fondatrice di quella città fu una dea, che in egiziano si chiama Neith, e in greco, come dicono loro, Atena: infatti essi sono molto amici degli Ateniesi e si vantano di essere, in un certo senso, nostri parenti.
Solone dunque raccontava che, non appena arrivato lì, ricevette grandi onori presso di loro e, informandosi una volta delle tradizioni antiche dai sacerdoti più dotti in queste cose, scoprì che né egli stesso né alcun altro greco sapeva praticamente nulla di tutto ciò.
E un giorno, volendo indurli a parlare dei fatti antichi, si mise a raccontare la storia per noi più antica, le vicende di Foraneo, che si considera il primo uomo, e di Niobe, e narrò come dopo il diluvio sopravvissero Deucalione e Pirra, ed espose la loro discendenza, tentando di contare quan­ti anni fossero passati dagli avvenimenti che raccontava e di datarli. Ma uno di quei sacerdoti, che era molto anziano, disse: "Solone, voi Greci siete sempre ragazzi, un vecchio fra i Greci non esiste!".
All'udire queste parole, egli chiese: "Ma che vuoi dire?". "Siete tutti spiritualmente giovani," rispose "perché nelle vostre menti non avete nessuna antica opinione formatasi per lunga tradizione e nessuna conoscenza incanutita dal tempo. E il motivo è questo: avvennero e avverranno ancora per l'umanità molte distruzioni in molti modi, le più grandi con il fuoco e l'acqua, e altre minori per infinite altre cause. [..]
E quanto accade fra voi o qui o altrove, di cui noi abbiamo avuto notizia, purché sia un avvenimento bello o grande o comunque insolito, fin dai tempi antichi si trova tutto registrato e conservato qui nei templi.
Invece fra voi e fra gli altri popoli, non appena organizzate un poco le cose di volta in volta con la scrittura e con quanto occorre alle città, ecco che di nuovo, a intervalli regolari, come una malattia si abbatte su di voi un diluvio dal cielo, e lascia sopravvivere solo quelli di voi che sono analfabeti e incolti, sicché ogni volta ritornate da capo giovani, per così dire, senza sapere nulla di quanto avvenne anticamente né qui né fra voi.
Dunque, Solone, le genealogie che tu ci hai narrato sulla vostra storia sono ben poco diverse dalle favole dei bambini, dato che voi in primo luogo vi ricordate di un solo diluvio terrestre, mentre prima ce n'erano stati già molti, e inoltre non sapete che la razza umana più bella e migliore visse proprio fra voi, nella vostra terra, e da essa discendete tu e tutta la vostra cittadinanza attuale, essendone rimasto allora un piccolo seme; ma tutto questo vi sfugge, perché per molte generazioni i sopravvissuti sono morti senza avere conosciuto la scrittura.
Allora infatti, Solone, prima della distruzione grandissima provocata dalle acque, la città che ora si chiama Atene era fortissima nelle armi come in tutto il resto, e straordinariamente ben governata; ecco perché si dice che da essa provennero le più belle imprese e i migliori ordinamenti fra tutti quelli di cui sotto il cielo noi abbiamo avuto notizia."
«Solone disse che, all'udire tali parole, si meravigliò e provò un grandissimo desiderio di chiedere ai sacerdoti di spiegargli per filo e per segno tutto quanto riguardasse i suoi antichi concittadini. E il sacerdote gli rispose: "Niente lo vieta, Solone, anzi te lo racconterò in onor tuo e della vostra città, ma soprattutto della divinità che ha avuto in sorte, ha allevato e istruito la vostra città e questa nostra. [..]
«Molte dunque e grandi sono le imprese registrate qui che di voi si ammirano; ma ce n'è una che le supera tutte per importanza e valore. Dicono infatti i nostri testi che la vostra città arrestò un enorme esercito, che con prepotenza stava avanzando contro tutta l'Europa e l'Asia insieme, provenien­te da fuori, dal mare Atlantico: allora infatti quel mare era navigabile, perché c'era un'isola di fronte allo stretto chiamato (come dite voi) Colonne d'Eracle.
Quell'isola era più ampia della Libia e dell'Asia messe insieme; e da essa i naviganti di quel tempo potevano passare sulle altre isole, e da esse su tutto il continente opposto intorno a quello che allora era un vero e proprio mare.
Infatti, tutto quanto si trova al di qua dell'imboccatura di cui stiamo parlando, sembra un porto con una foce stretta; ma di là c'è veramente il mare, e la terra-ferma che lo circonda si potrebbe perfettamente considerare un continente.
In quest'isola di Atlantide si era formata una grande e straordinaria monarchia, che dominava tutta l'isola e anche molte altre isole e regioni del continente; inoltre governava, da questa parte dello stretto, la Libia fino all'Egitto, e l'Europa fino alla Tirrenia.
Questa potenza dunque, concentrate tutte le sue forze, si accinse un tempo ad asservire d'un sol colpo la vostra e la nostra terra e tutta la regione al di qua dello stretto. Proprio in quel tempo, Solone, la potenza della vostra città divenne famosa fra tutti gli uomini per valore e forza. Sopravanzando infatti tutti quanti nella generosità e nelle arti belliche, prima a capo dei Greci, poi inevitabilmente da sola, perché gli altri si erano ritirati, pur essendo giunta all'estremo pericolo riuscì a sconfiggere gli invasori e a trionfare su di loro, e impedì che fossero fatti schiavi coloro che non erano ancora mai stati asserviti, mentre diede generosamente la libertà a tutti noi, che abitiamo al di qua dei confini di Eracle.
«Ma in seguito si verificarono immensi terremoti e cataclismi, al sopraggiungere di un sol giorno e di una sola notte terribili, in cui il vostro esercito fu inghiottito tutto quanto dalla terra, e anche l'isola di Atlantide s'inabissò nel mare e sparì: ecco perché, anche ora, quel mare risulta ormai inaccessibile e inesplorabile, essendoci l'ostacolo del fango dei bassifondi che l'isola depositò inabissandosi.»


Platone, Timeo

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