ACTO 3

Latte di cammella


 (...)Una serie di impronte di due persone diverse, la prima solo su bicchieri e stoviglie; la seconda sulle ante dell’armadio in camera da letto e sull’interruttore della lampada sul comodino.   Totale tre persone con la vittima? L’involucro della confezione del preservativo?   Solo parziali e quasi sicuramente appartenenti alla vittima.   Analcolico?   Arancia amara altrimenti è mal di stomaco assicurato.   Se beve robaccia gasata è matematicamente sicuro che le verrà a fare compagnia un alligatore dell’Orinoco incazzato, che ridurrà in brandelli tutto l’impianto, dall’esofago a tutto il resto a scendere   Se ne intende?   Le faccio portare un Mimosa.   Se è dolce non mi va.   Mimosa secco. Succo d’arancia e spumante brut con una fettina di kiwi, neppure l’ombra dello zucchero, niente ghiaccio, l’alcol lo si vede all’orizzonte, apparire come un miraggio tra le dune che non ti aspettavi tra un lago e l’altro in Lapponia al primo disgelo e i licheni mutano il paesaggio innevato in prati a primavera, renne e dromedari brucano increduli per l’abbondanza. Io prenderò un Cammella alla noce per restare al fresco nell’oasi.   Cosa c’è dentro?   Latte di cammella e noci, lo si capisce dal nome.   E il latte di cammella dove lo prendono?   Mungono la cammella. Si munge come una vacca, una capra, tutti i mammiferi di genere femminile possono essere munti. La storia del bagno nel latte d’asina la conosce?   Si, Cleopatra, Poppea.   Io per la doccia uso il mio sapone perché non amo gli sprechi.   E’ latte di cammella, quello vero?   . No, é una finzione. E’ come cammellare. Quando meno se l’aspetta ti pieghi in avanti, sposti il collo e imiti l’andatura del cammello. E, così cammellato, conduci chiunque dove preferisci, fisicamente o mentalmente per convincerlo che quello che dici è vero, senza dubbi né tentennamenti, ci crede, lo hai trasportato a dorso di cammello attraverso il deserto, hai pellegrinato la carovana nel percorso che tu avevi prescelto, nella maggior parte dei casi non ci si accorge del condizionamento, nessuna ribellione, nessuna voce critica, nessuna opposizione, tutti perfettamente inconsapevolmente cammellati. E’ semplice latte con un’idea sgocciolata di nocino ma con molta fantasia.    Così mi piace, mi stavo intristendo.   Lo ammetto, ogni tanto mi faccio prendere dalla fantasia. Col suo collega Nicolosi ne ho anche abusato, mi dispiace.   Ora assaggio, poi le rispondo.   Aiuta.   Che cosa?   Immaginare.   Andare fuori tema?   No, sarebbe fin troppo facile. Immaginare l’impossibile per avvicinarsi alla realtà, renderla probabile, entrare nella mente di una persona mentre compie un gesto, che si sciacqui il viso, si guardi allo specchio, che fugga da un luogo lungo le scale, che dimentichi di cancellare le sue impronte ma ormai è tardi perché si è chiuso la porta alle spalle. Chi manca all’appello?     Ottimo, dissetante, avevo più sete che fame. C’è il segreto d’ufficio, se mi beccano mi danno in pasto alla disciplinare e non dico che mi potrebbero trasferire in Sicilia perché mi farebbero una grande cortesia, potrei finire in un commissariato di provincia a fare la passa carte.   Non sono un giornalista e la fantasia l’adopero per i pochi da me prescelti e mai per la locandina acchiappa polli.     Non la conosco, non so se posso fidarmi. Non capisco mai se scherza o fa sul serio.   Bene, è giusto così però assaggi le tartine, ormai ci conosciamo, sia io che loro siamo tersi e innocenti come gli occhi di un bambino che guarda in alto quando il puparo muove i personaggi, sa che là sopra c’è qualcuno ma sta al gioco e si diverte.     E’ vero, è una finzione ma conviene crederci, stare al gioco altrimenti si rompe il giocattolo. L’ex marito ha un alibi di ferro oltre a non avere movente. Negozio aperto fino a tardi, turisti o clienti abituali ininterrottamente, almeno un centinaio oltre la commessa e il giovanotto, il fidanzato fuori ad aspettarla per accompagnarla a casa con la moto. Sestri Levante, Genova, Sestri Levante in orario di apertura. Due, forse tre ore di assenza che non sarebbe passata inosservata. Motivo? Nessuno.    L’avvocato?   Avvocato chi? Vuole l’avvocato?   Io no. Dico, l’avvocato, ne sa niente di quell’avvocato?   Perché mettono la cannuccia? Fossimo dei picciriddi. Qui tutto scade, un cocktail perde il suo fascino, la cannuccia sminuisce la presentazione del bicchiere. Odio quando caricano troppo. E’ come quando vedi un film di scarsa categoria e, per dissimularne la pochezza, abbondano con colonne sonore smodate, esorbitanti per compensare la fragilità del linguaggio filmico.   Si, più o meno è la stessa cosa. L’avvocato, ci ha parlato, non so come si chiami?   Accidenti a te, quante ne sai. Mi scusi, pensavo ad alta voce.   Dammi del tu, il Mimosa resta ottimo, il Cammella è squisito, il tavolino del bar non s’è mosso, nessun terremoto in atto, la città continua a fare il suo solito baccano, ci stiamo immersi fino al collo, cosa può cambiare? La coniugazione dei verbi. Pensavo che tu ci fossi arrivata.   Nicolosi si, l’ha sentito ma senza approfondire, semplici conoscenti per motivi professionali.   E tu lo hai già incontrato? Può andarti bene, scommetto che a cocktail ne sa più di me.   S’è fatto tardi devo andare. Grazie per avermi incontrata e, non voglio lasciare sottintesi, la prossima volta che ci vedremo potrebbe essere in presenza di altre persone e ti prego di ritornare a darci del lei se non ti disturba.   Spero di non rivederti perché vorrà dire che nel frattempo avete risolto il caso. Auguri.   Crepi.   Chi?   Il lupo.   Lupi, balene, tutti a bocca aperta. Il prossimo interrogatorio, se ci sarà, in una trattoria con meno arredamenti alla moda e più sostanza, tavoli e sedie non si mangiano.   Non fare giri di parole. Mi stai invitando a cena?   Si.   Chiamami, il mio numero lo conosci. (...)