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MANUALE PRATICO PER VINIFICARE

Post n°17 pubblicato il 21 Ottobre 2014 da adottalafattoria

 

Manuale Pratico del Vinificatore

 

 

Vendemmia o acquisto

 

 

Chi vuole farel’esperienza di prepararsi un buon vino in casa deve ovviamente, in primoluogo, procurarsi l’uva. Se si dispone di un piccolo vigneto la raccolta delfrutto va affrontata al momento giusto. L’uva, oltreché matura in manieraconsona, non deve essere bagnata dalla pioggia o da un’eccessiva rugiada,perché ciò diluisce il mosto. Allo stesso tempo, però, essa non deve esseretroppo calda perché nelle ceste può dare luogo a fermentazioni inopportune. Ècomunque un accorgimento importante da seguire quello di portare rapidamentel’uva alla pigiatura, perché così si possono evitare inacidimenti o altriinconvenienti che si possono verificare soprattutto se si usano ceste diplastica che non lasciano traspirare i grappoli ammucchiati.
Questo accorgimento vale anche per chi l’uva la acquista. I tempi tra vendemmiae pigiatura è meglio che siano i più brevi possibili. A tal fine, l’acquirentedovrebbe sincerarsi che l’uva provenga da un luogo vicino, e che quindi cisiano maggiori possibilità che sia stata colta a tempo debito e non prima.
È da evitare l’uva trasportata nei teli di plastica perché ciò dà origine, nelfondo del cassone, a un deterioramento del mosto che non è né salutare négustoso. Se è possibile, bisognerebbe acquistare uva venduta in ceste di viminio anche di plastica purché dotate di apposite finestrelle per l’aerazione. Èsempre meglio controllare inoltre che i grappoli siano tutti sani e non soloquelli in evidenza che costituiscono lo strato superiore delle ceste.
Una pratica sconsigliata è quella di lavare l’uva prima della pigiatura.Lavandola, infatti, si dilaverebbero proprio quei lieviti che sono iresponsabili della fermentazione alcoolica, mentre gli antiparassitari non sieliminano di certo con un semplice lavaggio in acqua.

 

 

Pigiatura

 

 

La pigiatura è,in effetti, la prima vera e propria fase di trasformazione dell’uva in vino.Essa consiste nel comprimere i grappoli con una macchina (pigiatrice a rulli,pigiadiraspatrice, ecc.) al fine di far fuoriuscire il succo dagli acini
Per un uso familiare, la pigiatura può essere realizzata con i piedi, così comeavveniva un tempo in molte realtà contadine, dove si usavano a tal uopo cassedi legno con falsi fondi bucherellati. Per piccole quantità si può anchesemplicemente schiacciare l’uva con le mani dopo aver messo i grappoli in unrecipiente capiente e adatto allo scopo. In verità, esistono in commercio anchepigiadiraspatrici centrifughe per uso hobbistico, ma di norma sono abbastanzainutili sia per le ridotte dimensioni che per il costo assai elevato.
Alla pigiatura segue la diraspatura, ossia l’allontanamento dei raspi -l’ossatura del grappolo che tiene insieme gli acini - dalla polpa e dallebucce. Essi vanno tolti per evitare un aumento dell’acidità del vino e lacessione ad esso di sostanze sgradevoli tra cui quelle tanniche che non sonopropriamente salutari.

 

 

Fermentazione

 

 

A questo punto ilmosto così ottenuto viene messo direttamente nel contenitore di fermentazione perla cosiddetta “macerazione”.
La fermentazione alcoolica è il processo mediante il quale i lieviti, come si èdetto, trasformano gli zuccheri del mosto in alcool. Il mosto inoltre puòcontenere le bucce oppure no (vedi paragrafo 3.4).
In questa fase, ci sono alcune regole da rispettare per ottenere un buonrisultato: a) non bisogna mai coprire il contenitore in cui avviene lafermentazione; b) tenere chiuse porte e finestre nel locale in cui è in attol’operazione (o quanto meno consentire una razionale e non sproporzionataaerazione); c) mantenere una temperatura costante nel locale e comunquecompresa idealmente tra i 21 e i 25 °C; d) controllare che la produzione dianidride carbonica non sia eccessiva (anche con il semplice accorgimento di unacandela stearica: se si spegne entrando nel locale significa che l’ossigeno èscarso); e) controllare la massa fermentante e intervenire in caso di tendenzaa straripamento (vedi oltre). Dato che si usa un contenitore scoperto (e si puòanche lasciare fermentare addirittura nello stesso tino o recipiente in cui siè pigiato), al fine di impedire che il mosto, successivamente trasformato invino, a fermentazione conclusa inacidisca, è meglio mettere un peso sulla massamostosa in modo che questa venga pressata. I vinificatori mettono normalmentedei pali di legno tagliati di misura e incrociati sopra il mosto. Lafermentazione inizia appena 4-5 ore dopo la pigiatura e la massa entra inebollizione dopo 24 ore. La durata della fermentazione può essere varia a secondadelle esigenze del vinificatore. Se si desidera ottenere un vino corposo, amaroe colorito e con una elevata gradazione alcoolica si può lasciar fermentare per18-22 giorni, ossia lasciando completare il ciclo effettivo dellafermentazione. Se si vuole un vino poco alcoolico, di gusto amabile e non moltocorposo è meglio interromperla dopo 4 o 5 giorni. Se, infine, si gradisce unvino rosato, vinificando con la vinaccia, è opportuno interrompere lafermentazione dopo 18 o 24 ore al massimo. È importante ricordarsi di nonriempire mai oltre i 3/4 della cubatura del contenitore entro cui si è messo ilmosto perché durante la fase “tumultuosa” di fermentazione esso aumenta divolume e se il contenitore è troppo pieno può straripare.
Va aggiunto anche che se si opta per la fase di fermentazione completa (quelladi 18-22 giorni) va effettuata la follatura, cioè il rimescolamento del mostouna volta almeno ogni 12 ore. Questa operazione è importante perché evitaprobabili fenomeni di acidità, inibisce il formarsi di una quantità esageratadi anidride carbonica e facilita la soluzione dei pigmenti coloranti.
Bisogna in conclusione precisare che non sempre il mosto presenta zuccherisufficienti per raggiungere il minimo di 11,5 o 12 gradi alcoolici checonsentono un vino sano e conservabile. In presenza di questa eventualità(verificabile con un normale densimetro inserito in un recipiente cilindricopieno di mosto) si può aggiungere saccarosio (che poi sciogliendosi ridàfruttosio e glucosio). L’aumento di un grado alcoolico si ottiene aggiungendoal mosto in fermentazione 1,7 Kg/q di saccarosio.
I primi giorni di ammostamento bisogna controllare che la fermentazione partabene. Se dopo qualche tempo essa non è ancora avvenuta può darsi che latemperatura del locale sia troppo bassa, per cui occorrerà riscaldare unpochino l’ambiente. Può però anche essere il caso che vi sia carenza dilieviti. Si tenterà allora di farli riprodurre aerando il mosto (cfr.follatura) o aggiungendo sostanze azotate come il fosfato di ammonio di cuiessi si nutrono. Talvolta si può ricorrere all’acquisto di lieviti selezionatida aggiungere.

 

 

Svinatura, travaso, imbottigliamento

 

 

Quando lafermentazione è cessata, e all’assaggio si sente che tutto lo zucchero è statotrasformato, si può passare alla svinatura che è la separazione della vinaccia(l’insieme della parti ancora solide dell’uva) dal vino. Si può usare a talfine anche un setaccio di vimini che tratterrà tutte le impurità e ivinaccioli. Il vino ottenuto va poi versato in un contenitore (un barilotto sesi tratta di una piccola quantità) che andrà riempito completamente senza cherestino residui d’aria. A questo punto si lascia ridiscendere la temperatura aquella ambiente (16 °C). Volendo, si può aggiungere anche il vino che esce dallasuccessiva prima torchiatura che possiamo fare alle vinacce rimaste nelcontenitore di fermentazione (esistono in commercio anche piccoli torchi amotore elettrico). Dalla seconda torchiatura, invece, si potrà, dopo averlomesso anch’esso in botte, “tagliarlo”* intelligentemente per il consumoquotidiano.
Il vino in botte (o altro recipiente in cui l’avrete sigillato) continuerà ilsuo lavorio rilasciando continuamente depositi sedimentosi. Sarà utile quindieffettuare dei travasi in altri recipienti. In linea di massima, se si vinificacanonicamente in autunno si potrà travasare una prima volta tra fine novembre einizio dicembre, una seconda a gennaio e una terza a primavera inoltrata. Èimportante travasare in giornate serene e asciutte cioè con una pressioneatmosferica alta che limiti i movimenti naturali del sedimento.
Ora non resterà che aspettare il momento buono per imbottigliare. Per il vinoal suo primo anno di vita il periodo migliore per l’imbottigliamento è quelloche va da giugno ad agosto. Ancora qualche mese di pazienza (almeno sei) e ilvino in bottiglia è pronto per essere gustato.

* Il “taglio” è l’operazione con la quale si miscelano due o più qualità divino per ottenerne uno con determinati requisiti di colore, grado alcoolico e gusto.

 

 

Vino bianco

 

 

Se si vuole ilvino bianco, quando si è pigiato e diraspato, e prima della fermentazione, siproceda a togliere le bucce mediante l’uso di sgrondatrici o di torchi. Per unapiccola produzione casalinga si possono avvolgere i grappoli pigiati in unapezza di tela per poi spremerli in una pressa rudimentale (va bene anche unbidone di metallo ed un pistone di legno appositamente modellato che si premeràda sopra) o mediante l’uso di un cric per auto.

 

 

Succo d’uva

 

 

Con l’uva si puòanche ottenere un buon succo analcolico che possono bere anche i bambini.Prendere dei grappoli d’uva nera matura, dirasparli, e mettere gli acini in uncolino dove vanno lavati bene sotto acqua corrente. In una pentola,possibilmente di acciaio, si versano poi tre dita d’acqua e si aggiungono tuttigli acini lavati e scolati. Quindi si mette il tutto a cucinare a fuocomoderato. Per i primi quindici minuti bisogna rimestare frequentemente con uncucchiaio di legno, perché gli acini che devono aprirsi lasciando uscire ilsucco, possono attaccarsi al fondo della pentola. Se ciò si verificasse bastaaggiungere ancora un po’ di acqua tiepida. Dopo circa mezz’ora, quando l’acinoè completamente disfatto e la pentola si è riempita di succo, spegnere evuotare il tutto in un colino, sotto il quale avrete riposto un’ampia terrina.Aiutandosi con un cucchiaio di legno mescolare quindi le bucce e i vinacciolirimasti nel colino e fare gocciolare il succo che ancora ne esce nella terrinasottostante.
Nel frattempo, avrete preparato, pulite ed asciutte, delle bottigliette,possibilmente da 125 ml. Infatti, dato che il succo non contiene conservanti,una volta aperto deve essere consumato in giornata, per cui bottiglie dipiccola taglia meglio si prestano a tale scopo. Le bottigliette vanno ripostenel forno freddo e questo va poi acceso e portato alla temperatura di 100-125°C. Quando il forno ha raggiunto la temperatura indicata, si lascianosterilizzare le bottigliette per 5 minuti e poi si spegne. A questo punto, conun guanto da cucina si prendono le bottigliette e tramite un imbuto vi si versail succo d’uva altrettanto caldo. Infine, si posizionano le bottigliette nellatappatrice a pressione e si tappano. Si ripongono allora le bottigliettecoricate una di fianco all’altra su di una tovaglia ripiegata, e si coprono conun lembo della tovaglia stessa affinché si raffreddino lentamente. Il giornodopo, a raffreddamento ultimato, si possono etichettare e poi riporre in unluogo fresco e buio. La durata di questi succhi casalinghi è di almeno un anno.La consumazione può invece avvenire immediatamente.

 

 

I “siguli“ (o “sugoli”)

 

 

È una ricettadella tradizione contadina veneta a base di mosto. Va usato mosto fresco appenafatto, quando è ancora dolce e frizzante. Meglio se d’uva fragola. In unapentola di acciaio preparare la quantità di farina che serve a seconda delladose che si vuole preparare. Indicativamente, ci va un cucchiaio di farinabianca per ogni bicchiere di mosto (dose minima per una persona). Dopo averintiepidito a parte il mosto, aggiungerlo poco alla volta alla farina,mescolando continuamente con un cucchiaio di legno per evitare la formazione digrumi (come si fa per preparare un budino). Mettere quindi sul fuoco (lento)continuando ancora a mescolare per almeno mezz’ora in modo che non attacchi sulfondo. Poi spegnere e mettere i “siguli” caldi così ottenuti in vasetti divetro (puliti e asciutti) a chiusura ermetica. Capovolgere i vasetti su di unatovaglia, coprirli con un panno e lasciar raffreddare lentamente. Il giornodopo riporre in frigorifero e consumare entro sette o otto giorni al massimo.La formazione di una leggera muffa sopra il “budino” di mosto che potrebbeuscire nei giorni seguenti non ha particolari controindicazioni. Una volta chela si è tolta, di norma i siguli sono ancora più buoni.

 

 
 
 

COME RISCALDARE UNA STANZA CON SOLO 14 CENTESIMI/GIORNO

Post n°16 pubblicato il 30 Novembre 2013 da adottalafattoria

Solo 14 centesimi al giorno e niente canne fumarie per riscaldare una stanza di 20 mq. L’invenzione alla portata di tutti di un ingegnere inglese, con il nostro tutorial passo a passo per realizzarla.

Il sistema che sfrutta la capacità di convezione di semplici vasi da giardino in terracotta è stato ideato da un cittadino britannico che aveva l’esigenza di scaldare una stanza-studio senza calorifero e canna fumaria. Sfruttando allora delle semplici regole della fisica, come la convezione del calore, ha ideato questo sistema ingegnoso che prevede l’uso di semplici oggetti alla portata di tutti:

  • 1 cassetta di metallo o stampo per plumcake in metallo. Va bene anche una scatola in latta.
  • 2 vasi di terracotta da giardino che possano stare uno dentro l’altro ma lasciando un’intercapedine di aria tra i due. Per esempio due vasi di diametro 10cm  e 14 cm. Siccome le misure dipendono anche dallo spessore dei bordi, se dovete acquistarli provate prima a vedere come viene il non-incastro
  • 4 candeline tealight, tipo le Glimma di Ikea (che abbiamo usato anche noi per i calcoli)

Seguendo la foto sopra, posizionare i vasi uno dentro nell’altro, tappando il foro alla base di quello più piccolo. Per questa operazione si può utilizzare un portacandelina in alluminio di una candela già consumata, fate solo attenzione che non vi sia ancora cera, altrimenti colerebbe all’interno.
Accendere le 4 candeline e metterle nel contenitore in metallo.
Posizionare sopra i due vasi e attendere mezz’ora perché questo diffusore di calore cominci a lavorare a pieno regime.
Le candeline tealight durano 4 ore, se si vuole proseguire oltre le 4 ore basta cambiarle.

Attenzione: posizionare sotto al contenitore in metallo un poggia-pentola in materiale isolante.

Come funziona esattamente? Facilissimo, lo schema qui sopra ve lo illustra in breve. In pratica, si crea una convezione di calore che viene mantenuta e amplificata grazie alla terracotta. Avete presente le vecchie stufe in terracotta della nonna? Ecco, il principio è lo stesso!

Il sistema è utile per scaldare con poco una piccola stanza, 15-20 mq.

I calcoli

Ci siamo basati su una confezione di Glimma Ikea da 100 tealight che costa attualmente Euro 3,50. Ogni candelina costa quindi 0,035 Euro. Usandone 4, che durano 4 ore, la spesa è di 0,14 Euro. Sufficiente per una serata di 4 ore a casa, dopo il lavoro o per una mattina o un pomeriggio in cui si sa di rimanere in una sola stanza.

 
 
 

TECNICA D’IRRIGAZIONE

Post n°15 pubblicato il 10 Giugno 2013 da adottalafattoria

EVAPO-CONDENSATORE SOLARE

Secondo le ultime proiezioni circa le disponibilità idriche ad utilizzo potabile , si prevedono notevoli difficoltà di approvvigionamento già a partire dai prossimi 40 anni; in molte parti del globo, le carenze idriche hanno sperimentato soluzioni localizzate, per scopo irriguo, grazie a recupero di contenitori idrici(bottiglie) in PTE.

Per acque ad uso potabili inquinate da batteri, questi vengono abbattuti in percentuali anche del 99,999%, esponendo le bottiglie di recupero in PTE, riempite di acqua inquinata, ad i raggi solari .

Le radiazioni dei raggi UV-A nello spettro tra 320-400nm, perdurando un tempo di 6 ore, riescono ad abbattere la presenze di colonie . Unitamente ad un processo di evaporazione in ambiente protetto, si garantisce anche un eccellente livello di purificazione dell'acqua circa sostanze chimicamente nocive ; maggiore è la temperatura, più veloce e più efficiente è il processo di purificazione.

Questi due meccanismi utilizzati contemporaneamente in un evaporatore solare, possono produrre acqua potabile .

In agricoltura , il meccanismo di evaporazione e condensazione, permette di recuperare acqua ad uso irriguo, con un risparmio idrico del 90% ; detto risparmio deriva dal fatto che tutte le perdite per percolamento negli strati inferiori alla coltura si annullano quasi nella totalità .

Questo sistema solare, unito ad un sistema di distillazione, irriga in modo efficiente, semplice ed economica  installazione,  è capace di aiutare milioni di agricoltori in tutto il mondo, favorendo un aumento della produzione con molta meno acqua.

Questa logica è già stata adottata in un progetto ENEA per l'ispessimento delle acque salmastre delle saline Sarde, capace di recuperare notevoli quantità di sale e di acqua priva di sali .

Adottata da privati in piccoli orti a basso sviluppo fogliare , può garantire produzioni significative .

Come si realizza  un prototipo/modulo :

1°) Riciclare una bottiglia in PTE (trasparente)della capacità di 1,5lt., tagliarla a metà utilizzando solo la parte inferiore; porla piena d'acqua in prossimità( a 15 cm.) di una piantina d'insalata , poi

2°) Riciclare una bottiglia in PTE (trasparente)della capacità di 5lt. ; asportare solo i fondello e serrare bene il tappo, sì da evitare fuoriuscite di vapori . Porre il contenitore da 5 lt. Sopra quello da 1,5 lt. Già tagliato a metà e pieno d'acqua ; spingere nel terreno il bordo del contenitore da 5 lt. Per 3>5 cm. .

E' richiesto solo un minimo di manutenzione necessaria solo per riempire il serbatoio d'acqua, quando necessario, ed estirpare le piante che sono state capaci di crescere all'interno del condensatore. Applicando questa tecnica, le piante si sviluppano usando solo la quantità necessaria di acqua, evitando l'evaporazione che normalmente non viene sfruttata.

 

 
 
 

I materiali da copertura di Serra

Post n°14 pubblicato il 31 Maggio 2013 da adottalafattoria

I materiali da copertura sono normalmente di tipo Plastico o di tipo Vetroso, rigidi e flessibili.

Il clima mite italiano si presta alla coltura protetta delle piante ortive e floricole per le produzioni fuori stagione, cioè per quei prodotti ottenuti in anticipo, o in ritardo, oppure in periodi completamente al di fuori del normale "contro stagione".

La produzione anticipata o primizia, è quella ottenuta a fine inverno-primavera da colture a cui si è fatto iniziare il ciclo produttivo in ambiente condizionato e che sono state poi trasferite all'aperto senza protezione o con la protezione di tunnel plastici, in modo da anticipare l'epoca di maturazione.

Spesso in azienda, l'approccio tecnico alla scelta del Film plastico più adatto alle specifiche esigenze colturali e climatiche, è lasciato alla conoscenza di pochi fattori, oltre al prezzo, si richiede la durata, lo spessore, (che è correlato con il peso del film), e ad alcune caratteristiche tecniche più specifiche che non molti conoscono o sono in grado di apprezzare, come il trattamento antigoccia o la trasparenza.

Tra i fattori cui necessita un approfondita conoscenza, riportiamo una breve traccia necessaria dare per spiegare cos'è la luce e il cosiddetto effetto serra, oltre a fare una rassegna dei principali prodotti presenti sul mercato e delle proprie caratteristiche.

Effetto Serra.

Le piante autotrofe fabbricano Carbonio Organico traendo energia necessaria dalle radiazioni solari del visibile (λ=360-760 nm) con preferenze per le lunghezze d'onda fra 400 - 500 nm (luce blu) e 600 - 700 nm (luce rossa) dello spettro solare.

L'energia calorifica, indispensabile per l'attività fotosintetica e altre attività biologiche, è tratta dalle radiazioni dell'IR ed in particolare dall'IR corto (IRC) e dall'IR medio (IRM) che hanno lunghezze d'onda da 1.200 a 2.500 nm rispettivamente.

Sulla terra ogni oggetto colpito da queste radiazioni riemette radiazioni calorifiche con lunghezze d'onda maggiore (IRL) IR lungo, da 2.500 a oltre 15.500nm.

L'effetto serra è la capacita dei mezzi di copertura trasparenti di lasciarsi attraversare dalle radiazioni IRC e IRM (prive di energia termica) e di trasmettere le radiazioni IRL riemesse dal terreno e dalle piante all'interno della serra.

Un materiale dotato di un buon effetto serra deve avere:

- alta trasparenza alle radiazioni in entrata (IRC e IRM);

- elevata opacità alle radiazioni in uscita (IRL).

Materiali da copertura e Materie Plastiche.

I materiali da copertura sono:

- Plastici

- Vetrosi

In questo articolo affrontiamo solo i materiali plastici.

Le materie plastiche derivano dalla polimerizzazione di alcuni composti monomolecolari a base di cloruri, carbonati, acetati.

I vantaggi nell'utilizzo di materiale plastico anziché vetroso sono legati alla loro economicità, alla loro leggerezza che richiede strutture portanti più leggere e più maneggevoli ed alla limitata richiesta di manutenzione; per contro hanno lo svantaggio di avere una durata sicuramente più limitata rispetto a materiali rigidi quali il vetro.

I materiali plastici possono trovarsi in commercio come:

 - film flessibili

 - lastre rigide

 - lastre semirigide

Film Flessibile.

I film flessibili si possono suddividere in base alla loro tipologia chimica:

1) Polietilene (PE)

2) Cloruro di Polivinile (PVC)

3) Etil Vinile Acetato (EVA)

Polietilene o PE

Il polietilene e uno dei materiali da copertura più utilizzati, perché presenta caratteristiche vantaggiose rispetto alle altre tipologie di teli, quali:

a) è il materiale più economico

b) viene commercializzato in strisce larghe anche fino a 18 metri, il che consente una copertura rapida, facile ed uniforme di tunnel e serre

c) presenta buone proprietà meccaniche e fisiche, migliori rispetto a quelle del PVC

d) presenta buone caratteristiche ottiche, anche se queste dipendono dallo spessore del film.

Per contro presenta alcune caratteristiche sfavorevoli, quali:

a) breve durata: degradazione dovuta all'iper-sensibilità ai raggi ultra violetti, all'ossigeno e alla luce, fattori questi che contribuisco alla sua ossidazione e conseguente perdita di resistenza nel tempo

b) ha una scarsa tenuta termica, ossia le sue caratteristiche non sono ottimali per l'ingresso di IRC e IRM ed il trattenimento di IRL.

L'alta percentuale di trasparenza all'IRL significa che il PE disperde il calore. Il tipo più luminoso di PE è il PEBD o LDPE (polietilene a bassa densità).

Il PEBD arriva al massimo ad un anno ma la durata può essere prolungata con l'aggiunta di sostanze amminiche e benzofenoni con azione antiossidante e antiattinici.

Oggi in commercio si trova un PE a più alto peso molecolare LLDPE (PE a bassa densità lineare).

Cloruro di polivinile o PVC.

E un polimero fabbricato in film e addittivato con sostanze stabilizzanti che ne aumentano la resistenza e sostanze che ne aumentano la flessibilità.

Il PVC presenta un effetto serra maggiore al PE: infatti la trasparenza all'IRL è limitata al 32% mentre quella del visibile arriva al 90%.

Le caratteristiche sfavorevoli del PVC sono:

a) alto grado di deformazione per cui necessita di una trazione continua per evitare la formazione di borse durante piogge e nevicate

b) è soggetto a rotture per azione del vento.

c) puo' provocare danni alle piante per eccesso delle temperature interne al tunnel se la serra non viene costantemente arieggiata.

Il PVC si trova in commercio come antigoccia o antigoccia a lunga durata, il quale presenta buone caratteristiche di trasmittanza: alta per IRC (92%) e bassa per IRL (32%)

Etil Vinile Acetato o EVA

Questo materiale presenta caratteristiche intermedie tra PE e PVC.

Nella pratica si usano EVA con 14-18% di vinile acetato. Tecnicamente se si usa EVA e PE fusi insieme o a strati sovrapposti, si costituisce un manufatto dotato di buona tenuta termica e migliori caratteristiche meccaniche del PE.

Oltre alle tipologie di film descritti esistono anche altri tipi di film dalle caratteristiche speciali, quali:

- Film termici

- Film speciali colorati

- Doppio film

- Veli plastici

 I film termici sono film di PE a bassa densità lineare (PEBD) a cui sono conferite maggiori capacita termiche: miglior effetto serra con l'aggiunta di minerali (a base di silicati o fosfati) o di sostanze organiche (vinil acetato).

Poiche questi additivi riducono la trasmissione luminosa vengono migliorati con l'aggiunta di sostanze antigoccia per aumentarne la trasparenza.

I film speciali colorati sono utilizzati per favorire la precocità e la produzione fuori stagione, sono film molto difficili da rintracciare sul mercato.

Il doppio film è dato dalla combinazione di PE, PEBD, PVC, EVA utilizzato per impedire perdite di calore oltre alla formazione della condensa (efficienti per l'aspetto termico ma insoddisfacenti per le perdite di trasparenza).

veli plastici sono materiali utilizzati per le coperture senza sostegno: possono essere veli in tessuto non tessuto, poliestere o polipropilene.

Presentano le seguenti caratteristiche:

- permeabilità all'acqua e all'aria

-resistenza alle sollecitazioni meccaniche

- stabilita ai raggi ultravioletti

- resistenza alle basse temperature

- imputrescibilità e inossidabilità.

 In inverno o in primavera dopo la semina e la messa a dimora di piantine microterme si stende il velo sul terreno così da creare un microclima che consente la rapida germinazione o ripresa delle piantine.

Nel momento opportuno il velo viene tolto.

 

Tratto da una relazione del:
Dr. Agr. Silvio Fritegotto

 
 
 

Efficienza energetica dell'ecosistema serra agricola

Post n°13 pubblicato il 31 Maggio 2013 da adottalafattoria

Interazioni tra i diversi fattori del processo produttivo, per la svariata e differente tipologia strutturale e climatica che si presentano nel vario territorio italiano.

In una serra si creano notevoli interazioni tra i diversi fattori del processo produttivo, anche per la svariata e differente tipologia strutturale e climatica che esso presenta nel vario territorio italiano. Altri fattori di variabilità però, sono rappresentati dal grado di preparazione tecnica degli operatori di settore, dalla organizzazione dell'attività e dal mercato a cui é rivolto il prodotto.

Tralasciando i problemi, pur importanti, dell'impatto della serra sul paesaggio, si può osservare che le colture protette possono causare problemi di contaminazione dell'ambiente e di presenza di residui tossici nei prodotti.

Sarebbe quindi auspicabile che, nell'affrontare le varie tematiche di questo agro_eco_sistema, l'approccio perseguito sia di tipo sistematico e multidisciplinare in cui l'impiego delle diverse tecnologie innovative disponibili possano sanare la conflittualità che ancora esiste tra processo produttivo da un lato ed esigenze di ordine energetico, ambientale ed economico dall'altro.

In questo contesto, una strategia innovativa per ridurre l'impatto delle colture protette sull'ambiente é quella che tende a trasformare la serra da sistema agricolo «aperto» a uno di tipo «chiuso», sostanzialmente basato sulla riutilizzo/riduzione del materiale di scarto e dei residui tossici, sull'automatizzazione ed informatizzazione, sul monitoraggio dei parassiti, sulla coltivazione «senza suolo», sul riciclo della soluzione nutritiva.

Tuttavia l'affermarsi di una serricoltura avanzata, come di altri settori agricoli in genere, é legato alla capacità di perseguire una politica agricola che sia in grado non solo di valorizzare la qualità dei prodotti, ma anche di facilitare ed accelerare il cambiamento tecnologico, di orientare la ricerca e la sperimentazione e di promuovere una divulgazione ed un trasferimento della tecnica in modo qualificato tra gli operatori del settore.

L'agroecosistema serra

La produzione agricola della serra é strettamente legata alle caratteristiche fisico/agronomiche di questo agroecosistema che si chiama serra.

Fondamentalmente gli aspetti d'interazione più importanti da porre in evidenza sono:

la produzione, che é legata all'isolamento ambientale della coltura, all'impiego di energia diretta (climatizzazione) ed indiretta (materiale di copertura, fertilizzanti e fitofarmaci) e ad un adeguato controllo dei parametri di produzione; la tendenza alla massimizzazione della produzione (biomassa) che genera, quale conseguenza, una accelerazione del processo entropico (incremento del consumo di energia termica e chimica, aumento dei cicli produttivi, instabilità del sistema biologico, aggravamento dei problemi fitosanitari, aumento dei residui tossici); le caratteristiche del sistema serra, che tende a favorire le infestazioni da fitofagi di origine tropicale (es. mosche bianche, tripidi) e da patogeni (batteri e funghi), a facilitare l'attività prolungata e lo svernamento di alcuni insetti (es. Afidi), ad accelerare il loro ciclo di vita (maggior numero di generazioni e fecondità), ad ostacolare l'azione dei nemici naturali sia a causa dei trattamenti chimici ripetuti che dell'isolamento ambientale, a favorire il fenomeno di sviluppo di popolazione resistenti ai pesticidi;

la complessità del sistema, che  richiede un adeguato controllo dei parametri climatici e agro/biologici della serra ed una razionale gestione del processo produttivo, sia a causa delle caratteristiche proprie della serra che delle strette ed intense interazioni che si creano tra i diversi fattori coinvolti.

Esigenza ed efficienza dell' Energia termica nel sistema serra

Circa il 20-30% delle serre italiane sono dotate di impianti di riscaldamento. E' stato calcolato che per la sola climatizzazione il consumo diretto di energia s'aggira sull'ordine di 140.000 TEP (Tonnellate Equivalenti di Petrolio), pari a circa il 90-95% dell'energia globalmente necessaria alla produzione.

Per i consumi energetici indiretti, relativi ai materiali di struttura e copertura, si stima che in ogni mq. di plastica e di vetro siano incorporati rispettivamente circa 10-12.000 Kcal e 70.000-80.000 Kcal.

In particolare l'impiego di materiale plastico é in continuo aumento sia per condizionare l'ambiente che per altri aspetti agronomici. Infatti, per quanto concerne il primo aspetto, nelle aree dove la temperatura media minima mensile dei mesi più freddi non scende sotto i 12 °C e si ha un'insolazione di almeno 6 ore/giorno nel trimestre novembre/gennaio, é possibile effettuare la coltivazione di specie mesotermiche senza ricorrere al riscaldamento.

Si stima comunque che per le colture protette in Italia ogni anno si consumano circa 80.000 tonnellate di plastica; pertanto notevoli sono i problemi legati al materiale di scarto di questo tipo, mentre il suo costo, riferito alla copertura di serre per l'orticoltura, è sempre più in aumento a causa del caro petrolio.

Normalmente gli obiettivi perseguiti per una razionale gestione energetica della serra sono quelli della massimizzazione dell'apporto di energia e della limitazione di perdita di energia.

Tuttavia l'interazione dei fattori che condizionano la progettazione e l'utilizzazione della serra (clima esterno locale, esposizione, pendenza del terreno, altimetria, ventosità, tipo di serra e materiale strutturale impiegato, specie vegetale coltivata, ecc.) influenzano enormemente il bilancio energetico.

Pertanto, l'attenzione della ricerca e della sperimentazione é stata rivolta sia verso una tipologia di serra a climatizzazione passiva o spontanea, la serra «bio-climatica», che ad una di tipo industriale che si avvale di sistemi «automatici» per l'ottimizzazione del clima interno.

Tratto da una relazione del:
Dr. Agr. Silvio Fritegotto

 
 
 
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