EROS & MISTERY

"Martina" I


L’appartamento in cui le fu detto di recarsi era molto diverso da come se lo immaginava. Antica casa nobiliare Napoletana, un quartiere non troppo lussuoso, ma che un tempo era dimora della nobiltà più altolocata del capoluogo Campano. Quadri alle pareti, tapparelle chiuse  e luci spente ovunque. L’unica fonte luminosa proveniva  da una serie di candele nere che donavano alla stanza un’atmosfera mistico – religiosa, ma lei era inquieta. Eppure per Martina le candele erano sempre state sinonimo di purezza, misticismo; lei che era una cattolica convinta, lei che trascorreva le domeniche in chiesa e i sabato a insegnare il vangelo ai ragazzini di strada che, se non era x quell’appuntamento settimanale, si ritrovavano puntualmente ad unirsi agli altri “scugnizzi” per poi assieme compiere le piu svariate scorribande a scapito delle vecchiette che, spaventate, percorrevano le stradine di quel popolare quartiere. Intanto lei si era messa comoda, e si muoveva adesso piu agevolmente essendosi abituata alla sola luce fioca delle candele; il suo sguardo andava su e giu, dapprima attratto da un quadro antichissimo raffigurante le anime del purgatorio, ma poi subito spaventato dai volti sofferenti e lugubri dei personaggi raffigurati su quella vecchissima tela. Era li………… in quel posto totalmente nuovo, forse sporco e disadorno di mobili o altre suppellettili, circondata da aria antica e da ricordi di notti agitate e contornate forse dalle piu impensabili e tumultuose perversioni degli abitanti che nel corso dei secoli calcarono il vecchio parquet. Si liberò del suo soprabito, mentre il crepuscolo era ormai pronto ad avvolgere gli ultimi raggi di sole che riflettevano sul liscio lastricato dell’antica strada sottostante, e che cominciava a coprire anche quei rari raggi luminosi che distrattamente sfuggivano alle serrate delle persiane. Era febbraio… il freddo cominciava a sentirsi, e la voce del vento si faceva spazio nella moltitudine di silenzi passando sotto le vecchie finestre in legno scrostato, urlando un lamento poco rassicurante. Vide una vecchissima stufa a gas e immediatamente si precipitò ad accenderla, facendo scricchiolare inesorabilmente le vecchie assi sotto le sue scarpe… era come se ad ogni passo avvertiva un lamento sempre diverso man mano che camminava. Mentre era li, da sola, assorta nei suoi piu lontani pensieri, sentì una chiave girare nella serratura, e lo scricchiolio sinistro della pesante porta in mogano all’ingresso, la riportò immediatamente alla realtà. I suoi sensi vacillarono immediatamente, e l’immediata visione della sola ombra del suo uomo in anticamera le bastò ad eccitarla. Corse piena di entusiasmo verso Luca e come lui desiderava, si prostrò ai suoi piedi e gli sfiorò la calzatura, rimanendo in ginocchio fino a che il suo signore le disse: buongiorno amore, puoi rialzarti. Impazziva quando il suo signore la chiamava amore…… in fondo lui amava Martina e il loro particolare rapporto era nato quasi come un gioco, come una sfida intrapresa due anni prima al primo appuntamento. -Ti ho preparato un caffè, ho pensato che avresti avuto voglia di qualcosa di caldo- disse mentre si risollevava. Luca era abituato alla gentilezza e alla totale sottomissione della sua compagna, e deliziosamente seguiva le labbra di lei che man mano che si rialzava lo ringraziavano e baciavano la sua mano come se si fosse trattato del piu prezioso dei gioielli. …Aspetta a ringraziarmi… disse Luca, sorridendo in un modo molto particolare che la lasciò piena di dubbi e di ragionevole paura. -Vado a prendermelo, tu intanto mettiti a quattro zampe come una cagna.- Martina prese posizione di fronte alla poltrona. Era scomoda quella posizione, era terribilmente umiliante per lei mostrare la sua intimità senza aver la possibilità di vedere gli occhi del suo signore mentre sorseggiava il caldo caffè e assieme scrutava tra le sue natiche totalmente nude e depilate. Brutta posizione quella… il miniabito in lana che indossava, la mancanza delle mutandine, il seno penzolante senza un freno…… totalmente alla sua mercé, lì come un cane solo ed esclusivamente per il piacere del suo Luca. Aspettò in questa posizione per un pò cercando di interpretare i rumori che provenivano dalla cucina, eppure non le parve di udire niente di diverso da una normale preparazione di una tazza di caffè. Luca la spiava dalla porta, si deliziava nel guardare quel meraviglioso culo fasciato nell’abito succinto. Adorava tenerla in quella posizione così umiliante. Le si avvicinò e le pose, incurante,  per terra una ciotola contenente il caffè bollente, misto ad acqua. Martina non seppe come reagire di fronte a una cosa del genere…. Non era abituata a ciò. Bevi, da brava cagnetta.- le intimò, lasciando colare delicatamente un po della sua saliva all’interno. Martina immerse la lingua nella calda bevanda e cominciò a bere, lappando proprio come il piu devoto e fedele dei cani. Si sentiva umiliata,annientata, meno di zero, eppure lui sembrava orgoglioso della sua prestazione, e decise di  premiarla infilando dapprima lentamente, poi man mano piu violentemente uno, due, tre dita nel suo sesso, senza esitare e senza preoccuparsi del dolore misto a  piacere che in quel momento stava regalando alla sua slave. Le dita di Luca erano ormai intrise di umore e di piacere di Martina…lui adorava sentirla eccitata… Mentre beveva lui sfilò le dita e le portò dinanzi alla bocca della schiava e lei, come se già sapesse cosa fare, tirò fuori la lingua e le ripulì dai suoi umori, considerandoli, nonostante le davano un senso di nausea, come il nettare piu prezioso che il suo signore le avesse mai offerto. Penetrami, sfondami, ti prego…….. ecco cosa chiedeva Martina al suo signore; Lui era seduto dinanzi a lei sulla poltrona, e con sguardo severo le rispose: Non osare mai più chiedere o desiderare, tu avrai solo quello che io decido, come, quando e perché. Si alzò di scatto, calciò via la ciotola e le impose il volto sul freddo e sporco parquet. Tutto il liquido contenuto nella ciotola si riversò sulle assi di legno e a Martina bastò guardarlo negli occhi x capire che doveva continuare a berlo da quella lurida superficie senza neanche tralasciarne una goccia. Presa da conati di vomito ma terribilmente eccitata ed impaurita allo stesso modo, cominciò l’ingrato e sgradevole compito, mentre con la coda dell’occhio seguiva la sagoma di Luca che si alzava e si portava dietro di lei, cosciente che da li a poco sarebbe stata severamente punita x la sua impertinente richiesta. Detto fatto; Luca si diresse verso una vecchia cassa impolverata, la aprì e ne estrasse tranquillamente un grosso borsone che subito gettò dinanzi al volto della slave. Si riaccomodò osservando fugacemente se Martina stesse guardando, ma constatò con piacere che era intenta ad eseguire il suo ultimo ordine. Aprì con calma quella pesante sacca, ne estrasse vari oggetti e immediatamente prese a sterilizzarli. Guardami!!!! Comandò imperioso Luca. Le mostrò un doppio dildo metallico di medie dimensioni, un set di claps con catena e peso al centro e un durissimo frustino da equitazione con inserti in metallo. Martina cominciò a tremare mentre il volto di Luca si fece più sorridente. Dopo accurata sterilizzazione e pulizia dei suoi strumenti, volse lo sguardo ai suoi piedi, li dove giaceva la sua schiava in attesa di punizione. Dopo un secco ordine di denudarsi, rimase pochi attimi ad ammirare la bellezza inumana e la sinuosità delle curve di quel meraviglioso corpo, dapprima bloccandosi quasi con timore di sfigurare tanta bellezza, ma immediatamente si riprese, e una strana eccitazione assalì i suoi sensi. Spinse con la scarpa il capo della schiava verso il pavimento, facendo bene attenzione a non arrecarle eccessivo dolore, e assicuratosi che Martina continuava a leccare il liquido sparso, si portò dietro di lei. Adesso cominceremo dal tuo bel culo , le disse con voce pacata, quasi come se volesse rassicurarla. In fondo Luca amava la sua Martina, sin dai tempi in cui la vedeva passare distrattamente e col capo chino dinanzi al suo negozio in una delle strade piu belle di Napoli. Mentre rifletteva avvicinò il doppio fallo alle aperture della ragazza, e dopo aver lasciato scivolare un po di saliva iniziò a penetrarla senza preoccuparsi di arrecarle o meno dolore. Che strani quei falli… così rigidi, così anatomicamente perfetti, così paurosamente simili ad un fallo in carne ed ossa…. Queste erano le sue considerazioni, mentre assorto nei pensieri e distratto dai gemiti di Martina infilava entrambi i dildo negli orifizi della sua amata. Bene, erano ormai tutti e due infilati fino alla base, e subito dopo li assicurò ad una cinghia che cingeva il corpo della donna sul ventre, in modo tale che non sarebbero stati espulsi x un qualsiasi motivo. Fa male tesoro? le chiese Luca….No mio signore, grazie x le sue attenzioni. Cazzo quanto amava Luca quelle risposte che lo portavano a rasentare l’onnipotenza verso la sua donna. Vedeva distratto gli umori che iniziavano a uscire dal suo sesso, il piacere imperlare quella rosea pelle che lui a lungo e con delicatezza aveva leccato e dalla quale si era nutrito; ad un tratto Luca le pizzicò il clitoride facendola quasi gemere, e stimolava assieme il suo buchino dietro accarezzandolo con l’eccitazione che gli sporcava le mani. Spingeva leggermente il fallo finto, quasi come a voler superare l’ultimo impenetrabile ostacolo che fermava l’assurda corsa del dildo, e che era in realtà la parte piu stretta del suo ano, avvertendo adesso i gemiti di dolore della povera Martina che, con assoluto orgoglio, cercava di trattenere dentro di se, sapendo che il suo padrone odiava le urla e che se avesse urlato le sarebbe stata immediatamente tappata la bocca. Martina non era mai stata sodomizzata da nessuno e nessuno le aveva comunque mai messo le dita dietro. Era toccato al suo Luca l’onore di tutto ciò. Bruciava molo adesso,  ma quel  dolore la faceva eccitare sempre di più, tant’è che si accarezzò lei stessa per verificare lo stato in cui si trovava. Era incredibilmente bagnata. Luca non le disse niente per quella sua mancanza di rispetto, solo le prese la mano e gliela sfilò violentemente dalla fica. Martina cercò di opporre resistenza a quel gesto, ma non ci riusciva perché lui era indubbiamente più forte. -Quanto desideri accarezzarti?-  -Muoio dalla voglia- ammise Martina con la voce che stentava ad uscirle dalla bocca. Luca sogghignò soddisfatto. -Continua a leccare il pavimento.- Martina obbedì e nella stanza si sentì solo il rumore della sua lingua che raschiava le vecchie e luride assi di legno. Luca la guadava affascinato, aveva un corpo morbido e sinuoso, il seno rotondo, e i fianchi larghi, proprio come piacevano a lui. Nella penombra della stanza le candele disegnavano ombre sulla sua pelle chiara che risplendeva ad ogni movimento delle fiammelle, quasi come una danza sacrificale a un Dio di antichissimi tempi. Provò in quel momento un irrefrenabile desiderio di scoparla, ma si trattenne. Non poteva darle questa soddisfazione. Non ancora. Le divaricò le natiche con le mani e senza preavviso le fissò i rigidissimi morsetti alle grandi labbra della sua fica, facendola urlare x l’improvviso e lancinante dolore. Luca lasciò la presa e lasciò che la catena collegata ai morsetti finisse sul pavimento, portandosi davanti alla sua slave; Due lacrime le scendevano dagli occhi pieni di lussuria e di sofferenza, ma anche di eccitazione. Lui la guardò, le sorrise dolcemente, le carezzò il capo con amore e immediatamente riscomparve dietro di lei. Riprese gli altri due morsetti dalle mani e glieli applicò ai capezzoli ormai turgidissimi, ricevendone in cambio un altro urlo strozzato. Giocherellò un pochino con la sottile catenella che univa i 4 morsetti e subito applicò un peso al centro della stessa catena, in modo tale che il peso portasse in costante trazione i 4 punti imprigionati nei morsetti; Se ti muoverai o se ti agiterai loro provvederanno a punirti arrecandoti sempre maggiore dolore… furono le uniche parole che le disse, sempre sorridendo. Quella sera si stava facendo dura… mai Luca era stato così crudele con la sua compagna, e mai aveva ignorato i suoi lamenti e le sue sofferenze. Ma non importava…. Lui doveva sapere e constatare fino a che punto, la sua slave, avrebbe sopportato le applicazioni che egli le riservava. Dura e buia era ancora la strada verso la assoluta sottomissione, quella che Luca tanto avrebbe preteso dalla sua slave. La sua vita la vedeva accanto a quella donna meravigliosa, il suo futuro , i suoi figli, la sua casa…. Tutto assieme a lei, sposa, madre, moglie, ma anche devotissima serva x tutta la vita. Martina intanto aveva nettato totalmente il pavimento che quasi brillava imperlato della sua saliva e delle sue lacrime; Luca prese una sottile cannula collegata a un recipiente x clisteri che immediatamente riempì con olio, acqua calda, vaselina liquida e delle gocce di glicerina concentrata. Infilò la cannula alla base del dildo anale che aveva un piccolo foro che spuntava verso la testa dello stesso, in modo tale da far arrivare il sottile tubicino direttamente nell’intestino della malcapitata. Aprì il rubinetto del contenitore, e lentamente il liquido cominciò ad invadere le viscere della donna. Martina si sentiva svenire; troppo era il fastidio, troppo il dolore, troppo il senso di dilatazione del suo ventre. Ormai le lacrime scendevano copiose sul suo volto e ne rigavano il candido viso; altre volte aveva ricevuto clisteri e tante volte era stata lei stessa a farseli, sempre per ordine del suo signore, ma mai era stato doloroso come questa volta. Il contenitore era quasi vuoto, e tutto il liquido era ormai nell’intestino della ragazza che non aveva né piu voce, né piu forza di muoversi, essendo terrorizzata dal dolore che la assaliva ogni volta che aveva un sussulto, provocato dai morsetti e dal peso. Luca vide la sacca del liquido completamente vuota, sfilò la cannula e subito tappò il buchino alla base del fallo artificiale. Bene amore mio, questa volta la terrai per 45 minuti a partire da adesso! Era una pazzia…… e Martina lo sapeva benissimo; non avrebbe mai potuto sopportare quei terribili dolori x così tanto tempo, e non in quella posizione almeno. Luca lesse il terrore sul bel volto della ragazza, ma con non curanza avvicinò la poltrona dinanzi al suo viso e si sedette, con lei prostrata ai suoi piedi. Martina lo guardava implorante….. non ne poteva piu dal dolore, ed erano passati solo 3 minuti. Luca si sedette, prese una rivista e incurante si mise svogliatamente a sfogliarla, allungando le gambe sulla schiena di Martina, che oltre al dolore che aveva dentro e fuori, adesso era anche un comodo sgabello x le gambe del suo padrone. Il grande amore, l’eccitazione, la rassegnazione fecero sì che la donna arrivasse, anche se in uno stato di semincoscienza, al termine del tempo prestabilito. Luca si alzò, e le ordinò di andare in bagno a liberarsi: Come posso camminare, mio signore, con i morsetti e i falli infilati? Sono affari tuoi tesoro, ma bada bene che tutto cio che sporcherai mentre come una cagna arrivi alla toilette, lo ripulirai con la lingua, come hai fatto con il caffè.