Vengo ad abitarti al fresco della mia stanza vuota.
Quella dalle pareti bianche e spoglie e dell’armadio coi piedi di cipolla.
Quella che ha posto solo per te e nella penombra per i tutti i colori che abbiam dato ai nostri baci.
Quella che da quando sei andato via v’ ho spostato il letto vicinissimo al balcone, per guardare in strada e aver sempre l’impressione di vederti passare, fermarti e restare ad aspettare il mio ritorno o il mio affacciarmi sporgendomi appena mentre ti guarderei negli occhi.
Sul comodino alto i miei libri e i tuoi. Sull’altro i miei fiori di lavanda e le tue ultime parole.
Supina posso ancora vederti, sulla tela del soffitto e dal profondo del cuore, il mio proiettarti ancora. In ogni tuo sguardo e passo, per poi fermarmi. In ogni tua mano che leggera scandisce il ritmo alle parole. In fondo ai miei piedi nudi, ripiegato, il copriletto ecrù, quello con le frange, quello che con te in me, diventava come un ricamo aereo sempre diverso, sospendendosi e ondulandosi come tu ed io avremmo scelto e voluto ogni volta e che guardandolo poi, sorridevo, dicendoti che pareva si trasformasse sempre in una tenda segreta, come galleggiante tra il letto ed il pavimento, quella in cui ci mostravamo nudi di tutto e anelanti, come fossimo stati bambini impegnati nel gioco delle confessioni preziosissime e che nel farlo rischiaravano tutt’intorno il buio ed i nostri visi con la sola luce di una piccola torcia. Come me con te che baciandoti ogni volta ho sentito raggi di trasparenze diafane trapassarmi e arrivare fino a te, da una parte mia recondita e migrante che solo tu riuscivi ad alimentare e non spegnere mai.
Sai amore mio, ogni donna ha una stanza vuota e bianca come questa mia, con un vaso di lavanda a profumare l’attesa, e un cassetto o un angolo vuoto nell’armadio, per far spazio a una mancanza che su una stampella penzoloni resterà lì paziente, per sempre, nell’eco di ciò che resta amato con ogni fibra ch’è soltanto nostra e ci resta tacita, proprio accanto ad un vestito indossato solo per l’ uomo cui resteremo fedeli e devote, persino tradendo noi stesse ogni giorno, amando incondizionatamente e lungamente così.
...Ancora ti lascio riempire i miei respiri
e imbrattarmi tutti i fogli con la tua grafia brutta e disordinata.
Buona e assolata giornata a te, Alex…
ma il mio terrazzo, e lo sguardo acquoso del mio vecchio cane al posto della lavanda.
E per tetto un cielo stellato, più nitido nelle fredde notti d’inverno
che il salire della calura estiva, spesso, ne avvolge contorni e confini
come quasi a bloccare la fluidità e il movimento inespresso di quei
miei incontri notturni.
Ad ogni stella lego sogni e desideri, e nel loro flebile e distante scintillio,
ho la presunzione di leggere un ammiccamento a momenti migliori, e la voglia di esaudirmeli quei miei pensieri , anche se spesso son più lontani delle stelle stesse.
Stelle che provo ad unire idealmente, come in un gioco enigmistico,
per disegnare i contorni di quel suo volto.
Che nonostante le diverse posizioni delle stelle nel tempo,
ed il tempo trascorso, ed a tratti scivolato tra noi, rimane sempre lo stesso.
un sguardo con sorriso per Te, Venere.
Tuff.
Ho di questa fortuna anch’io quando sono a casa, assai più lontana dalle luci della città e dalla solita cappa condensata che ingabbia persino il cielo.
Ed anch’io ho sempre disegnato alla tua stessa maniera i miei sogni… Enigmista appassionato e poi languido il mio cuore.
Ma sai Tuff… Le stanze bianche, quelle che noi donne ci lasciamo mezze vuote dentro, son quelle che van bene per far ordine e condensare i ricordi… Son quelle che rispolveriamo quando un nodo più stretto ci serra la gola… Quelle che non hanno bisogno di alcuna volta celeste, perché distese sul letto il tetto verrà divelto via da ogni nostra sistolia… E l’occhio si fermerà a cercare il brillìo di un dettaglio, acquoso… Un puntino nella trama delle tende gonfiarsi di scirocco… Un libro da riaprire ancora benché abbiam strappato via una dedica per incipit… Il pensiero di una sua camicia color del cielo fresca di tintoria…
Nella ricerca dei dettagli mancanti, quelli che avremmo voluto avere e che d’assenza ci fan tumide le labbra…
Una carezza al tuo vecchio cane ed un forte abbraccio a te…
Buona giornata…
Avevo inteso il tuo dire, e intendo la tua risposta
Volevo solo dare una diversa chiave di lettura di certi momenti..
E non ne farei un fatto puramente femminile.
Immagino che anche per noi uomini, almeno per me questo avviene, arriva quel momento del ricordo che galleggia tra cuore e pancia, quando il ricordo stesso è quasi lenitivo, oltre che sofferenza per la mancanza.
La stanza è contenitore di tale momenti ed emozioni….
E le pareti della dimensione che ognuno, in quegli attimi vuole attribuirgli….
La mia non ne ha … per evitare che tutto mi imploda dentro ….
Lieve il mio abbraccio…
Antonio.
caro amico mio di momenti ondivaghi, mi sfiori i pensieri, ci riesci leggero e sei presto sorriso…!
Il femminile ed il maschile diventan neutro, nella declinazione più pura del sentir di pancia e sotto pelle, essì...
Fino ad esser nudi, nudi e riarsi, senza pelle e pareti a ripararci dentro dal didentro, grattando via l’ inutile, scorticandoci più giù, fino al fiato, fino al solo fiato…
Ma poi, mi chiedo, chi non ha catene e corde e legacci invisibili che spesso stringono e sfregano le carni anche solo per fregarci i bei pensieri…?!
Mi assolverò in fieri... Quest' è l' (as)soluzione...
Nella leggerissima inconsistenza delle emozioni più belle, la nostra profondità.