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Beato Alano De Rupe

Beatus Alanus de Rupe, B. Alain de la Roche, il Beato Alano della Rupe

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OMELIA XXX DOMENICA TO ANNO C, 27-10-2013

Post n°62 pubblicato il 28 Ottobre 2013 da beatoalano
 

Dal Vangelo secondo Luca (18,9-14):

In quel tempo, Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri:
«Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano.

Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”.
Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”.
Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».
Parola del Signore

 

OMELIA: Il Vangelo di questa domenica con il Vangelo di domenica scorsa forma come un quadretto di tre personaggi che spiegano l’insegnamento di Gesù sulla fine di tutte le cose: da una parte la donna della parabola di domenica scorsa, che va dal giudice a chiedere giustizia, e lo importuna a tal punto che quegli le fa giustizia solo per non sentirla più. Figura simile alla donna, è il pubblicano, che chiede a Dio benevolenza e perdono insieme, nella parola ιλαςθητι (ilastheti), che vuol dire sia “placati, ovvero dammi il perdono, ma anche sii benevolo, ovvero dammi la grazia”. Gesù alla fine della parabola usa la parola δεδικαιώμενος (dedicaiòmenos), che significa rendo giustizia, rendo giusto, nei riguardi del pubblicano che al tempio aveva formulato quella preghiera di intercessione. Al cuore dei due brani e dei due personaggi simili, vi è la figura del fariseo, che, dice il Vangelo, non presenta alcuna intercessione al Signore ma solo un ringraziamento, con la parola ευχαριστώ (eucharistò), la stessa che Gesù, tra pochi capitoli del medesimo Vangelo, istituirà nell’Ultima Cena, a prezzo della Sua Morte in Croce, per salvarci proprio da quelle tre piaghe di cui il fariseo si vanta: “latrocinio, ingiustizia, adulterio”: cose dalle quali prendeva le distanze dagli altri, tanto San Luca sottolinea la parola “disprezzare”, con una parola greca composta: εξουθενούντας, che vuol dire non (εξ) considerare (ούντας) nulla (ουθεν) gli altri. Ma come poteva il fariseo dire di non essere ladro, se l’uomo con il peccato originale ha rubato la Gloria a Dio, facendosi Dio di se stesso? Come poteva il fariseo dire di non essere ingiusto, se il peccato originale ci ha separati tutti dalla Giustizia e dalla Santità di Dio? Come poteva il fariseo dire di non essere adultero, quando nella Sacra Scrittura l’adulterio è lo staccarsi da Dio per amare le cose vane? E per ultimo egli dice di non essere come gli altri uomini e come il pubblicano, solo perché è un onesto e corretto cittadino, pagando le tasse e le decime al Tempio e digiunando. Eppure tutto ciò non basta se Cristo con la Sua Croce non ci agganciava alla Giustizia e alla Santità di Dio, e Maria con il Suo Matrimonio mistico non ci donava la figliolanza di Dio e Sua.

Chiediamo alla Madonna del Rosario, alla fine del Suo mese di ottobre, di donarci sempre la Sua Umiltà e bisogno profondo di Dio.

 

 

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