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HINA


Questa mattina, ho letto su «City» (uno di quei free-news che si trovano alle stazioni della metro delle nostre città), una notizia di cronaca, riferita al processo -avvenuto ieri- agli autori di un fattaccio accaduto l'anno scorso, che mi ha lasciata scossa, quasi quanto il fatto stesso. •IL FATTO L'undici agosto dell'anno scorso, Hina, una ragazza pakistana di 21 anni che viveva da tempo a Brescia con la sua famiglia, venne sgozzata dal padre e sepolta nel giardino di casa con l'aiuto di uno zio e due cugini, perchè "i panni sporchi si lavano in famiglia". Giuseppe Tempini, il fidanzato italiano della ragazza, quando si accorse che Hina era sparita avvisò le autorità, che scoprirono in breve tempo il corpo sepolto in giardino sotto soltanto un metro di terra, coperto in un lenzuolo bianco e con la testa rivolta verso LaMecca. La colpa di Hina, secondo il suo padre carnefice, era quella di essersi troppo "occidentalizzata", perchè lavorava di notte in un bar e vestiva con i jeans, ma soprattutto, perchè rifiutava il matrimonio che lui stesso le aveva combinato con un uomo pakistano. Troppo. Troppe ingiurie da sopportare per un uomo oppresso dalla sua ignoranza e dal suo fanatismo. Perchè il primo che mi dice che è colpa dell'Islam lo sbatto fuori a calci nel sedere. Basta con 'sta storia dell'uomo nero! L'uomo nero è ovunque ci sia ignoranza e ottusità, non ovunque si volga lo sguardo a Maometto. •IL PROCESSO Ieri, a Brescia, si è svolta la prima udienza del processo al padre macellaio e a tutti e tre i suoi complici. E qui veniamo a quello che questa mattina mi ha turbata. I quattro imputati hanno scelto il rito abbreviato, quello che concede agli imputati uno sconto di pena perchè non si tengono fermi dei professionisti per troppo tempo sullo stesso caso, e non mi stupirei se centrasse anche il conseguente risparmio della cancelleria. •LA MANIFESTAZIONE Intanto, fuori dal tribunale, molte donne appartenenti all'associazione ACMID (Associazione Donne Musulmane d'Italia) manifestavano in silenzio in memoria di Hina. Gli striscioni recitavano la frase «IO SONO HINA» che a me è parsa molto bella e toccante. Queste donne da anni si battono con orgoglio e coraggio per i diritti umani delle donne musulmane, che ancora oggi, specie nei paesi di origine (ma Hina ci insegna che non solo) vengono maltrattate, abusate e messe all'angolo. Il giudice per le udienze preliminari, o forse dovrei dire la giudichessa del preliminare, perchè trattasi di tal Silvia Milesi ha vietato l'ingresso in aula alle suddette signore della ACMID, giudicando forse poco opportuna la loro presenza al processo. Ecco cosa mi ha turbata. C'è qualcosa di più aberrante?