EARTH & SOCIAL

CHIARA POGGI


È questo il nome della vittima del giallo dell’estate, l’ennesimo, arrivato puntuale come ogni anno. Non è mai bello leggere notizie di questo tipo, soprattutto quando mano a mano si aggiungono i particolari e come non piace a me, immagino non piaccia a nessuno. Almeno, lo spero. Queste sono storie terribili per il semplice fatto di essere reali. Perché il morto ci scappa davvero e purtroppo non va a struccarsi come alla fine di una rappresentazione teatrale di un giallo di Agatha Christie. Se si leggono i giornali o si ascoltano le notizie in radio o alla televisione, è innegabile che prima o poi ci si faccia delle opinioni. La mattina del tredici agosto ero a casa, in beata vacanza inoltrata e probabilmente leggevo, scrivevo o facevo giardinaggio; non ricordo bene con quale dei miei passatempi preferiti ho occupato quella mattina, ma ricordo invece perfettamente il pensiero che m’è passato per la mente guardando l’edizione delle dodici di non so quale tiggì, per l’esattezza osservando alcune immagini del servizio che raccontava di come quella stessa mattina fosse stata uccisa una ragazza nel pavese. È chiaro che da subito quella notizia mi ha colpita. Io stessa vivo da quelle parti e ho amiche per le quali mi sono preoccupata fino a che non è stato rivelato il nome della vittima. Nel servizio si diceva che la giovane era stata assassinata verso metà mattina, quindi non molto prima di quello stesso telegiornale. Davanti all’ennesima “villetta dell’orrore” c’erano già i giornalisti con le telecamere e i microfoni, pronti a chiedere informazioni a chiunque: chi era Chiara, che vita conduceva, quando era stata vista l’ultima volta e cos’aveva mangiato la sera prima… Però non è stato questo a colpirmi. La mia attenzione è stata subito catturata dall’immagine del cancello della villa, perché oltre al solito mazzo di fiori appoggiato al muretto lì accanto, era ben visibile una fotografia. Non c’è bisogno che la descriva accuratamente perché la conosciamo tutti, perché come ha colpito me ha colpito molti. Non è più calcolabile la quantità di fotomontaggi che ritraggono quelle che son state soprannominate “le gemelle K” (perché di cognome fanno Cappa e perché questo dà loro un connotato quasi fummettoso, al solito modo del giornalismo italiano) abbracciate agli assassini di Erba, a Pacciani oppure più internazionalmente a Bin Laden, al mostro di Milwaukee , a Freddy Kruger o al diavolo stesso. Evidentemente dev’essere parsa strana a molti la visione di quelle due belle ragazze bionde in primo piano che sorridono a pieni denti di fianco alla cugina morta di fresco e già messa in ombra in un angolo dell'inquadratura. Presupponendo sempre per tutti l’innocenza fino alla cosiddetta “prova contraria”, concedetemi un ragionamento… Se questo fosse un giallo della suddetta Agatha, le gemelle sarebbero le prime due sulle quali il lettore punterebbe l’attenzione. Un paio di giorni dopo l’omicidio infatti, è stato appurato che lo scatto incriminato è un mero fotomontaggio… insomma, che non è neanche il ricordo di un bel momento passato assieme. I HAVE SOME QUESTIONS… Perché mai decidere di apporre al cancello (e quindi dare in pasto ai giornalisti) un fotomontaggio dove si è con la vittima? E perché mai scegliere una foto a trentadue denti (hups, sessantaquattro!), col sorriso falso, tirato, esageratamente felice e brillante??! Insomma, va bene che non ho cugine così vicine (di casa), ma immagino che l’ultima cosa che mi verrebbe in mente di fare sarebbe di correre trafelata al negozio all’angolo per farmi fare un bel fotomontaggio con la mia faccia da ebete in primo piano… (ho letto da qualche parte l’intervista alla negoziante), no? Magari lo potrei fare dopo un po’, ma da tenere per me, non certo per darla a Bruno Vespa... Questa “cosa”, questo comportamento malsano si chiama semplicemente farsi pubblicità, né più né meno (come al solito a “mio” avviso). Ed ecco che un paio di settimane dopo il delitto salta fuori da un’indagine di “TV Sorrisi e Canzoni” che le gemelle hanno più volte partecipato a numerosi casting mediaset (m), tra cui quello per partecipare a veline, (3 volte) rincorrendo il sogno di ancheggiare un giorno sul bancone di Striscia la Notizia. Nulla di male, ognuno ha i suoi gusti e ognuno è libero di fare quello che vuole… ma cavalcare il brutale assassinio di una parente per mostrarsi alle telecamere è sinceramente mostruoso, almeno pensando che sia “pensato”. Potrebbero anche essere semplicemente due “oche” che hanno agito d’impulso (parlo sempre della fotografia) e abituate a mettersi al centro dell’attenzione non hanno pensato alle conseguenze. Se questo fosse un romanzo di Agatha Christie, adesso per il lettore ci sarebbe il bivio. Scegliere da che parte stare. Le gemelle Cappa sono due semplici “stupidine” che hanno distolto l’attenzione dal vero assassino, oppure sono due sorelle diaboliche capaci di passare sopra ad una morte tanto atroce, pur di avere il solito quarto d’ora di celebrità? Se questo fosse un romanzo di Agatha Christie potrebbe addirittura venire fuori di peggio. Sempre sperando che anche questa volta la realtà non superi la fantasia.