EARTH & SOCIAL

BREVE STORIA DELLA PATTUMIERA


La spazzatura, tema gettonatissimo negli ultimi mesi a causa della situazione non più sostenibile di Napoli e della Campania, non è certo un problema dei giorni nostri. Esiste da quando esiste l’uomo e segue fedelmente l’andamento delle nostre società. Se il periodo è ricco e florido, la pattumiera è tanta. Se il periodo è povero e la gente muore di fame, di pattumiera se ne produce meno. Ma una cosa è certa: i nostri scarti, sono sempre stati un problema. Addirittura, negli anni ’70 ne è nata una scienza, la “Garbologia” (dall’inglese “garbadge, spazzatura), inventata da un certo Alan Weberman, che aveva passato mesi a frugare nella spazzatura di Bob Dylan con l’intento di raccogliere quante più informazioni su di lui, dato che aveva deciso di scrivere una biografia. Fu però William Rathje, sempre negli anni ’70, a sviluppare un progetto di ricerca basato sulla spazzatura. Pochi ci pensano, ma da quello che buttiamo emerge uno spaccato della nostra società. Dal nostro cestino si può sapere che marca di birra preferiamo e quanta ne beviamo in una settimana, in quale supermercato ci riforniamo, con quali letture preferiamo intrattenerci… eccetera eccetera. Come diavolo pensate che le facciano le indagini di mercato?... Telefonandoci a casa uno per uno? • IN PASSATO? Della spazzatura si interessa anche la mia amata archeologia. Dagli antichi resti, si può scoprire infatti di cosa si nutrivano gli antichi egizi, come si vestivano, come passavano il tempo e che lavoro facevano. Essendo fortunati, dagli scarti emergono un sacco di notizie importanti. Perché anche in passato la gente consumava e poi buttava. La differenza tra noi e i nostri antenati è che noi buttiamo a sproposito, loro buttavano con moderazione e solo se era davvero una cosa necessaria, se l’oggetto in questione era irrimediabilmente rotto. Senza andare troppo indietro negli anni, mi basta pensare a mia nonna che quando era giovane si faceva i vestiti con le tende vecchie, che quando diventavano a loro volta lisi, si trasformavano in sottane, in lenzuola e poi in stracci. Prima di essere buttata, una tenda viveva almeno 150 anni. Oggi basta un buchino fatto da una sigaretta, o un filo tirato. Nella Roma Antica, se si rompeva un oggetto di vetro, veniva subito riciclato. I cocci si ri-fondevano assieme all’urina (si, alla pipì…) e la grana che ne derivava serviva per sgrassare la lana grezza. Dal medioevo fino a metà ottocento (ma forse anche più in là), si lavavano i panni con la cenere dei camini e con gli stracci si produceva la carta. Pentole e vecchi utensili venivano rivenduti al rottamaio, che sapeva sempre cosa farci. La plastica e tutti i moderni materiali per fortuna non esistevano, quindi nella pattumiera finivano più che altro avanzi di cibo, biodegradabili al 100%. Anche se maledettamente puzzolenti. E qui vengono i problemi degli antichi. Si, perché la spazzatura la si buttava in strada, era uso comune (lo so, vi pare che non stia raccontando nulla di così “datato”). I primi insediamenti umani, le prime società nomadi (e sto parlando di almeno 12 mila anni fa), usavano tenere la spazzatura dietro le abitazioni e quando ce n’era troppa, la comunità si spostava. Erano in pochi e potevano farlo. Adesso sarebbe come a chiedere ai napoletani: “fate i bagagli e spostatevi tutti, che li la spazzatura è troppa”… L’antica Grecia, amante del bello e della perfezione, non poteva certo convivere con la “munnezza”… ecco perché quella fu la prima società a stabilire per legge la raccolta, il trasporto e lo scarico (ad almeno 2 km dalle mura di Atene) della pattumiera e l’ingrato compito era destinato agli schiavi o ai rei. Sempre restando nell’antichità, a Roma, soltanto più ricchi potevano scaricare le acque purtide nella famosa “Cloaca Maxima”; tutti gli altri gettavano dalla finestra avanzi di cibo e contenuto dei vasi da notte. La situazione si fece tanto insostenibile che nel 47 a.C. Giulio Cesare in persona promulgò un editto in cui vietava che l’immondizia fosse lasciata per la strada. Neanche a dirlo, fu tutto inutile. L’urbana munditia (la accolta della pattumiera) era cosa privata e ognuno doveva provvedere allo smaltimento di quella che produceva. Questo vuol dire che i poveri, raccoglievano tutto a braccia e andavano a scaricare nei campi fuori dall’Urbe. Curiosità: il colle “Testaccio” non è altro che un’antica discarica. Nel 1200, in Italia furono arruolati persino i maiali. Divoravano tutto e per qualche tempo, l’uomo pensò di aver risolto i propri problemi di scarti. Fino a quando i maiali non sentirono la necessità… di svuotarsi, riempiendo nuovamente le strade, questa volta di escrementi. Meglio la pattumiera! «Ignorandosi come si possano pulire le strade, si confida sugli acquazzoni per liberare Roma dai cumuli d’immondizia sparsi ovunque, persino sotto il colonnato di San Pietro. » Scriveva nel ‘700 un prete francese di stanza a Roma, mentre a Verona i cittadini riempivano la famosa Arena di schifezze. • L’ERA INDUSTRIALIZZATA Lo sviluppo di fine Ottocento rese il tutto ancora più difficile. Già a quel tempo, gli abitanti di Parigi potevano produrre 190 kg di rifiuti all’anno a testa (oggi siamo sui 560 kg). A Napoli c’erano i “monnezzari”, che lavoravano per 20-30 famiglie ciascuno ma era Milano a farla da padrona: 30 carri trainati da cavallo, 30 “navazze” per la raccolta del letame (che veniva chiamato gentilmente “fango”), 6 carri coperti per il recupero di animali morti, 30 carretti a due ruote per la pulizia diurna delle strade, 80 carri innaffiatori per gli spazi grandi e 12 per quelli più piccoli, vicoli e viuzze. Otto squadre composte da oltre un centinaio di spazzini. Milano ci teneva alla pulizia, una volta. • IL DISTRUTTORE Che ci crediate oppure no, gli inglesi di fine ‘800 avevano già in funzione il loro bravo “inceneritore”. Si chiamava «Il Distruttore» ed era una enorme fornace eretta nella zona di Paddington a Londra. Già allora era tremendamente odiato e temuto dai cittadini. Nulla di nuovo, dunque? FONTE