EARTH & SOCIAL

TIBET, RAISE YOUR FLAG/2


… Che sollievo! Che piacere!! Che bello!!! Devo ammettere che passare un paio di settimane in silenzio, immersa nella primavera che sbocciava è stato rigenerante. Personalmente, due settimane così non le scambierei con nessunissimo viaggio, con nessuna spiaggia esotica o particolar tramonto. Forse mi accontento di poco o forse riesco a vedere il bello che c’è in ogni situazione, in ogni cosa. A voi la scelta… Certo, anche se mi piace crederlo, non sembra che tutto ciò che di brutto accade al mondo abbia anche un risvolto positivo. E viceversa. Per quanto mi sforzi di applicare la teoria dello Yin-Yang in ogni contesto, ci sono volte che fatico a trovare il giusto opposto, in quello che vedo. Quelli che qua dentro non ci capitano per caso, sanno che ho particolarmente a cuore la questione Tibetana e Buddhista in generale. Molti, ho letto nei messaggi in privato, si sono chiesti come mai io non avessi nulla da dire circa la situazione che si è andata scatenando tra Cina e Tibet. Non potevo dire la mia, non è che non volevo. Sono di parte, lo dico subito. Pur essendo una persona molto aperta (ad esempio, grazie agli “spunti” di Terzani ho cercato di capire meglio addirittura i fondamentalisti islamici e ho capito che anche nelle situazioni più allucinanti c’è sempre un “perché”, una motivazione più o meno razionale, che comunque non giustifica la brutalità di alcuni gesti), nella “guerra” che si è scatenata in Tibet, non sono ancora riuscita a trovare una motivazione che mi possa far capire. Così come per la Birmania (o Myanmar) non riesco a comprendere le “ragioni” della giunta, per il Tibet non comprendo la Cina. Premesso il fatto che non riesco a vedere il Dalai Lama come un feroce terrorista, estremista e fondamentalista, non credo che la Cina abbia altro interesse al di fuori del “potere”, della supremazia, dell’arroganza di voler assoggettare la cultura millenaria di un popolo pacifico e saggio ai suoi usi e consumi, che poi sono sempre più simili ai nostri, a quelli di noi “occidentali”, perché anche la Cina adesso è a tutti gli effetti una super-potenza. Quando ho sentito dire al Dalai Lama che si sarebbe dimesso mi si è gelato il sangue. Un “Uomo di Pace” non si può “dimettere”… sarebbe una sconfitta morale, sociale, umana e mondiale, a mio parere. La Cina (anche se guai a dirlo!), si comporta né più né meno come la giunta del Myanmar. Nessuna apertura, nessun dialogo, censura, giornalisti cacciati… La Cina si permette di “dire No!” alla visita del Dalai Lama negli altri Paesi, perché teme che lui possa raccontare quello che il Tibet subisce, fin dagli anni ’50. E il Dalai Lama lo fa, per questo è un “terrorista”, perché denuncia le violenze, le vessazioni e tutto quello che in silenzio, un intero popolo pacifico subisce da mezzo secolo. Cosa cambia dal Myanmar? Cambia che l’8-8-’08 (altra data simbolica come il 7-7-’07 del Live Earth), la Cina darà il via alle Olimpiadi Mondiali, che sembrano essere l’evento più atteso, soprattutto dagli investitori, dagli sponsor e dai media. E questo purtroppo cambia molto. I Paesi “potenti” sembrano caramelle mou, davanti alla Cina. Perché la Cina fa guadagnare, perché in questo momento rappresenta un enorme investimento di soldi. Cos’altro?... E allora, i Capi di Stato, attorniati dalle bandierine dei Paesi che guidano, seduti alle scrivanie lucide dei loro grossi uffici, al massimo chiedono al loro portavoce di fare una telefonatina cortese al portavoce di Hu Jintao, il presidente cinese, per chiedere magari di pensare, così… a tempo perso a un possibile dialogo fra la Cina e il Dalai Lama, che oltre ad essere il Capo Spirituale dei Tibetani, è anche il Capo dello Stato del Tibet, seppur in esilio in India. «NO!» tuona ogni volta la Cina quasi senza nemmeno dare al portavoce il tempo di finire la frase. Punto. O così, o così. È questo che detesto del modo di fare politica della Cina. Non esiste nessun dialogo, non esistono i diritti degli altri, esiste solo la Cina. In questo ricorda molto “qualcun altro”, non c’è che dire. Mi verrebbe quasi da dire: «Chi è causa del suo mal…» Comunque… L’unico capo di Stato che ultimamente pare aver dimostrato un po’ di zelo è quello francese, ma sospetto che l’abbia fatto per uscire un momento dalle cronache rosa dei giornaletti chiacchieroni d’oltralpe. Ha detto qualcosa tipo: «Per le Olimpiadi, tutte le possibilità restano aperte», praticamente un velato “la Francia potrebbe anche non partecipare”. Ma nulla, Hu pare aver risposto al solio modo. “potrebbe essere disponibile a proseguire i contatti e le consultazioni con il Dalai Lama, a patto che cessi davvero di invocare «l'indipendenza del Tibet» e le attivitá finalizzate a dividere la madrepatria, in modo particolare attività finalizzate a gonfiare e organizzare azioni violente in Tibet così come in altre regioni e a sabotare i giochi olimpici, e accetti che il Tibet è parte inalienabile della Cina». A parte che sembra non ascoltino, perché il Dalai Lama è stato il primo a tuonare, seppur a suo modo, contro il sabotaggio dei giochi olimpici... ma allora di che cosa si vuole dialogare?... Delle mezze stagioni?... E ancora, riguardo ai feriti di Lhasa e alle violenze, Hu sostiene di essere nel giusto con frasi del genere: «Nessun governo responsabile si sarebbe limitato a rimanere seduto a guardare questo genere di reati violenti, che violano in modo grave i diritti umani, danneggiano gravemente l'ordine sociale e la sicurezza di vite umane e beni materiali». Ma poi censura tutte le immagini che se dicesse il vero, sicuramente lo confermerebbero. Non mi sembra molto intelligente, come comportamento. Ma tanto qui non serve avere l’intelligenza. Basta tenere gli investitori per le palle, e questo la Cina lo sta facendo benissimo.